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La Destra che non si vede

I sondaggi demoscopici più recenti non enfatizzano i dati relativi alle formazioni politiche di destra. Ovvero li comprendono in un generico gruppo di “altri” che costituisce un modo per sospettare che i rilevatori non abbiano neppure rivolto domande specifiche sulla destra politica così com’è agli intervistati. Anche per questo il libro col quale Mauro Mazza e Adolfo Urso (Vent’anni e una notte. 1993-2013. La parabola della destra italiana raccontata dai suoi protagonisti, Castelvecchi, € 19,50) ricostruiscono due decenni di storia a noi prossimi nei quali la destra, sdoganata da Berlusconi, merita considerazione anche in settori d’opinione che segnano orientamenti persino del tutto difformi dagli eredi della Repubblica di Salò.

La destra attuale ha tutt’altri connotati rispetto al fascismo repubblicano del 1943-1945. Tuttavia i due autori, notissimi nel panorama politico-giornalistico nazionale nell’indicare le “idee” di riferimento della destra dopo lo smacco elettorale del febbraio 2013, correttamente si rifanno all’Appello agli italiani rivolto il 26 dicembre 1946 dal neonato Movimento sociale italiano: nel quale non si rinnegavano le origini ideali dei “vivi” (cioè i superstiti) rispetto ai “Morti” (cioè gli sbaragliati). L’inizio del cammino dei “vivi”, a loro volta affiancati da energie più fresche specie dopo la scomparsa di Giorgio Almirante e l’esperienza, non brevissima, del Msi-Destra nazionale, viene dagli autori datato al 19 settembre 1992, quando il filosofo monarchico Domenico Fisichella, su “Il Tempo” di Roma, suggerì ai missini di rendersi promotori di una alleanza nazionale per uscire dallo stato di “ghettizzazione politica” in cui versava la destra politica.

Il 25 novembre successivo, un piccolo nucleo di promotori (Urso, Di Napoli, Moscati e Pinuccio Tatarella, unico parlamentare) rese noto un Manifesto nel quale si proponeva una “rifondazione dello Stato” in senso presidenzialista e a “democrazia diretta”; l’introduzione del “referendum propositivo quale strumento diretto di partecipazione dei cittadini”; il “referendum costituzionale quale fonte di legittimità del nuovo patto costituzionale”; il superamento del “vecchio sistema dei partiti”; la difesa dei valori della vita e della famiglia; la riaffermazione della identità nazionale nel quadro di un’Europa delle Patrie, non come convergenza di processi d’integrazione economica; un “nuovo comune impegno di tutte le forze nazionali per dare voce a chi non si riconosce nei vecchi partiti”.

Gli autori danno comunque atto che il nuovo movimento iniziò la sua corsa, dalle “fogne” (come dicevano le sinistre) al potere, grazie a Silvio Berlusconi che, dichiarandosi a favore della candidatura di Fini al Campidoglio, diede a quella corsa “un successo fulmineo, ma basi troppo fragili per essere all’altezza delle speranze di molti”. È opinione di Mazza e Urso che “senza Berlusconi, la Destra politica non avrebbe vinto subito, ma si sarebbe affermata come vera e sola alternativa alle Sinistre”. Ma, siccome “la storia non si scrive con i se”, i due autori riconoscono che il ventennio 1993-2013 è stato vissuto “sotto il segno di Berlusconi: straordinario leader in campagna elettorale, fenomenale comunicatore, in grado di galvanizzare l’elettorato e di recuperare consensi anche quando sembravano irrimediabilmente perduti”.

La vicenda Fini e la sua diaspora del 21 aprile 2010 vengono rivissute dagli autori attraverso un dialogo dal quale emergono le responsabilità dell’ex presidente della camera (un “errore fatale” lo giudica Urso), mentre Mazza enfatizza un’altra fase del distacco tra i due cofondatori del Popolo della libertà: “Quella che vede le donne co-protagoniste della parabola politica del Centrodestra è la pagina più scivolosa”. Utilizzando anche una copiosa documentazione fotografica, (che parte da un comizio di Almirante a Piazza del Popolo a Roma del 24 maggio 1984 e giunge al 28 dicembre 2012 con una foto di Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, al momento della costituzione di Fratelli d’Italia), Urso conclude lo scambio colloquiale con Mazza sostenendo: “C’è bisogno di una Destra che sia insieme patriottica ed europeista, quella che una volta reclamava l’Europa Nazione, che è cosa diversa dall’Europa delle Nazioni”. Pur dichiarando la necessità di “guardare avanti e non indietro” e, dunque, di andare “oltre” il ventennio berlusconiano, il libro prospetta una visione simile a quella che Charles De Gaulle cercò di imporre ad un’Europa riluttante al presidenzialismo e più sensibile ad una partnership con gli Stati Uniti.



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