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Effetto Renzi sui mercati finanziari? Qualcuno ci crede…

Inizio settimana tranquillo sui mercati.

MERCATO ASIATICO

L’Asia ha accolto con soddisfazione il labour market report US. Fortissima Tokyo (+2.3%), galvanizzata dal calo dello Yen, l’unica divisa tra le principali a mostrare una reazione coerente ai payrolls. Ulteriore supporto al sentiment è giunto dal trade balance cinese di novembre, con le esportazioni molto più alte delle attese (+12.7% YoY vs +7% atteso). Il CPI novembre in calo completa il quadro, riducendo la necessità di manovre restrittive. Sempre in Cina, la People Bank of China ha permesso allo Yuan di segnare i massimi storici contro $, lasciando intendere che potrebbe essere in arrivo un allargamento della banda di oscillazione. Alcuni vi hanno letto un segnale di determinazione nel portare avanti le riforme. Infine Bombay continua ad avvantaggiarsi della vittoria elettorale dell’opposizione alla elezioni locali.

MERCATO EUROPEO

L’ Europa aveva gia fattorizzato venerdi l’euforia per i payrolls e quindi ha aperto con un mood più tranquillo. La robusta vittoria di Renzi alle primarie PD ha alimentato un po’ di dibattito tra gli investitori circa la possibilità che il percorso delle riforme acceleri, e gli asset italiani ne hanno tratto beneficio. Milano ha recuperato un po’ di performance nei confronti degli altri indici europei, e i BTP chiudono a 229 basis points vs Bund, per la prima volta sotto 230 da luglio 2011.
In tarda mattinata, la produzione industriale tedesca di ottobre ha nuovamente deluso il consenso (-1.2% da prec -0.7% e vs attese per +0.7%). Il dato ripropone l’enigma della divergenza tra le survey e i cosiddetti “hard data”. Dall’inizio del secondo semestre, il PMI manifatturiero tedesco in media è stato di 51.3 (52.6 i servizi), non un gran livello, ma costantemente sopra la soglia di espansione. Per contro, la produzione industriale è calata di circa 1.4% nello stesso periodo, a livello aggregato. Ne i factory orders di ottobre, usciti la scorsa settimana a -2.2% su settembre, fanno sperare in un’ immediata accelerazione dell’output.

GAP SURVERY-HARD DATA

In generale, il gap survey-hard data sta diventando una caratteristica stabile di questo ciclo. In US, le medie dei primi 4 mesi del secondo semestre per l’ISM manufacturing e l’ISM services si collocano rispettivamente a 55.9 e 56.1, valori che implicano livelli di attività significativamente superiori rispetto a quanto registrato da produzione industriale, factory e durable goods orders per lo stesso periodo.
Un po’ di ritardo tra survey e real activity data è normale. Ma il fenomeno sta raggiungendo proporzioni tali in alcune aree, da far ritenere che le survey abbiano preso a sovrastimare permanentemente il ciclo. Oggi i dati di output francese, inglese e italiano permetteranno ulteriori considerazioni sul tema.
In ogni caso, gli investitori al momento ripongono maggior fiducia nelle survey, come si nota dalla reazione dei mercati, che hanno snobbato il dato.

MERCATO US

In US, in assenza di dati macro pesanti, gli occhi sono puntati nelle prossime ore su diversi membri FED che terranno il loro ultimo discorso prima di un auto imposto silenzio stampa pre FOMC.
Venerdi sera, Evans, noto per essere una colomba, ha dichiarato che il livello dell’inflazione lo preoccupa, e che comunque prima di modificare la politica monetaria vorrebbe avere ulteriori evidenze che i miglioramenti del mercato del lavoro sono sostenibili. Vedremo cosa aggiungeranno Lacker, Bullard e Fischer, rispettivamente una colomba, un equilibrato e un falco, tutti di scena stasera.

Personalmente, dubito che gli ultimi dati siano sufficientemente forti per costituire un consenso del FOMC sulla necessità di agire immediatamente:
– In fin dei conti, il report di venerdi colloca la creazione di posti di lavoro intorno a 200.000 al mese, grossomodo in linea con la media degli ultimi 12 mesi.
– L’inflazione è ancora assai bassa (PCE 1.1% vs 2% di target) e i segnali di un inversione di tendenza sono scarsi.
– Bernanke ha costruito la sua carriera criticando i Giapponesi per aver rimosso anzitempo lo stimolo monetario, difficilmente vorrà rischiare di incorrere nello stesso errore.
Resto dell’idea che agiranno a Marzo, anche se un buon deal sul budget al congresso potrebbe, coeteris paribus, farli anticipare a Gennaio.

EFFETTI FUTURI

Peraltro, la reazione degli investitori alle ultime sorprese macro positive sta alimentando l’idea che il tapering sia già nei prezzi, e quindi non costituisca più una minaccia per gli asset. Alcuni si sono spinti a dire che, col rally di venerdi, i mercati abbiano inteso dire alla FED “agisci, noi siamo pronti”.
Sicuramente 6 mesi di dibattito hanno prodotto negli investitori una certa assuefazione al tema. Ma, a mio modo di vedere, assuefazione non vuol dire immunità.
Il grafico che compara il bilancio FED con l’S&P (vedi lampi 22 nov) segnala una stretta relazione tra le 2 variabili, e personalmente ritengo che, la necessità, per il mercato, di farsi carico nuovamente degli asset non più acquistati dalla FED produrrà un effetto materiale, che dovrà essere controbilanciato da altre fonti di domanda (maggiore crescita, maggiori utili).

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