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Intelligence e big data, come e quanto incide la politica sul ruolo dei Servizi

Big Data

La valanga di Snowden quando e dove si fermerà nessuno pare lo sappia. Anche la Francia ha scoperto, attraverso un’analisi di Le Monde, che la DSGE fosse parte attiva della gestione dei big data e dello smistamento tra partner, a secondo dei loro fabbisogni informativi e della necessita’ degli alleati Usa nell’interpretazione di comunicazioni provenienti dallo scenario africano in particolare.

UNA STRANA AUTONOMIA
La ritrovata alleanza militare con il Regno Unito poi, pare abbia riportato all’interno dello scacchiere europeo una enorme collaborazione e triangolazione sui fronti antiterrorismo ed Europa dell’Est. Ovviamente i Balcani permangono una criticità nell’intricato posizionamento degli interessi convergenti dell’Alleanza Atlantica nell’area, sia per la dinamicità dei loro attori politici, altalenante tra Oriente ed Occidente, che per l’arroccamento intricato di funzioni e ruoli che la diplomazia e i comandi militari Nato svolgono nella matassa creata più di cento anni dall’Europa coloniale e le sue pressioni contro l’allora Impero Ottomano.
Quel che lascia “basiti” dalle parti di Le Monde è l’indipendente e completa autonomia dell’agenzia dal governo e dal Parlamento. Noi, che siamo abituati all’idea che i francesi avessero una alta concezione della Dottrina di Stato, dobbiamo ricrederci. Mai come adesso l’indipendenza e le capacità di prevenzione strategica delle agenzie di intelligence sono state messo a rischio. A pubblica gogna è stato immolato il Direttore Tecnico Operativo della DSGE, Babier, che non ha che applicato le sue funzioni in base alle normative interne, secretate, fondate dal punto di vista normativo sul rapporto tra Alleati e Trattati internazionali e leggi nazionali vigenti in tema.

IL RUOLO DELLO STATO
Le Monde questo dovrebbe saperlo eppure non lo considera per due ragioni. La prima in nome della privacy e dei diritti umani, sic, la seconda perché pare sia sfuggito il controllo politico sugli organi di intelligence e che la loro autonomia operativa sia poco trasparente sulle funzioni che tali scambi informativi apportino alla Francia.
Da questo scenario emergono tre considerazioni fondamentali sullo stato delle relazioni istituzionali che regolano la presenza degli organi di intelligence.
Il ruolo svolto dalla perdita di autorità politica, ossia del potere, da parte dei partiti e delle coalizioni governative e della completa incapacità gestionale e funzionale del ruolo dei servizi informativi nell’architettura nazionale e internazionale. Nondimeno, le pressioni politiche e geopolitiche sorte dalla valanga Snowden, hanno riguardato quei Paesi dove la tendenza all’annichilimento del consenso politico coincide con l’abbassamento sostanziale del livello di preparazione politica delle élite e dei loro leader, che spiega anche il ripiegamento populista all’interno delle democrazie occidentali ed europee nello specifico. L’esempio delle politiche economiche dell’Unione Europea si incastra perfettamente nello scenario, solamente che vengono dati in pasto ai cittadini i responsabili e competenti funzionari di Stato per aver svolto il loro dovere, invece di aprire un dibattito serio sulla completa ignoranza dei politici e dei loro entourage nella gestione di un stato di diritto e dell’inquadramento istituzionale delle loro funzioni. Persino nel Regno Unito ormai tutti rimpiangono una Thatcher o un Blair.

COLLABORAZIONE FRA AGENZIE
Lo scambio informativo tra agenzie nazionali è essenziale per affrontare la complessità del mondo contemporaneo. L’integrazione della capacità di collezione informativa abbinate alle esigenze del decisore giocano un ruolo preponderante nelle relazioni tra alleati e non solo. L’intricato mondo digitale senza una capacità sistemica di raccolta non potrebbe mai essere dominato. Sugli usi impropri credo non ci si debba soffermare, fanno parte del gioco, ma non dal punto di vista della privacy, sempre strumento caro alla lotta politica attraverso i media, quanto sulle capacità di deception che l’uso dei dati permette alle agenzie nazionali. L’uso strategico dei dati serve a rafforzare l’incisività della propria raccolta a favore della collettività, rappresentato da una scala di valori degli interessi nazionali negli scenari cooperativi internazionali, nelle relazioni bilaterali, nelle reti diplomatiche e nella competitività economica, e perché no all’interno contro le minacce e i rischi di contaminazione sociale, nel controspionaggio, nella infiltrazione antiterroristica e nei movimenti sovversivi ed eversivi.
Altrettanto necessaria sarebbe l’attuazione delle direttive europee sulla realizzazione e l’implementazione di sistemi open data, che offrono trasparenza ed efficienza ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni pubbliche stesse, convergendo l’interesse collettivo in diritto collettivo partecipato.

IL GIUDIZIO DELLA STORIA
Chi dovrebbe occuparsi di tutto ciò si chiama decisore politico, ossia l’autorità di governo e il Parlamento. Chi ha una strategia nazionale gioca cosi, chi non la ha, o per incompetenza politica o per mancanza di sensibilità politica verso una visione di stato altamente performante, meglio che non si rifugga nell’incredulo, la Storia emette sempre giudizio, l’oblio della propria opera.

INTELLIGENCE 2.0
Per ultimo va riservata una considerazione di carattere strategico all’attività di riorganizzazione che molti comparti di intelligence europei stanno subendo. Chi come noi ha anticipato i tempi ha le idee chiare dei propri limiti e delle potenzialità in atto.
La Spagna ha riorganizzato il proprio comparto fino ad arrivare a gestire direttamente la crisi economica attraverso un piano strategico competitivo che pare stia dando risultati.
Vedremo anche se Le Monde vuole anticipare i tempi di una riorganizzazione in Francia.
Invece, quella in atto in Germania sarà maggiormente problematica per tutti, alleati e non, poiché la capacità analitica e informativa della Germania potenza geopolitico economica unita alla competenza multiculturale ed inter-etnica dei suoi giovani porrà grandi risvolti sul grande gioco di riposizionamento globale, e non credo si tratti di soft power. Unita, per ipotesi, all’alta capacità diplomatica e strategica russa, nonché immaginando di integrarla tecnologicamente con il suo know how geospaziale, potremmo finalmente parlare di attuazione del sogno di Haushoffer e della geo-visione di Carl Schmitt, heartland tra cielo, terra e mare, attraverso lo Ius Pubblicum Europeum.

Di tutto ciò si dovrebbero occupare i servizi, ma senza dati, no party, solo “decadance”.

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