Cercare aria pulita per evitare di morire velocemente di smog. Le parole (tranchant) sono contenute nel fondo del direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, che oggi chiede al premier Enrico Letta di “trovare il coraggio di scalare la montagna e tornare a respirare aria buona”. Rammenta di averlo interpellato poche settimane fa al fine di “ascoltare il Paese e di avere come stella polare della sua legge di stabilità il lavoro, l’industria, la domanda interna”.
IL CORSO DEL SOLE
Il quotidiano di Confindustria dunque si conferma come un pungolo all’esecutivo più incisivo rispetto a quello del Corriere della Sera, che ha un atteggiamento più istituzionale verso l’esecutivo Letta sotto l’egida di Giorgio Napolitano. D’altronde il Sole 24 Ore non è nuovo a editoriali aggressivi e ad appelli incalzanti. Si ricorderà quello “Fate Presto” che fu interpretato come una campana a morto per il già morente governo Berlusconi, che lasciò spazio all’esecutivo Monti, salutato come il salvatore della Patria anche, ma non solo, dal quotidiano diretto da Roberto Napoletano. Lo stesso quotidiano economico-finanziario, poi, si è distinto per una delusione non occultata verso risultati e politiche del governo tecnico presieduto da Mario Monti.
SEGNALE FORTE
In cima a quelle richieste il segnale forte dato non da un presente ma da un futuro a cui dedicare sforzi e impegno. In che modo? “Vincolando in modo automatico le risorse derivanti da una buona spending review e dalla lotta all’evasione a favore della riduzione del cuneo fiscale per attenuare disparità competitive abnormi tra le nostre imprese e la concorrenza estera, tutelare il reddito reale italiano e restituire un minimo di potere d’acquisto ai nostri lavoratori”. Ecco i desiderata di imprese e lavoratori, “il cuore profondo di un’Italia manifatturiera che non si rassegna al galleggiamento e, di conseguenza, al declino”.
COME
Tentare di “regalare alle forze vitali del Paese almeno la speranza di un sogno”. Ovvero un percorso credibile per reperire risorse dallo spreco pubblico nazionale e territoriale e impiegarle nel motore produttivo del Paese alleggerendo il peso dei fardelli fiscali-contributivi e “offrendo una prospettiva a una leva di giovani di talento che continuano a fare il giro del mondo per poter esprimere il valore costruito negli anni di studio in Italia”.
DELUSIONE
“Nulla di tutto ciò”, verga Napoletano nell’editoriale di oggi. “Non c’è il sogno, non c’è il tracciato di un percorso credibile, le risorse che verranno ipoteticamente conferite al fondo per ridurre il cuneo fiscale sono destinate, in partenza, ad essere assorbite da “clausole di salvaguardia” e impegni inderogabili e, successivamente, anche quel pochissimo che riuscirà a “sopravvivere” non viene riservato direttamente a lavoratori e imprese ma è destinato a polverizzarsi in mille rivoli su una platea allargata che coinvolge pensionati, professionisti, ogni tipo di lavoro autonomo e di azienda”.
SOGNO NATO MORTO
Così lo epiteta e aggiunge: “Siamo dispiaciuti e delusi, caro Presidente, perché ci ostiniamo a ritenere che la sua esperienza politica e la sua competenza sui temi dell’economia reale italiana non siano compatibili con il populismo di cui è intrisa questa legge di stabilità. La priorità è far ripartire il Paese e un obiettivo così ambizioso non si ottiene elevando l’imposta di bollo sulle imprese, operando odiose distinzioni fiscali tra aziende manifatturiere e agricole, distribuendo a pioggia risorse destinate a sostenere flussi di credito (vitali) per imprese sane ma che vivono da tempo una fase di difficoltà finanziaria”.
VULNUS
Il vulnus è una legge di stabilità “senza regia (avviso di chiamata mai pervenuto al ministro Saccomanni) e figlia non si sa di chi”, prossima a tradire “pesantemente l’interesse generale”. E conclude: “Non si cambia il sentiment di un Paese con il rimbalzo di qualche decimale in più sul fondo del pozzo e basta entrare in un bar, fare un giro in metropolitana o al supermercato, per rendersi conto di qual è l’effettivo stato d’animo degli italiani. Di fronte al male dell’Italia si ha il dovere di dire la verità e l’obbligo di gridare che non è giusto che questo Paese, con tutte le sue contraddizioni e i suoi errori, sia costretto a morire di smog”.