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I commenti sensati di Violante e Berlusconi sul Porcellum

I troppi mestatori che affollano le trincee mobili dei partiti nella convinzione di poter sempre salvare capre e cavoli, cioè i loro particolari interessi, già tramano per svalutare la decisione storica della consulta. È singolare che, in prima fila, vi siano quegli stessi personaggi che vollero affrettare la decadenza di Berlusconi respingendo la pregiudiziale Casini e che, di fronte ad una sentenza che di fatto dichiara incostituzionale e illegittimo lo stesso processo formativo delle ultime legislature, cincischia chiedendo di attendere le motivazioni, giusto per guadagnare tempo.

Questi signori e signore, poteri forti nel parlamento invalidato, non hanno neppure il senso del pudore. Sanno benissimo che la maggioranza dei giudici costituzionali inclina fortemente a sinistra ma hanno giudicato non per compiacere il Pd che se ne va e quello che viene. Così come ha poco senso logico che Letta, Alfano e reggicoda mediatici, colti di sprovvista da un giudizio che rivoluziona il parlamento e restituisce ai cittadini il proprio scettro da troppo tempo sottrattogli, pensino di potersi assicurare una maggior durata di vita del governo, ridimensionando il patto morale con Renzi sul quale spettegolano tutti i media.

Fra i vari commenti sensati alla sentenza, due in particolare meritano considerazione. Anzitutto quello di Luciano Violante. Che, per quanto attiene alle competenze della politica, intanto prende atto che il sistema connesso alla costituzione del 1948 è il proporzionale, per quindi proporre che, se proprio si volesse ricercare un accordo largamente condiviso, questo dovrebbe prevedere una soglia non inferiore al 40 per cento dei consensi, se si vogliono evitare ulteriori condanne di incostituzionalità.

Poi c’è quello di Berlusconi. Che vinse le prime elezioni con un altro sistema elettorale ma, dando vita nel 1994 a Forza Italia, non aveva nascosto la sua passione proporzionalistica e ora ha evitato di condividere i rigetti radicali di Brunetta e Capezzone. C’è poi un terzo personaggio, oggi emarginato ma che di meccanismi elettorali e di bipolarismo se ne intende, Arturo Parisi, il quale afferma sicuro: “È una sentenza politica. Conferma che un parlamento eletto in base a una legge illegittima è anch’esso illegittimo, e coinvolge nella sua illegittimità tutte la cariche che da esso derivano”.

La questione è seria, serissima. I tatticismi malmostosi dovrebbero essere rapidamente accantonati: per cautela costituzionale e per responsabilità politica e istituzionale. Non dimentichi, la sinistra, che i padri costituenti configurarono un gran numero di norme impregnate di proporzionalismo. Non scordi, la sinistra, che quella che un tempo definì “legge truffa” non fu battuta dagli elettori bensì dai brogli elettorali dei rappresentanti di lista e dagli scrutatori comunisti e missini, mentre la soglia prevista dalla legge per godere di un premio di maggioranza era fissata al 50+1 per cento dei voti validi.
Si rifletta, dunque, con coscienza di causa e badando di non offrire ulteriori argomenti all’antipolitica e a quanti considerano la politica una palestra di astuzie e furberie e non una sede di confronto, dialoghi e alleanze che valgano per tutti, non soltanto per chi è più abile a manipolare le coscienze, i voti e i tribunali. Non ci sono più alibi per guardare al domani certo badando alla stabilità delle istituzioni, ma soprattutto al rispetto del pluralismo politico tipico della società italiana e al diritto di tribuna: che non costituisce una tecnicalità né un contentino per gli emarginati nel voto.

 



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