Sta seguendo la logica illogica degli investitori, che l’adagio “vendi sul denaro, compra sulla lettera” lo conoscono a memoria ma non lo applicano mai. E così Moncler, nel primo giorno di quotazione ha fatto un balzo di quasi il 50%, arrivando a valere 3,75 miliardi, rispetto ai 2,55 del prezzo di vendita già fissato al massimo della forchetta. Un movimento che coinvolge tutto il lusso dall’inizio della crisi. E che in qualche misura rimanda al 2000, quando un fenomeno simile aveva coinvolto le dotcom.
LUSSO IN BOLLA?
Insomma i contorni di una nuova bolla, stavolta tutta griffata, si fanno sempre più definiti. Trovare un analista che lo dica mettendoci la faccia è ancora difficile, ma nelle sale operative la voce si fa strada sempre più insistente. Intanto i numeri: ieri, nella prima mezz’ora di quotazione di Moncler, erano già state scambiate 17 milioni di azioni, un quarto del totale, e a fine giornata la cifra aveva toccato quota 31 milioni di pezzi. A comprare sono stati “i fondi medio-piccoli, tagliati fuori dagli internazionali che hanno fatto man bassa di azioni in fase di collocamento (dei 744 investitori istituzionali che hanno fatto domanda, solo 164 hanno avuto accesso alle azioni, ndr) – spiega un dealer – comprare a questi livelli, però, è follia”. A metà della seconda seduta c’è invece qualche presa di beneficio ma il titolo si tiene saldamente sopra i 14 euro. “Tutti vogliono il lusso – spiega un altro analista – Gli istituzionali, i fondi sovrani e oltre che dalla Cina e dall’Asia in generale, ora arrivano anche dalla Turchia. L’euforia è alle stelle”.
CHI VENDE E CHI COMPRA
Tra i nuovi azionisti di Moncler ci sarebbero, oltre a fondi sovrani come quello di Qatar e Cina, anche nomi della moda, da Ferragamo, a Renzo Rosso, a Bernard Arnault di Lvmh, a Amanio Ortega, patron di Inditex. E chissà se qualcuno pensa a una scalata. Di sicuro c’è che Remo Ruffini, il patron, ha conservato intatto il suo 32% di capitale: decisione apprezzata dal mercato in quanto dimostra la fiducia che il presidente ripone nella sua azienda e il valore non speculativo della quotazione. Invece i fondi venditori, Eurazeo, Carlyle e Brand Partners stanno brindando al guadagno incamerato, mentre con ogni probabilità si preparano all’uscita. Prima che la bolla scoppi.
MULTIPLI DA CAPOGIRO
A sostegno della tesi di un eccessivo rigonfiamento delle quotazioni, c’è anche il confronto con i colossi del rarefatto mercato italiano. Ebbene la società dei piumini, 400 dipendenti e fatturato poco sotto i 500 milioni, capitalizza quanto Prysmian che incassa 7,8 miliardi, e più di Finmeccanica, che vale 3 miliardi e fattura 17 miliardi. Ancora, la capitalizzazione è cinque volte superiore a quella di Saras, i cui ricavi si attestano sui 10 miliardi, quasi tre volte quella di Ansaldo (ricavi a 1,2 miliardi), e il doppio di Autogrill, che fattura 4 miliardi.
Quanto al lusso, il prezzo di Moncler è pari a 129 volte gli utili, sotto lo stratosferico 158 di Yoox. Le attese sono che si porti nel prossimo anno su valori simili a quelli di Ferragamo (33,3) e Cucinelli (58). E la corsa compiuta sul listino da queste italiane non ha nulla da invidiare alle omologhe globali: secondo Bank of America Merrill Lynch, in complesso i rendimenti del settore sono aumentati di oltre 300% in tre anni, una performance simile a quella degli ultimi dieci anni. Dire che la finanza non abbia preso il sopravvento è davvero difficile.
RISCHI MONCLER
Tornando a Moncler, Kepler Chevreux, broker svizzero che alla vigilia del debutto ha emesso un report, è positivo sul titolo e fissa il target price intorno a 12 – 12,5 euro. Ma quanto si tratta di evidenziare le possibili debolezze di Moncler gli analisti scrivono di essere “poco convinti circa il posizionamento dell’azienda tra i player del lusso”, di essere preoccupati dall’elevata stagionalità e perplessi anche in merito alla percezione di made in Italy del marchio, che nasce in Francia e produce quasi tutto in Est Europa. La conclusione è che “la combinazione di crescita potenziale, elevato interesse per il lusso, nonché il successo delle recenti Ipo della moda, ovvero di Ferragamo e di Cucinelli, probabilmente stuzzicherà l’appetito degli investitori”. Così è stato. Ma durerà?