La vittoria annunciata di Matteo Renzi, i numeri (più o meno attendibili, più o meno farlocchi) delle primarie del Partito Democratico, il fervore e l’entusiasmo che, sul finire di un annus horribilis, sembrano essere tornati a galvanizzare il popolo del centrosinistra hanno certamente bisogno di un beneficio di inventario. Non foss’altro perché la vittoria di Bersani, l’anno scorso, fu accompagnata da un’ondata di consenso sostanzialmente simile, e il povero pettinatore di bambole ha fatto la fine che ha fatto. Nemmeno l’ancor più straordinaria vittoria di Matteo Salvini nelle meno pubblicizzate primarie della Lega cancella la realtà di una forza politica che ha perso appeal e punti di consistenza, costretta com’è a spararla grossa (la battuta sull’Europa gulag ne è un tragicomico esempio) per notificare la propria permanenza; non può non essere ammirata, tuttavia, la capacità di un partito di congedare nientemeno che il suo padre fondatore e voltar pagina.
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Mentre Renzie fa il pieno di consensi e suggestioni, e mentre l’insopportabile Grillo pompa la litania del suo mantra vaffanculeggiante, l’altra metà del cielo della poltiica italiana, che saremmo noi, incapace di fare primarie e sostanzialmente allergico a congressi provvisti di una soglia minima di serietà, si consola con le convention, per la gioia degli impresari teatrali che sopperiscono così alla scarsa vena del botteghino.
RENZI PRESENTA LA SUA SQUADRA. LE FOTO DI PIZZI
Sono i paradisi degli esperti dell’applausometro, dei compulsatori dei sondaggi, degli indagatori delle sfumature. Luoghi dominati, ieri, ora e in perpetuo, dalla Silvieide, dalla magna epopea di Berlusconi. Che il Cavaliere vi sia in effigie, vi intervenga personalmente, per telefono o a mezzo fax, o vi incomba come presenza immanente, filigrana ed approdo di ogni discorso o prospettiva, fa poca differenza. L’importante è che si consumi la tragedia edipica di Eteocle-Alfano e di Polinice-Fitto, duellanti per un’eredità che il de cuius in realtà si terrà ben stretta. Il tutto mentre il resto di noi si dibatte in microfratture o microscissioni, come quei buontemponi di Scelta Civica, o in fecondazioni in vitro e resurrezioni.
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La destra che dovrebbe innalzare con orgoglio la bandiera del merito, quella di cui il sindaco di Firenze prende in prestito, non sappiamo con quanta sincerità, più di un tema e più di un’indicazione, è intenta alla fascinazione dell’emerito, che è per definizione il passato. Il felice slogan almirantiano della nostalgia dell’avvenire, si è tramutato nella nostalgia del passato prossimo, nella coazione a ripetere.
Il rischio di nullificazione, per un centrodestra che ha molti più vuoti che pieni e molti più voti che proposte, è concreto. Per scongiurarlo pensiamo si debba avere il coraggio di dire che il tema della partecipazione, dei meccanismi di selezione e ricambio della classe dirigente, è primario rispetto a qualsiasi simbolo, aggregazione o cartello. Per questo nelle prossime ore daremo vita al movimento delle “Primarie Blu”. Perché è tempo di partecipazione, è tempo di scegliere davvero.