Nonostante le incensazioni, laiche ed ecclesiali della sua figura (L’Osservatore Romano ha addirittura intitolato un maxi-coccodrillo – e nell’edizione dell’8 dicembre!-: Il mondo piange Mandela), in coerenza alla vita anche il rito funebre di Nelson Mandela è stato quanto di più lontano dal Cristianesimo si possa immaginare. I funerali si sono svolti, come arcinoto, il 15 dicembre a Qunu, secondo la tradizione paganeggiante ed animista dei “Thembu”, la tribù dell’etnia Xhosa alla quale apparteneva e, non bastasse, il leader nero è stato sepolto, come ha pomposamente commentato il quotidiano ufficioso della Santa Sede, «in un’area cimiteriale creata appositamente, circondata da rocce, piante resistenti e dalle aloe color arancio, simbolo del suo spirito indomito» (Il mondo piange Mandela, in L’Osservatore Romano, 8 dicembre 2013, p. 2).
Al rito non ha presenziato l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, come Mandela premio Nobel per la Pace, con tutta probabilità a motivo del suo atteggiamento da tempo critico nei confronti dell’African National Congress (Anc), il partito filo-comunista che Mandela ha guidato per lunghi anni, compresi i ventisei in carcere.
Fra le cinquemila persone autorizzate a intervenire al funerale di Mandela, invece, non è mancato il presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, con boy friend al seguito, che ha raggiunto il Sudafrica grazie a volo di Stato congiunto pagato dai contribuenti italiani. Naturalmente non è mancato l’apposito servizio fotografico della presidenta, adeguatamente fatto circolare su media ed internet (vedasi qui sopra). Se il premier Letta, in qualità di capo di Stato, era stato invitato ed ha partecipato ai riti funebri di Mandela, ci chiediamo: ma la presenza anche del presidente della Camera, era proprio indispensabile ai funerali di Mandela?