Chi l’ha detto che le banche tedesche sono efficientissime e solidissime? L’interrogativo sorge scorrendo un ponderoso rapporto che l’Abi, l’associazione che riunisce le banche italiane, ha pubblicato alcuni giorni fa. Il testo dell’associazione presieduta da Antonio Patuelli fa il punto come ogni fine anno su “retribuzioni e costo del lavoro nelle banche italiane ed europee”: una miniera di dati, tabelle e analisi per addetti ai lavori.
LE FRAGILITA’ DI BERLINO
Ma nelle pieghe dell’analisi, giunta alla ventunesima edizione, si scorgono alcune valutazioni degne di nota e che riguardano, tra l’altro, gli istituti di credito stranieri. Nel “Rapporto 2013 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria”, infatti, nel capitolo sulle ristrutturazioni delle banche europee, si analizza anche la situazione del settore bancario tedesco. I giudizi non sono troppo positivi, anzi: il comparto creditizio di Berlino ha una situazione “non priva di elementi di fragilità”, si legge. I motivi? Innanzitutto, scrivono i tecnici dell’associazione di Palazzo Altieri, “sostanzialmente permangono le criticità delle Landesbanken, ma anche altre banche pubbliche e cooperative di piccola e media dimensione presentano tensioni sul piano reddituale e patrimoniale”.
I NUMERI TEDESCHI
Il giudizio non certo esaltante contenuto sul sistema creditizio della Germania nella ricerca dell’Abi si basa tra l’altro su alcuni aspetti. In primis, “l’elevata frammentazione, e i costi elevati, che per le banche pubbliche spesso raggiungono il 90% del margine di intermediazione”. Ciò fa sì che “al rilevante incremento delle attività finanziarie delle famiglie tedesche (pari al 20% dal 2005 al 2013) faccia riscontro una redditività stagnante del sistema bancario, il cui margine di intermediazione complessivo nel 2012 è risultato esattamente identico a quello del 2005”, come ha anche mostrato un’indagine datata 5 dicembre 2013 svolta da Commerzbank, sottolinea un po’ maliziosamente il rapporto Abi con una nota a pie’ di pagina.