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Caro Pd, non cullarti troppo con il Berlusconi decaduto. Parla Pasquino

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’intervista di Giorgio Ponziano a Gianfranco Pasquino apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

La decadenza di Silvio Berlusconi sta sparigliando le carte della politica. È azzardato tentare qualche previsione su quanto accadrà, una volta archiviate le polemiche di questi giorni? Ci proviamo con Gianfranco Pasquino, tra i politologi più arguti, ha insegnato scienza della politica all’università di Bologna, ora è professore di European studies alla Johns Hopkins University. Ha diretto Il Mulino e la Rivista italiana di scienza politica.

Domanda. Professore, cosa succederà con la decadenza del Cavaliere?

Risposta. Molto rumore, anzi, clamore; enorme confusione; disperati tentativi berlusconiani di rendere la vita difficile a tutti: al governo, a Alfano, al PD e al suo nuovo segretario, al Presidente della Repubblica, a se stesso e, last but not least, a Dudù! Però gli anni passano e dietro tanto clamore c’è meno appeal.

D. Lo strappo, Alfano & Co sono vincenti o perdenti?

R. Al momento sono nel limbo. Dovranno dimostrare grande tenacia e moltissima voglia di lavorare se desiderano riuscire a «impiantarsi» sul territorio. Hanno bisogno di tempo e di qualche successo governativo da attribuire alle loro proposte. Hanno bisogno di lasciare davvero Berlusconi e di reclutare sia giovani sia altri politici esperti e integri.

D. Crede ai sondaggi che danno il centrodestra in crescita e vittorioso sul centrosinistra?

R. In generale, penso che i sondaggi siano in grado di dare un’approssimazione accurata delle opinioni degli elettori. Quindi, sì: nonostante tutto, il centro-destra ha ancora un vantaggio sul centro-sinistra che finora non ha né fatto né detto niente per guadagnare sostegno, approvazione, voti. E che si appresta a vivere molte notti e molti giorni di lunghissimi e affilatissimi coltelli.

D. Nel Pd riusciranno a convivere Renzi e Letta?

R. Dovranno quantomeno provarci. Possono anche andare a fondo insieme. Comunque sono predestinati a sfidarsi frontalmente. Presto. A meno che siano davvero «democristiani», nel quale caso troveranno accordi, posti e cariche reciprocamente profittevoli .

D. Si può ipotizzare la nascita di una Terza Repubblica con in sala travaglio Letta, Renzi e Alfano?

R. Di Repubblica ce n’è una. Gli inventori della Seconda hanno fatto fallimento pieno. Nessuno dei tre protagonisti che lei cita ha un’idea di Repubblica migliore. Galleggeremo con loro.

D. C’è poi l’ipotesi del grande centro, dove però i galli nel pollaio faticano ad andare d’accordo, come dimostra il traumatico bisticcio tra Pierferdinando Casini e Mario Monti. Esiste ancora in Italia uno spazio politico per il centrismo?

R. Nessuno spazio per un centro che non abbia un leader capace di costruire un’offerta politica adeguata. Ci terremo il bipolarismo, anche se bruttino. In Italia il centro è la palude delle buone, neanche troppo, intenzioni e della ricerca di qualche piccolo vantaggio

D. Dal centro al movimento di Beppe Grillo: il grillismo è davvero nella fase discendente come sembrerebbero indicare gli ultimi risultati elettiorali?

R. A livello locale avrà alti e bassi, a seconda delle circostanze e delle candidature. A livello nazionale può ancora tenere, ma con la prospettiva che il suo eventuale successo sarà tanto più limitato quanto più tardi si voterà. Non ha il respiro per arrivare fino al 2016 a meno che inspiri una grande boccata di ossigeno alle elezioni europee. Rimarrà un attore importante, in negativo, bloccato dalla sua indisponibilità a mettersi in gioco facendo coalizioni, anche solo temporanee.

D. Come giudica il ruolo del Presidente della Repubblica, garante delle larghe intese?

R. Temo che il Presidente si stia logorando nel suo sostegno alle intese non più larghe e non ancora produttive. Il dramma è che non ci sono alternative. Neppure la sua intelligenza politica può escogitare qualcosa di diverso e di meglio. Brutta faccenda.

D. Il Presidente aveva fatto affidamento sui «saggi». Erano stati insediati tra grandi aspettative, il risultato è apparso inferiore alle attese.

R. Certamente, sì: non abbastanza saggi, non abbastanza originali, non abbastanza coraggiosi. Di loro non rimane nulla se non qualche paginetta di modelli alternativi a tutti già noti.

D. Che cosa manca a questo Paese per diventare simile alle altre grandi democrazie europee?

R. Mancano uomini e donne capaci di dedicare la loro passione politica e il loro impegno a costruire un grande partito liberale e un grande partito socialdemocratico. Mancano anche cittadini disposti, senza nessuna tangibile ricompensa, ma soltanto perché vogliono essere buoni cittadini, a interessarsi di politica, a informarsi sulla politica, a partecipare ad attività politiche, a premiare e a punire, a ragion veduta, governanti e rappresentanti inadeguati e, qualche volta corrotti. La società italiana, ma non tutti noi allo stesso modo, si merita i governi e i governanti e i «cittadini-parlamentari» che ha. Per fortuna che c’è l’Unione Europea, non la sola Germania, ma anche l’Olanda, la Finlandia, la Svezia, che qualche volta obbliga società e politica italiane a comportarsi in maniera decente. Serve, ma, purtroppo, non basta.

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