In uno dei ricordi più belli che il parroco ha dedicato a mia nonna il giorno del suo funerale, lei se ne stava seduta al tavolo a far di conto.
Vedova anzitempo, sopravvissuta a due guerre mondiali e con due figli piccoli da mantenere, mia nonna era molto brava in economia, nel senso letterale del termine (dal greco oikonomia, dove oikos indica la dimensione domestica e nomos le norme del suo funzionamento).
L’approccio di mia nonna all’economia era quello seguito dalle teorizzazioni classiche diffuse prima dell’avvento degli egoismi keynesiani, che tanto avrebbero nuociuto alle future generazioni con politiche di indebitamento senza limiti statutari precisi (sul lungo termine saremo tutti morti, diceva del resto Keynes). Principio assodato delle costituzioni economiche classiche prekeynesiane era l’obiettivo, almeno tendenziale, del pareggio di bilancio. Tollerabilissimi eventuali deficit od eventuali surplus, resi necessari dagli scenari più o meno avversi, ma sempre con l’ottica di pareggiare eventuali disavanzi.
Per pareggiare un disavanzo pubblico solo due sono le strade: o alzi le tasse o tagli le spese. Anche mia nonna, che non concepiva troppo l’idea di indebitarsi, basava il suo approccio economico tutto su politiche di risparmio, avendo una fonte limitata di reddito.
La diligenza di mia nonna, tipica del buon padre di famiglia (di recente citato in maniera disinvolta dal presidente Letta) e’ quella che ci si dovrebbe augurare per il nostro Stato, soprattutto adesso che il nuovo art. 81 Cost. odora meno di Keynes e più di approccio economico classico.
Il Movimento 5 Stelle, che piaccia o no (mi ci metto anch’io che non sono parco di critiche), appare oggi l’unico buon padre di famiglia quando si parla di politiche di risparmio.
Qualche giorno fa il M5S ha incassato una bella vittoria (e noi grazie a lui) ottenendo finalmente, dopo un lungo presidio notturno con tende e sacchi a pelo, l’apertura di conti correnti dedicati a raccogliere contributi volontari a sostegno della piccola e media impresa, a valere sul nuovo capitolo di bilancio statale n. 3693, capo 18, creato ad hoc dal decreto legge n. 69 del 2013 (il famoso decreto del fare) poi convertito nella Legge 9 agosto 2013 n. 98.
Per chi fosse interessato, qui si trovano i codici distinti per ciascuna tesoreria provinciale per effettuare il versamento tramite bonifico.
Sarà comunque sufficiente utilizzare l’IBAN cinguettato dallo stesso Saccomanni, quello della tesoreria di Roma Succursale: IT61Z0100003245348018369300.
Su tali coordinate il M5S restituirà ora circa 2,5 milioni, frutto dei tagli adottati spontaneamente dai parlamentari a stipendi e diarie. Qualcuno provi a dire che si tratta di demagogia e populismo anche in questo caso. Vediamo dove può arrivare l’azzardo morale.
Altro colpo messo efficacemente a segno era (sì, usiamo il tempo passato purtroppo) rappresentato dall’inserimento, in sede di conversione del decreto legge 15 ottobre 2013 n. 150 (una manovrina destinata a misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione), dell’ambizioso (per l’Italia, s’intende) art. 2 bis, che consentiva a “le amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell’ambito della propria autonomia”, la facoltà di “recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga a eventuali clausole difformi previste dal contratto”.
La norma aveva un bersaglio preciso per il M5S: i contratti d’affitto che una quindicina di anni fa, senza alcuna gara, Montecitorio stipulò con la società Milano 90 Srl dell’imprenditore Sergio Scarpellini per la locazione di uffici e servizi ad uso dei parlamentari della Camera.
Tali contratti avrebbero portato alle casse della Milano 90 Srl ben oltre 400 milioni di euro, un costo che avrebbe abbondantemente consentito l’acquisto dei beni affittati. La notizia ebbe un certo risalto nel 2010, ma poi, come spesso avviene in Italia, tutto venne dimenticato nell’assuefazione generale a cui ormai siamo abituati.
L’articolo di legge inserito dal M5S, che avrebbe consentito a Montecitorio e ad ogni altra amministrazione di recedere dai contratti in essere per cercare soluzioni più economiche e magari per valutare l’acquisto diretto di beni destinati ad utilizzi di lunga durata, è stato abrogato dal Senato dapprima nell’ambito del c.d. decreto “Salva Roma” e successivamente, una volta smascherato il tentativo di eliminazione, nell’ambito della Legge di stabilità, ben più ricca di norme e commi ove celare l’abrogazione.
Ora, non ci interessa chi sia Scarpellini. Di lui si è occupato Il Giornale nel 2007 definendolo un palazzinaro vicino alla quercia, mentre nel 2009 di lui si disse che era alla guida della cordata salva Roma e salva famiglia Sensi.
Il punto è che di Scarpellini che fanno affari con la politica è piena l’Italia. E le norme come quelle volute dal M5S, in quanto destinate a realizzare economie di risparmio, dovrebbero trovare oggi il consenso unanime di chi denigra i forconi e non s’avvede della situazione in cui versa l’economia reale.
Invece dobbiamo assistere alle assurde giustificazioni della stessa relatrice dell’intero provvedimento (e non del solo emendamento in questione, il che denota un’iniziativa non isolata ma condivisa come acutamente osservato da Sergio Rizzo), senatrice Magda Zanoni del PD, la quale è arrivata a dire che se non si fosse cancellata quella norma, nessuno avrebbe più stipulato contrati con la PA e che comunque si trattava di previsione incostituzionale.
Quale la soluzione geniale della Senatrice? Proporre azioni giudiziarie per verificare la congruità degli affitti rispetto alle reali condizioni di mercato. Come se le cause in Italia non durassero diversi anni e come se esistesse il diritto, esercitabile a discrezione di uno dei contraenti, di render congrui i prezzi di affitto già pattuiti (diritto che non esiste).
Poche considerazioni a tal proposito.
E’ assurdo pensare che in un simile caso nessun privato stipulerebbe più contratti con la PA, essendo già previsione generale contenuta nella legge in materia di locazione commerciale (la L. n. 392/1978) la possibilità, negoziabile dal conduttore, di assicurarsi un recesso anzitempo. La legge n. 392/1978 è ritenuta applicabile anche alla PA quando agisca nei rapporti con i privati.
Per cui la norma del M5S avrebbe solo attribuito tale facoltà in quei casi in cui l’amministarzione competente non se la fosse riservata in sede di stipula del contratto (e già qui ci sarebbe da discutere sulla diligenza dell’amministratore di turno in sede di negoziazione).
Quanto alla censura di incostituzionalità, oggi va di moda dire che ciò che non piace è incostituzionale. Ma non è così. O si viola un principio fissato dalla Costituzione (e non è questo il caso) o non ha senso tirare in ballo la nostra carta fondamentale.
Proprio per evitare commistioni pericolose, è opportuno che il demanio investa direttamente, soprattutto quando si tratta di rapporti di lunga durata, o comunque che stipuli contratti a breve scadenza con possibilità di intervenire sui termini economici in occasione del rinnovo, eventualmente mettendo in concorrenza fra loro fornitori diversi. In caso contrario, si creano quelle interdipendenze economiche che in politica vanno assolutamente evitate.
La nuova formulazione del’art. 81 Cost. imporrebbe economie di pareggio che anche l’attuale maggioranza mira a perseguire a suon di tasse anziché di risparmi di spesa.
L’eccesso di tassazione sta però ammazzando il tessuto produttivo di questo stanco Paese ed il giacobino che si trova in ognuno di noi, stufo della malversazione e del sopruso, va risvegliandosi in un numero crescente di persone.
La questione degli affitti della Camera rappresenta nuova linfa per l’antipolitica. La classe dirigente attuale non comprende il livello di sofferenza e malcontento che va montando nel Paese. Le conseguenze saranno imprevedibili.
Ah, se alla Camera facessero di conto come te nonna.
Ah, se Grillo non parlasse di euro e di economia (e di impeachment e di proporzionale, of course) ……