La situazione in Egitto è tutt’altro che serena. La tensione tra i sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi e i manifestanti che riempirono e continuano a popolare piazza Tahrir rimane alta. In una conversazione con Formiche.net Fatima Khafagy, (al centro nella foto), attivista per i diritti delle donne e membro del board dell’associazione Alliance for Arab women, fa il punto su ciò che accade nel suo Paese – dal varo di una nuova costituzione al ruolo dei militari – spiegando luci e ombre di una transizione politica ancora lontana dal terminare.
Cosa sta accadendo in Egitto?
Molto sta cambiando, ma non sempre tutto è chiaro.
Cosa ne pensa della bozza della nuova costituzione?
Vi è qualcosa di buono, ma ci sono anche punti oscuri.
Tra le luci vi è il fatto che per la prima volta il presidente avrà un limite di due mandati di quattro anni ciascuno e anche il divieto per il capo dello stato di possedere o controllare indirettamente aziende. Ho però dei seri dubbi su alcuni punti, per esempio sui limiti che sono stati posti all’esercito.
La costituzione garantisce tutti gli individui nelle loro libertà fondamentali, o solamente alcune minoranze religiose come copti e ebrei?
Il problema è che una legge costituzionale che sia troppo distante da quello che la popolazione crede non andrebbe molto lontano. Molti egiziani non volevano il riferimento alla Sharia nell’articolo due, ma la maggioranza della popolazione purtroppo lo vuole. Riguardo i diritti individuali e religiosi essere gay o essere ateo può essere ancora un tabù per ampie fasce della popolazione. Associare la causa femminile, sui cui esiste un maggior consenso, a questi temi o inserire questi diritti in un unico articolo costituzionale spaventa ancora molti perché pensano che la gente non capirebbe e finirebbe per non accettare nemmeno le leggi sulle donne. Questo è un vero problema di cui tenere conto. Anche sul fronte religioso le cose non vanno benissimo, per esempio una minoranza veramente discriminata sono i Bahai.
Bisogna cambiare quindi la mentalità della gente, ci sono ONG che si occupano dei gay, o dei
diritti delle minoranze religiose, ma stanno molto attente a trovare linguaggi che il popolo possa capire. Molte persone dicono che sia meglio avere una costituzione di basso profilo e che contenga alcuni compromessi con i Salafiti, con cui il governo sta tentando di venire a patti, piuttosto che rimanere con quella vecchia fatta da Morsi. Io penso però che su queste questioni si debba stare molti attenti. Ci vorranno sicuramente ancora due generazioni prima che cambi nel profondo la mentalità delle persone.
Come si sta preparando l’Egitto alle elezioni presidenziali e politiche?
Il popolo adora Abdel Fatah el Sissi e pensa che l’esercito sia l’unico che possano garantire
sicurezza. Il problema sta poi nel fatto che i partiti tradizionali non riescono ad esprime una classe politica che possa vincere. Non ci sono leader che possano davvero sfidare l’attuale ministro della difesa se deciderà di candidarsi. Questo spiega perché cosi poche persone abbiano annunciato che si candideranno, tutti aspettano di vedere se lo farà lui. Il problema di fondo è che la rivoluzione non ha saputo creare partiti che sappiano portare avanti le idee che hanno spinto il popolo nelle piazze e i vecchi politici non hanno ancora mutato pelle.
Il generale Sissi rischia di diventare un nuovo dittatore?
Penso di no, il popolo è cambiato profondamente in questo periodo rivoluzionario, hanno fatto cadere due presidenti che consideravano dittatori in due anni e non esiteranno a farlo ancora.
Anche i partiti politici, che oggi sono deboli e incapaci di intercettare i desideri degli egiziani, non permetteranno a Sissi di diventare un rais in stile Mubarak, ma gli permetteranno, se si candiderà, di fare due mandati perché questo gli darebbe il tempo di riorganizzarsi e diventare competitivi.
Sissi ha un programma? O la gente lo sostiene perché è l’uomo forte?
Penso che ci saranno pressioni, almeno delle forze politiche, perché presenti un programma. Il popolo forse non le farà e lo voterà perché è l’uomo della sicurezza. Io ritengo che alla fine si presenterà alle presidenziali, perché ad oggi non c’è nessuno con tante carte da giocare. Inoltre, prima che la situazioni si stabilizzi completamente, temo ci vorrà ancora tempo, ci saranno ancora scontri con quella minoranza della popolazione che sostiene i Fratelli Musulmani, e anche terrorismo. Ho anche paura che Sissi possa passare leggi per controllare la società spacciandole per leggi anti terrorismo. Su questo punto alcuni articoli della bozza costituzionale sono ambigui.
La società civile e le associazioni si stanno muovendo per cambiare le cose nel Paese?
Le associazioni sono spesso troppo competitive tra di loro. Per esempio nel campo femminile
i rappresentanti che hanno emendato la costituzione ci hanno fatto notare che ogni giorno
incontravano un gruppo di donne diverso . Non riusciamo a essere uniti. Questo ci rende deboli.
Anche le donne presenti nel gruppo che ha emendato la costituzione, non hanno fatto squadra tra loro e non sono riuscite a rappresentare a pieno le organizzazioni femminili. E’ il tempo di fare gruppo.
Pensa che la tv possa cambiare in modo positivo la mentalità degli egiziani?
Per ora no, i media stanno perdendo la loro credibilità, perché non sono professionali, soprattutto se si fa un confronto con quello che avviene negli altri paesi. In Egitto, le persone che scrivono i programmi sono davvero poche e invitano sempre gli stessi commentatori televisivi che finiscono per spacciare le loro opinioni come fatti.
Casi come quello del popolare comico BassemYussef, a cui hanno chiuso il programma dopo che ha deriso Sissi, non sono preoccupanti?
Assolutamente sì, io penso però che non sia stato il governo a chiedere la chiusura del programma, ma che siano stati i capi della televisione per cui lavorava che si sono autocensurati pensando di fare un piacere al nuovo uomo forte dell’Egitto. In realtà agendo così hanno finito per fargli un danno. Se Morsi tollerava BassemYussef, non può non farlo anche lui. Bassem può giocare un ruolo molto importante per insegnare al popolo e al Paese la libertà di opinione. Sopratutto in una nazione in cui anche i poveri cominciano ad avere internet sui telefoni cellulari.
La vostra organizzazione che strategia ha per le prossime elezioni? Farete lobby per la vostra
causa?
Sponsorizzeremo le donne che vogliono candidarsi. Abbiamo una legge che proibisce alle ONG
di fare politica, ma lo facciamo in modo indiretto, stampiamo materiale per le candidate, portiamo pubblico quando fanno comizi, ma non possiamo dire ufficialmente chi appoggiamo.
Il rapporto tra i Fratelli Musulmani e i militari potrà ricucirsi?
Non credo, sicuramente i militari erano la nostra ultima spiaggia. Adesso bisognerà capire che cosa accadrà. La situazione si era completamente deteriorata e la gente non ne poteva più e siccome i partiti laici erano deboli ha sostenuto i ragazzi del neonato gruppo di Tamarood. Abbiamo provato a trovare con il partito di Morsi una qualche forma di compromesso, ma non si sono mossi di un millimetro.
Che ne pensa di quello che è successo a Rabaa e Nahda dove sono stati uccisi centinaia di sostenitori dei Fratelli?
Sicuramente si è trattato di un fatto tragico, ma i Fratelli Musulmani hanno pagato i poveri per andare in piazza e usato donne e bambini come scudi umani. Inoltre, molti manifestanti erano armati di coltelli e molotov. La comunità internazionale e lo stesso premio Nobel Muhammad al-Barade’i, che si è dimesso dal governo dopo la strage, non hanno proposto nessuna iniziativa concreta per risolvere la situazione. Il Cairo era paralizzato da una minoranza armata che impediva al resto della popolazione di vivere e loro non hanno fatto nulla per dimostrare che si poteva agire in modo diverso. L’esercito è dovuto intervenire perché la polizia era completamente inefficiente e in parte collusa con gli islamisti. Certamente le forze armate non avevano l’esperienza che ha la polizia europea nell’interagire con le manifestazioni e quindi intervenendo hanno causato molte vittime, ma non bisogna dimenticare che anche i Fratelli hanno sparato sui militari. Chiunque pensava poi che le loro proteste fossero pacifiche ha avuto ben chiara la verità quando hanno incominciato a bruciare le chiese. Questo fatto ha dimostrato che erano pericolosi e ben intenzionati a vendicarsi tentando di innescare una guerra religiosa nel Paese. Per fortuna la maggior parte della gente non li ha seguiti. Quello è stato il momento in cui hanno davvero perso.