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L’incoronazione del giovane caudillo Renzi

E venne il giorno del neoevangelista Matteo, disceso in campo per rivoltare non solo il Pd ma la penisola intera in modo che l’Italia, con grafia invertita per licenza poetica, si possa leggere da destra a sinistra, cioè all’incontrario. L’inversione è totale, nessuno si ritrae. Baci, abbracci, applausi, sgambetti, trucchetti e bla-bla-bla. Una scenografia da gelido incubo essenzialista. Un palco enorme, svestito d’uomini, piante, fiori e qualsivoglia oggetto distraente, eccetto il box incorporato con microfono per l’Oracolo, il lucumone etrusco fattosi giovane caudillo fiorentino: brillo di gioiosa euforia finalmente parlante da segretario vidimato e indiscutibile. Di sotto, dopo una vastissima, interminabile e inviolabile zona neutra che pare San Siro, le poltroncine dei Mille, il nuovo Popolo Rosso, che potrebbe essere anche nerastro o grigiofumo, per quel che è chiamato a rappresentare e a recitare.

Fuori dal luogo sacro dell’incoronazione, realtà visibile e contraddittoria degli uomini comuni c’è il popolo dei forconi e, più in là, i provocatori professionali, dei centri sociali che non mollano mai, gli indignati, questa volta non contro Berlusconi, ma avverso Letta, il premier espresso dal Pd di Renzi, che lo tiene a bagnomaria finché gli converrà tenercelo, per poi ribaltare anche lui, elezioni europee permettendolo. Anche il meno giovane pisano riscuote il suo applauso da una platea che ormai, essendo compattamente fedele al nuovo corso, non conosce altro modo di esprimersi, neppure un mormorio, un sussurro. Letta mena vanto di essere nei pressi della agognata stabilità (anche se i suoi ministri economici continuano a dare di numeri, facendo felici soltanto i commercialisti, o forse nemmeno loro, costretti a straordinari per comprendere i dettagli di quel guazzabuglio fiscale di cui deve comunque rispondere il comune uomo della strada).

Già la stabilità, la Terra Promessa, di cui ci parlano ogni dì Letta e Saccomanni e che nessun altro intravede. La stabilità per la quale si è giocato a spaccare il centrodestra col miraggio di una lunga e più sicura, anche se ridimensionata, navigazione. Mentre chi vi ha creduto comincia a temere d’essere stato turlupinato, usato per uno scopo losco e gettato a mare come l’immigrato dagli scafisti mercanti d’esseri umani, ora che la pacificazione nazionale è stata mandata al macero. Anzi, i legionari renziani, in tv e sui giornali, s’affannano a negare che quella fosse mai stata la fonte pura del grancoalizionismo, ora giudicato manco fosse un ludibrio delle genti. Adesso che ci sono loro, le giovani mele di Renzi, l’Italia dovrebbe essere salva.

Il popolo inferocito nelle piazze italiane (persino rinforzato dai massimi sindacati dinanzi a Montecitorio) non sembra condividere tante irresponsabili certezze. Come il qui sottoscritto. Che non ha mai scambiato la politica con un propagandismo giornalistico e incosciente, che “infiniti lutti addusse agli Achei”, come disse il sommo poeta della guerra di Troia.



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