Il disimpegno non è consentito. Su due questioni fondamentali anche prima del Santo Natale il Governo deve intervenire con forza.
La prima questione che è diventata insopportabile e scandalosa è il bersaglio che è e rimane l’Italia delle agenzie di rating in questo caso parliamo della potente Standard e Poor’s che per l’ennesima volta ci declassa perché punta a massacrare l’euro, consentendo a chi compra titoli del debito sovrano di guadagnare di più. S&P minaccia di declassare l’affidabilità di Generali perché ha comprato troppi titoli del debito italiano, e siccome si dice che l’Italia è sempre esposta al rischio di fallire, ne consegue che Generali fallirebbe a ruota.
Ma vero è che l’Italia non corre il rischio di fallire, ha sempre onorato i propri debiti e, in questi anni di crisi, li ha fatti crescere molto meno di quello francesi o tedeschi e non parliamo di quelli inglesi o americani, inoltre siamo in costante avanzo primario da dieci anni. Non per questo non siamo a rischio. Il rischio c’è e viene dall’euro, dall’ipotesi che riparta la speculazione per scardinarlo, puntando sui debiti sovrani più esposti. Fra quelli il nostro. S&P, insomma, non è una osservatore imparziale come dovrebbe essere, ma la fucina di quel tipo di rischio. La questione dell’Italia sotto tiro è sempre stata evidente. Il vertice di Doville dell’ottobre 2010 fu la dimostrazione della nostra debolezza nel quale ci fu la chiamata delle banche e dei privati a compartecipare al rischio default sovrano.
Nel 2011 siamo stati derisi dall’allora Presidente della Grandeur insieme ad una più composta risatina della Merkel. Poi nel gennaio 2012, quando il debito italiano fu declassato a livello BBB. Fu un modo per mettere in ginocchio l’Italia, assicurare un vantaggio ai concorrenti tedeschi e al loro accesso al credito, e coprire le voragini delle banche francesi. Dunque la mia lucida considerazione è che c’erano colpe, ritardi, qualche incapacità da mettere sul conto del governo italiano e visto che sul gruppo pende un’inchiesta giudiziaria pesante, gli ispettori di Consob e Ivass non ci vedono chiaro e, del resto, gli azionisti hanno appena finito di cambiare i vertici. Dobbiamo dunque vigilare e reagire sapendo che sono sicuramente non simpatici i gruppi dirigenti che finiscono nel mirino dei cannoni speculativi. Ma noi siamo un Paese ancora sano e forte e non vogliamo essere preda di profittatori:noi dobbiamo saper distinguere gli interessi collettivi e nazionali da quelli legittimi di ciascuno.
La seconda questione che affrontiamo oggi è relativa alla decisione della Corte Costituzionale di cancellare con una mossa politicamente salutare anche se tardiva, la legge elettorale vigente e quindi il parlamento che governa. Se la politica lo avesse anticipato con una nuova legge elettorale sarebbe stato meglio ma il cincischiamento e l’incapacità manda il Paese alle urne e dunque la censura costituzionale si intende applicabile e dunque deputati e senatori sono delegittimati ad agire sul piano politico. Dunque la politica voti subito una legge elettorale che sani e restituisca il diritto di decidere e poi chiamare alle urne gli italiani.
Dobbiamo ravvederci operosamente e in fretta rispetto al buonsenso che ci ha fatto dire finora “Letta vada avanti”. Perché rimaniamo convinti che in una democrazia occidentale o è la politica che dà risposte ai cittadini e al Paese o quelle risposte non si daranno e sarà il populismo e i carri armati a darli. Noi siamo convinte che l’aver massacrato i partiti e dunque la politica abbia portato anche al declino. Noi siamo assolutamente convinte che l’attuale sistema politico abbia portato su seggi istituzionali personaggi anacronistici anche attraverso un premio di maggioranza senza eguali nel mondo democratico,noi siamo convinte che un parlamento che non sa legiferare non abbia il diritto di continuare a farci morire.
Dunque si formino nuove alleanze sui programmi con nuove aggregazioni con leadership rinnovate di donne e uomini che abbiano competenze, si dia subito una legge elettorale legittima a questo nostro Paese che aiuti a costruire un nuovo sistema politico. Il tempo è brevissimo perché Governo e Parlamento sono di fronte ad un bivio: se rinviano ancora il varo della legge elettorale, perdono ulteriori quote della residua credibilità, e rischiano di essere travolti dalla piazza; se fanno la nuova legge, aprono le porte alle elezioni. Insomma, comunque vada, le urne si fanno più prossime. Chi vuole uscirne vivo deve sapere che oggi ha una piccola finestra temporale per reinventarsi altrimenti ci penserà il Paese “sciapo e infelice” (la nuova definizione dell’Italia data dal Censis), e saranno dolori, tanti.