Come avvicinare domanda e offerta di capitali in una fase di credit crunch? Quali sono gli investitori istituzionali più adatti e interessati al nostro sistema produttivo?
IL TEMA DEI CAPITALI
Nell’attuale scenario di contrazione e sempre maggiore selettività del credito bancario e considerata la difficoltà a far decollare forme alternative di finanziamento come le emissioni obbligazionarie, il tema dei capitali per lo sviluppo (soprattutto per le imprese italiane ad alto potenziale) diventa un tema decisivo per il recupero di competitività.
L’OPPORTUNITÀ DEI FONDI SOVRANI
In questa prospettiva i Fondi Sovrani possono rappresentare un soggetto davvero interessante come riserva di equity per il nostro sistema produttivo. Questi investitori rappresentano, infatti, uno dei più importanti fenomeni della finanza globale degli ultimi dieci anni. Basti pensare che gestiscono un patrimonio che si aggira intorno ai 4,7 trilioni di Dollari. Si tratta di un valore pari al 7% del PIL mondiale e al 3% dello stock complessivo delle attività finanziarie. In prospettiva ci si attende che le masse gestite possano raggiungere i 10 trilioni di Dollari intorno al 2016.
COSA SONO E COSA FANNO
Ma chi sono i Fondi Sovrani? Si tratta di fondi d’investimento di proprietà dei governi che detengono e amministrano ricchezza proveniente tendenzialmente da surplus fiscali o delle partite correnti derivanti prevalentemente dalle esportazioni di materie prime. I Fondi Sovrani acquisiscono, in genere, partecipazioni significative dei target ma non necessariamente di controllo (in media il 30% del capitale dell’azienda target), con un modello di governance poco invasiva e con un orizzonte temporale di lungo periodo. La finalità principale della loro strategia d’investimento è quella di ridistribuire ricchezza alle generazioni future. Questa strategia d’investimento, li rende anche agli occhi dell’opinione pubblica come dei soggetti non particolarmente ostili, quindi anche da un punto di vista culturale, più in linea con le caratteristiche del mondo imprenditoriale italiano.
MASSICCI INVESTIMENTI
Secondo i dati della Banca d’Italia, dal 1990 al 2010, i principali Fondi Sovrani hanno realizzato circa 2.740 operazioni di acquisizione per un controvalore di 565 miliardi di dollari. In questi ultimi vent’anni hanno investito in 97 Paesi, prediligendo in particolare il Regno Unito (78 miliardi di Dollari), gli Stati Uniti (76 miliardi di Dollari) e la stessa Cina (70 miliardi di Dollari). Il nostro Paese ad oggi è solo al 20° posto nella graduatoria delle economie che attirano maggiormente gli investimenti di questi soggetti: solo 28 operazioni di investimento per un controvalore pari a 5,1 miliardi di dollari (l’1% del totale dei deal). I Fondi più attivi nel nostro paese sono il Lybian Investment Authority, LIA, (Juventus, Olcese, Fiat, Eni e Unicredit) e il Government Investment Corporation, GIC, di Singapore (Snai e Tod’s). Nel corso del 2012, il fondo Aabar, appartenente all’IPIC di Abu Dhabi, ha rafforzato la sua quota in Unicredit (dal 4,99% al 6,50% del capitale) e il Qatar Investment Authority ha investito 735 milioni di Euro in Valentino. Tale fondo ha avviato una joint venture da 2 miliardi di Euro con il Fondo Strategico Italiano (Cassa Depositi e Prestiti) con l’obiettivo di investire in aziende del Made in Italy.
COME ATTRARRE I FONDI
Ma cosa occorre per entrare nel radar d’investimento di questi veri e propri colossi della finanza globale? Nel corso di una recente “missione” in Qatar condotta da KPMG, in collaborazione con ICE/ITA, Ambasciata Italiana a Doha, è emersa una percezione molto positiva dell’Italia ed una particolare attenzione nei confronti dei brand iconici del Made in Italy (lusso, food) e verso il real estate.
UN DURO LAVORO
Si tratta intanto di adottare una strategia tenace e persistente. Questo implica la volontà di presidiare in maniera continuativa questi soggetti alimentando la relazione con l’offerta di idee d’investimento interessanti. Occorre un vero marketing del sistema “Italia S.p.A.”. È necessario un lavoro sistematico di scouting per individuare un cluster di aziende ad alto potenziale in cerca di equity per lo sviluppo. Servono anche strutture finanziare innovative che favoriscano forme di co-investimento da parte di investitori esteri e domestici per aumentare la credibilità dei progetti. Occorre, soprattutto, un lavoro di squadra pubblico – privato che preveda il coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera di “sistema Paese”: agenzie pubbliche, network professionali, banche di sistema, Fondo Strategico. Questi soggetti dovrebbero costituire una cabina di regia operativa focalizzata sui Fondi Sovrani, selezionando e proponendo opportunità di investimento premium ai 5/6 Fondi Sovrani più sensibili verso i nostri asset. In breve tempo e con costi limitati, si potrebbero mobilitare diversi miliardi di euro d’investimenti verso le aziende del nostro Paese.