Per la stampa nordcoreana Jang Song Thaek è “feccia”, un traditore cui il regime ha riservato l’esecuzione. La parabola dell’ex numero due del potere nordcoreano è terminata con la condanna alla pena capitale emessa da un tribunale militare e poi sul patibolo, o molto più probabilmente davanti a un plotone di esecuzione.
L’EPURAZIONE DI JANG
L’epurazione di Jang, espulso la scorsa settimana dal Partito coreano dei lavoratori e dismesso da ogni carica, è la più importante dall’ascesa al potere del giovane Kim Jong Un, succeduto due anni fa al padre Kim Jong Il al vertice di Pyongyang. Oltre a essere considerato l’eminenza grigia della politica a Nord del 38esimo parallelo, Jang era zio acquisito del leader supremo, marito di Kim Kyong Hui, sorella del defunto Caro Leader.
I CAPI D’ACCUSA
I capi d’accusa nei suoi confronti, secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale KCNA , spaziano dall’aver formato una propria fazione per rovesciare la leadership del Partito e dello Stato, all’aver usato il proprio potere per conquistare diverse amanti fino all’uso di droghe. L’ultima immagine pubblicata lo mostra in manette, sovrastato da due guardie, una foto che riprende i fotogrammi del video del suo arresto in occasione di una riunione del politburo del partito.
CANCELLATO DAI MEDIA
La propaganda ufficiale, come sottolinea il sito NK News, sta già provvedendo a cancellare il ricordo dell’ex mentore di Kim Jong Un. Almeno una decina di articoli sono stati rimossi dal sito dello Rodong Sinmun, il quotidiano di regime, mentre altri 500 sono stati corretti per cancellare il nome di Jang. Qualcosa del genere era già successo la scorsa settimana, quando dalla replica di un filmato trasmesso dalla televisione di Stato erano state tagliate le immagini che lo riprendevano.
COLLABORAZIONI MISTERIOSE
In parte si è trattato di una conferma di quanto annunciato giorni prima da un parlamentare sudcoreano che sulla base delle informazione avute dai Servizi aveva parlato dell’epurazione. Ancora da verificare sono invece le indiscrezioni sulla presunta fuga in Cina di due vicepremier nordcoreani e sulle richieste d’asilo in Corea del Sud di alcuni collaboratori di Jang, sebbene su questo fronte i Servizi di Seul dicano di non sapere niente.
LE MANI SULLA COREA DEL NORD
Secondo molti osservatori la destituzione dello zio è il segnale del consolidamento del controllo di Kim Jong Un sul Paese e di un ricambio al vertice del sistema. Per alcuni l’epurazione di Jang è dovuta al troppo potere accumulato. Prima di essere destituito l’ex numero due del regime era vicepresidente della potente Commissione nazionale di Difesa, direttore del Dipartimento per l’amministrazione del Partito dei lavoratori, presidente della commissione nazionale per lo Sport e la Cultura, l’organismo dietro le visite della stella Nba Dennis Rodman a Pyongyang. Addirittura la caduta di Jang avrebbe avuto il benestare della moglie, Kim Kyong Hui.
TROPPO POTERE
È opinione comune d’altra parte che il fine ultimo del potere nordcoreano sia preservare se stesso. Prese per vere le notizie sul troppo potere accumulato, Jang poteva rappresentare un ostacolo a questo obiettivo. Come scrive il quotidiano Hankyoreh, si sarebbe trovato contro sia la schiera dei principini, ossia la discendenza dei compagni d’armi del fondatore della patria Kim Il sung, sia la stessa dinastia dei Kim, della quale lui faceva parte per via del matrimonio, ma non per via di sangue.
DOVE VA IL PAESE?
Ci si interroga ora su quale direzione prenderà il Paese. Alcuni commentatori considerano beneficiario della destituzione di Jang il vicemaresciallo Choe Ryong Hae, di fatto a capo dell’esercito. Non è tuttavia detto che questo sia il segnale di un nuovo avanzamento dell’esercito nella strategia nordcoreana, se mai nei due anni dalla morte di Kim Jong Il – il 17 dicembre cadrà il secondo anniversario – si sia avuto un arretramento dell’influenza dei militari sulle vicende di Pyongyang.
LE RELAZIONI CON LA CINA
Sotto osservazione sarà anche il rapporto con l’alleato cinese. Jang era considerato un fautore delle riforme sul modello di Pechino. Nelle sue mani erano inoltre i dossier riguardanti le zone economiche speciali (Zes) sviluppate con il sostegno della Cina. Ad agosto del 2012 fu proprio Jang a recarsi nella capitale cinese per un incontro con l’allora presidente Hu Jintao. Pechino al momento definisce l’epurazione una faccenda interna alla Corea del Nord e conferma la necessità di garantire la stabilità nella regione e di proseguire con i contatti economici, come il recente accordo con la prefettura cinese di Tumen per una Zes nella provincia di Hamkyung. Il quotidiano sudcoreano Joongang Ilbo la descrive come una nuova Kaesong, il complesso industriale intercoreano a nord della zona demilitarizzata. In questo caso con capitali cinesi e manodopera nordcoreana.
L’OPACITÀ DEL REGIME
Dal canto suo l’amministrazione statunitense ha definito la morte di Jang come un’ulteriore prova della brutalità del regime. Gli sviluppi della situazione al Nord sono seguiti anche a Seul. La presidente Park Geun-hye nei giorni scorsi aveva parlato di “clima di terrore” in riferimento al nuovo corso intrapreso dal giovane Kim. Capire con precisione come si muove la politica nordcoreana rischia di rivelarsi tuttavia un esercizio di divinazione. Nel corso dei due anni di potere di Kim si sono rincorse notizie di ipotetiche riforme, chiusure, truci esecuzioni e cambi nei posti di comando.
UNA NUOVA GENERAZIONE
Come scrive su Facebook l’imprenditore svizzero Felix Abt, autore di A capitalist in North Korea, l’esecuzione di Jang e quella di alcuni suoi collaboratori, di cui si è parlato nei giorni scorsi, non sono una pietra tombale sulla possibilità di cambiamenti. Al loro posto potrebbe forse arrivare una nuova generazione di funzionari votati agli affari. Ma si resta sempre nel campo delle ipotesi e delle speranze.