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Tutti i colpi di Stato scovati da Berlusconi

Per scherzo, ma non tanto, Silvio Berlusconi ha prenotato a Nicolò Amato un libro sulla sua vicenda giudiziaria analogo a quello che lo stesso Amato ha appena scritto e pubblicato con Rubbettino: “Bettino Craxi dunque Colpevole”. Libro presentato nella sede della Fondazione Craxi con la sua partecipazione, alla presenza dell’autore, della figlia dello scomparso leader socialista, Stefania, e del capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta.

L’ex presidente del Consiglio si è riconosciuto pienamente nel trattamento prevenuto riservato a Craxi dai magistrati, dalla sinistra e da larga parte dell’informazione. Ma ha avvertito che, diversamente da Craxi, di cui ha rivendicato l’amicizia, non lascerà l’Italia, anche a costo di essere arrestato.

Egli ha precisato di non volere per questo criticare la decisione presa nel 1994 dal leader socialista di rifugiarsi in Tunisia, piuttosto che attendere l’esito dei processi e subirne gli effetti. Decisione che, per quanto lui fosse nel frattempo diventato presidente del Consiglio, Berlusconi comprese perfettamente e condivise perché “allora – ha detto – non c’era nulla da fare” di fronte alla situazione che si era creata.

Diversamente dalla situazione in cui si trovava Craxi, alle prese con magistrati prevenuti e con il suo partito socialista ormai dissolto, Berlusconi ritiene di avere ancora una importante partita politica da giocare, per quanto decaduto da senatore per effetto del “quarto colpo di Stato” consumatosi nel giro di vent’anni.

Il primo colpo di Stato è stato indicato da Berlusconi proprio in quello che con le inchieste giudiziarie chiamate “Mani pulite” spazzò la cosiddetta Prima Repubblica decimando i partiti che l’avevano governata, a cominciare dal Psi e dalla parte moderata della Dc. Il secondo è stato indicato da Berlusconi in quello che sette mesi dopo la sua prima vittoria elettorale ne spazzò via il primo governo, fatto cadere da Umberto Bossi su sollecitazione dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, e preparò con la transizione del governo  similtecnico di Lamberto Dini la vittoria elettorale della coalizione dell’Ulivo nel 1996.

Il terzo colpo di Stato, secondo Berlusconi, è stato quello compiuto alla fine del 2011 con la formazione del governo tecnico di Mario Monti, di cui egli fu “costretto” ad accettare l’insediamento, contribuendo poi a sostenerlo in Parlamento, per l’uso strumentale fatto istituzionalmente, politicamente e mediaticamente della crisi economica e della speculazione scatenatasi nei mercati sui titoli del debito pubblico.

Il quarto colpo di Stato è stato indicato da Berlusconi, come si è detto, nella inusuale e rapida procedura adottata per farlo decadere dal Senato, dopo la sua condanna definitiva per frode fiscale, con l’applicazione retroattiva di una legge, quella che porta il nome dell’ex guardasigilli Paola Severino, e  a voto palese.

Diversamente dai tempi della caduta e della decisione di Craxi di andarsene in Tunisia, peraltro in condizioni di perfetta legittimità, prima che ne fosse ordinato dai magistrati il ritiro del passaporto, Berlusconi ritiene che esista ancora in Italia la possibilità di fermare la deriva di quella che Stefania Craxi ha definito “Repubblica giudiziaria”.

E’ una battaglia, quella contro la Repubblica giudiziaria, che Berlusconi ritiene ancora praticabile per il fatto stesso che lui la possa ancora condurre politicamente dall’opposizione, dove ha deciso di collocarsi con il suo partito di fronte alla debolezza secondo lui mostrata anche su questo versante dal governo delle ex larghe intese guidato da Enrico Letta.

In pratica, Berlusconi ha voluto dire che, diversamente da Craxi vent’anni fa, egli dispone ancora non solo di un partito, ma anche di milioni di voti. Non lo ha detto così esplicitamente, forse, per ragioni di delicatezza e di amicizia verso la figlia di Bettino. Che gli ha lungamente stretto la mano durante l’intervento, esprimendogli alla fine piena solidarietà nella battaglia in cui è impegnato l’amico del padre. Un amico che, dal canto suo, le ha riconosciuto affettuosamente il merito e il coraggio di avere fatto della difesa della memoria del genitore il motivo della sua vita e della sua stessa attività politica. E con ciò forse egli ha voluto anche perdonare alla figlia di Craxi la decisione presa nella scorsa legislatura di uscire dal Pdl, nelle cui liste era stata eletta alla Camera, diventando anche sottosegretaria agli Esteri dell’ultimo governo da lui guidato.

Francesco Damato 

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