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Ecco gli effetti sulle Borse dell’accordo sul budget Usa

Smentendo le attese di un nuovo muro contro muro, le parti al Congresso hanno annunciato il raggiungimento di un accordo sul budget della durata di 2 anni che elimina alcuni dei tagli previsti  dal sequester su spesa sociale e difesa, spalmandoli nei prossimi 10 anni. Al di la dell’impatto fiscale, che è modesto (0.20% del GDP all’anno per 2014 e 2015), il deal costituisce un importante segnale di distensione al congresso, anche in vista dell’altra deadline, sul debt ceiling, prevista per febbraio. Il provvedimento approda alle Camere per l’approvazione nei prossimi giorni, allo scopo di essere siglato prima della pausa natalizia.

MERCATO ASIATICO

L’Asia, primo mercato a confrontarsi con il lieto fine a Capitol Hill, ha accolto la notizia tiepidamente. Tra i principali motivi addotti dalla FED per il rinvio del tapering a settembre vi era l’incertezza politica. Di conseguenza, l’approvazione di un accordo entro il 18 dicembre aumenta le probabilità di un’azione al prossimo FOMC. Vista la larga fetta di emergenti che la compone, l’Asia resta l’area più sensibile al tapering.
Ulteriore pressione è venuta dagli indici cinesi, affossati da indiscrezioni di inasprimento della politica fiscale e rumors di un abbassamento del target di crescita dal 7.5% al 7%.

MERCATO ASIATICO

Partita in negativo in simpatia con l’Asia, l’Europa ha recuperato qualcosa in mattinata, senza particolare convinzione. L’unico interesse genuino ha riguardato nuovamente i bond italiani e spagnoli, che, dopo la rottura di ieri hanno prodotto un ulteriore accelerazione, raggiungendo i massimi a metà mattinata. Ma, a differenza di due giorni fa, il listino milanese non ne ha beneficiato, risultando il più pesante del gruppo durante tutta la giornata. Tra i motivi, lo storno di ENI, oggetto di un cambio di raccomandazione da parte di Deutsche Bank. Qualche peso può aver avuto la fumata nera all’Ecofin sui dettagli del  meccanismo di risoluzione degli istituti in crisi, rinviati alla prossima settimana.

In assenza di dati o eventi in grado di modificare le cose, gli indici hanno tenuto una price action erratica fino all’apertura di Wall Street, per poi imboccare, senza un preciso catalyst, la via del ribasso.

La  risk adversion di origine americana ha prodotto un’altra chiusura sui minimi per l’Eurostoxx, che comincia ad avere, tecnicamente parlando, un aria malconcia. L’indice si trova sui minimi da 2 mesi e sotto le medie mobili a 20 e 50 giorni, di cui per ora ha fallito il recupero.

WALL STREET

Riguardo Wall Street, una certa attenzione ha ottenuto un report periodico di Thomson Reuters che riassume le guidance date dalle aziende US sul trimestre in corso. L’ultimo report segnala che il ratio tra negative e positive pre-announcements è al record storico di 11.4 a 1. Il record precedente, 6.8, appartiene al primo trimestre del 2001.

grafico antilla

 

Come noto, abbassare la guidance è un modo delle aziende di gestire le aspettative del mercato. Detto questo, il ritmo di questo trimestre eclissa quello dei precedenti, che già erano notevoli.
Inoltre, le attese degli analisti a inizio trimestre erano di una crescita degli utili del 10.9%. Al momento sono scivolate al 7.8%. Nel frattempo, Wall Street ha messo su un 7/8%. In altre parole, si è trattato di interamente di multiple expansion, che, come illustrato nel Lampi del 22 novembre, ha pesato per i 3/4 circa della brillante performance dell’S&P 500 del 2013.
Alla luce di questo report c’e’ da chiedersi se l’earning growth a 2 cifre attesa per il 2014 non necessiti di una sforbiciata.
In generale, mi pare un altro segnale che Wall Street è prossima ad una correzione.
Vedremo.


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