Come ogni anno siamo qui, in riva al lago, in questo meraviglioso grand hotel. Come ogni anno ci annoiamo, o almeno diciamo così, magari fossi a Santa o nelle foreste del Borneo, ma intanto ci guardiamo intorno a controllare chi c’è e chi non c’è. E gli assenti vengono commiserati: il tale è ormai bollito, il tal altro è caduto in disgrazia e quell’altro ancora non conta più un cazzo. E noi che invece siam presenti, tiriamo un sospiro di sollievo perché facciamo ancora parte del circo. Certo, noi siamo solo spettatori, ma almeno siamo qui dentro, mentre gli altri stanno fuori, vivono ignari e inconsapevoli finché un giorno non sono più in grado di pagare il mutuo e non capiscono perché.
Certo non siamo al G20, non siamo a Davos e nemmeno a Jackson Hole, ma quelli che contano nella nostra disgraziata penisola sono qui, con in più qualche illustre rappresentante della burocrazia europea e finanziaria internazionale. E vecchie glorie sparse, come quel banchiere centrale che fino a due anni fa era perennemente seguito da un codazzo di giornalisti mentre ora, passato nelle file degli ex, se ne sta seduto da solo, ignorato da tutti e per darsi un contegno digita messaggini a ripetizione come un adolescente infoiato. Per contorno, un gruppetto di intellettuali conformisti, tutti economisti. Il mio amico Giacomo ne avvista uno: è seduto al tavolo vicino alla scaletta che porta all’imbarcadero. Con lui c’è un noto comunicatore che rimpiange il vecchio capo perché non riesce a legare con quello nuovo, un tipo che si esalta a dire che le banche non sono opere caritatevoli. L’economista ha appena terminato la sua relazione al convegno a porte chiuse intitolato “La luce in fondo al tunnel”. Vive da anni negli Stati Uniti, dove insegna in una prestigiosa università, impartisce lezioni ai nostri governanti dalle colonne di un quotidiano minacciato di sfratto e si maligna che appartenga a una di quelle sette che vanno per la maggiore fra i divi di Hollywood. Noto per l’arroganza, esibisce una criniera leonina che scuote per sottolineare i passaggi più importanti dei suoi ragionamenti. Abituato a veleggiare in contesti iper sofisticati, madre natura l’ha però provvisto di due mani grosse come badili, segno indelebile delle sue origini contadine.
Giacomo si presenta e mi presenta, così malinconico e trasandato potrebbe sembrare la versione grassa di Roberto Bolano. Una sera, arrivato alla quarta birra, mi ha confessato di essersi stufato di fare il giornalista e di voler passare dall’altra parte della barricata per diventare un banker. Io gli sono scoppiato a ridere in faccia ma Giacomo era talmente ubriaco che invece di mandarmi al diavolo gli è scesa una lacrima sul viso. Uno spettacolo raccapricciante. Il professore dapprima lo guarda con aria schifata, ma poi, sentito il nome della testata per cui lavora Giacomo, gli concede un sorriso stiracchiato. “Vi lascio conversare indisturbati”, si congeda il comunicatore, che ha avvistato il suo vecchio boss e gli corre incontro con aria estasiata, come se fosse perdutamente innamorato di lui. Giacomo tossicchia, si schiarisce la voce, come al solito fatica a ingranare. “La luce in fondo al tunnel”, bofonchia. “La luce in fondo al tunnel”, scandisce il professore con piglio da attore. Segue un silenzio imbarazzante. Sto per intervenire quando Giacomo esce dall’apnea e dice precipitosamente: “Ieri sono usciti i dati sull’occupazione negli Stati Uniti. Poiché sono andati peggio del previsto, la borsa è salita. Bad news, good news, perché se l’economia è ancora debole allora la Federal Reserve non comincerà a ritirare le misure di stimolo già a metà mese. Non è una novità, ma mi ha colpito il commento di Rick Santelli sulla Cnbc: la disoccupazione non scende e Wall Street festeggia, siamo forse diventati una repubblica delle banane?”.
Il professore sorride sornione, passandosi la mano sulla criniera: “Rick Santelli deve fare spettacolo, altrimenti l’audience scende e gli inserzionisti latitano. Il suo è un discorso sentimentale, da libro cuore. Il comportamento delle borse non è cinico, bensì razionale. E’ chiaro che nel breve termine una diminuzione dell’afflusso di liquidità è negativo”.
“Mi sembra però che con la storia della razionalità delle borse si voglia giustificare qualsiasi bestialità”, replica Giacomo con voce un po’ tremante.
“A quali bestialità si riferisce? Mi dica”.
“Beh, l’esempio più clamoroso è quando le grandi aziende tagliano posti di lavoro giustificandoli col fatto che è previsto un calo degli utili”.
“Ottimo modo di procedere. Le aziende devono perseguire la massimizzazione dei profitti”.
“Sì, ma qui siamo al processo alle intenzioni. Premetto che secondo me fino a quando un’azienda è in utile non dovrebbe licenziare nessuno…”.
“Chi lo dice? Lei nega la libertà d’impresa”.
“Non la nego, ma tagliare posti di lavoro in previsione di un calo degli utili mi sembra esagerato”.
“Se lei fosse azionista di quella società non la penserebbe in questo modo perché se gli utili sono in calo scendono anche i dividendi”.
“Io non sono azionista di niente e quindi…credo che la stragrande maggioranza della popolazione italiana sia nelle mie stesse condizioni”.
“Non è così. E mi stupisco che non lo sappia. Lei ha la previdenza complementare, tutti ce l’hanno. E quindi tramite il suo fondo pensioni è sicuramente detentore di azioni. La sua pensione futura dipende direttamente dall’andamento del mercato azionario e dall’abilità dei gestori del suo fondo pensione. Ormai è così per tutti”.
“E quindi dovrei gioire per i licenziamenti perché così mi potrò godere 10 euro in più al mese di pensione?”
“Perché si preoccupa dei licenziamenti? Le ricordo che sono assolutamente funzionali all’efficienza del mercato”
“Ma se fosse davvero così anche in Italia il mercato sarebbe efficientissimo, visto che la disoccupazione continua ad aumentare”.
“In questo caso la avviso che la disoccupazione aumenta proprio perché in Italia il mercato non è messo nelle condizioni di dispiegare tutta la sua efficienza. Sappiamo tutti che è imbrigliato da lacci e laccioli”.
“E’ una storia che sento ripetere da quando sono nato”.
“Per il semplice motivo che non è ne è stato sciolto nemmeno uno. Non vede come è inefficiente il mercato del lavoro? Per le aziende è praticamente impossibile assumere perché è impossibile licenziare”.
“Lo so, è una storia vecchia”.
“Ma vera perché non c’è mai stata una reale riforma del lavoro. Si continuano a proteggere i già protetti e a lasciare tutti gli altri in balìa di tutto”.
“Mi scusi, professore, lei insegna negli Stati Uniti e sa bene che laggiù il mercato del lavoro è molto flessibile eppure la disoccupazione non scende”.
“E’ però più bassa che in Italia”.
“Sì, ma lei sa benissimo che se io perdessi il posto di lavoro in questo momento non ne troverei uno nuovo nemmeno se piangessi in aramaico”.
“Sa quante posizioni vengono lasciate libere in questo momento in Italia?
“Parlo dello stesso lavoro che faccio adesso o comunque di un lavoro in cui porto a casa lo stesso misero attuale stipendio e non uno più basso”
“Ecco, vede qual è il difetto degli italiani? Vogliono essere sempre tutelati. Perché sono mammoni. Perché ignorano la bellezza di poter nuotare nel mare del libero mercato. Gli italiani non vogliono competere perché non vogliono faticare, non vogliono prendersi responsabilità, rischiare in proprio”
“Secondo lei, quindi, l’Italia non farà mai le riforme necessarie?”
“Le dovrà fare. Guardi, io auspico l’arrivo della Troika perché altrimenti la classe politica italiana non avrà mai il coraggio di attuare le riforme”
“Riforme che in pratica significano licenziamenti più facili”
“Non è solo questo. Comunque lei parla come un sindacalista della Fiom. Non la facevo così arcaico”
“Non mi sembra che i risultati della Troika siano brillanti. In Grecia la situazione continua a peggiorare”
“Mi sembra invece che sul fronte dei conti pubblici si comincino a vedere dei risultati positivi”
“Ma la disoccupazione è al 28% e continua a salire. Ormai avrà già superato il 30%. Lei crede che possa tornare a livelli accettabili nel giro di breve tempo. Un’intera generazione rischia di essere esclusa per sempre dal mercato del lavoro”
“Le ricordo che in Europa c’è libertà di movimento. I giovani greci possono emigrare”
“Così la Germania potrà disporre di manodopera qualificata a basso costo: medici, ingegneri”
“Resta il fatto che la Grecia ha bisogno di riforme. Laggiù non ha mai funzionato niente”
“La cosa migliore sarebbe stata quella di non farla entrare nell’euro. Credo che a Berlino e a Bruxelles sapessero bene come andavano le cose laggiù e hanno chiuso un occhio per poter vendere qualche Bmw in più”
“Diciamo che alla Grecia è stata generosamente offerta una chance per maturare e non ha saputo cogliere l’occasione. Ne ha anzi approfittato per tirare ancor più la corda. A un certo punto l’Europa è dovuta correre ai ripari per evitare che la corda si rompesse”
“Ma la medicina che ha prescritto la Troika si è dimostrata essere un veleno. Le cose sono peggiorate da quando sono scesi in campo gli uomini della Bce, della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale”
“Con quei conti pubblici disastrosi tagliare la spesa pubblica è indispensabile”
“Ma si poteva almeno somministrare la cura in maniera più graduale”
“A me sembra che si stia operando con eccessiva gradualità per colpa delle resistenze della classe politica. Purtroppo i parlamentari a volte devono cercare di difendere gli interessi particolari dei loro elettori. La democrazia è inefficiente per definizione. La lentezza del processo decisionale democratico è anacronistica rispetto alla velocità di azione e reazione che richiedono i mercati in questo mondo globalizzato. I parlamenti sono istituzioni obsolete che purtroppo ci dovremo tenere sul groppone ancora per un po’ di tempo. Poco, spero”
“Ma davvero non pensa che la cura da cavallo somministrata dalla troika alla Grecia non sia dannosa? In fondo anche il Fondo Monetario Internazionale ha ammesso che i suoi calcoli sulle conseguenze negative dei tagli alla spesa pubblica sulla crescita economica erano sbagliati. Per difetto, non per eccesso”
“In realtà questo l’hanno scritto due economisti del Fondo in una ricerca che non rappresenta però la linea ufficiale dell’Fmi. Mi consenta però di dire che secondo me una terapia shock è giusta. In una democrazia bisogna spingere la gente all’azione spaventandola. L’unico modo per ottenere un mandato per il cambiamento è attraverso la crisi. Paradossalmente, durante la crisi siamo più efficienti, lavoriamo di più e innoviamo di più. La crisi è necessaria per far ripartire l’economia. Per me la crisi è come un incendio in una foresta, che brucia i vecchi alberi, fertilizza il terreno e fa ripartire la natura”
“A me sembra che la crisi in Grecia abbia bruciato un’intera generazione, che non lavorerà mai e se anche riuscisse a trovare un lavoro avrà in cambio un salario da fame”
“Non tutti possono diventare ricchi. E’ anche una questione di giustizia sociale. Sarebbe profondamente ingiusto se anche gli incapaci e gli ignoranti potessero diventare ricchi, non trova?”
“Mi consenta, a me questa storia dei ricchi ha rotto davvero i coglioni. Siete andati avanti trent’anni a ripetere la teoria del trickle down, facciamo diventare i ricchi ancora più ricchi e vedrete che una parte della loro ricchezza sgocciolerà verso il basso, beneficiando le masse. Beh, tutte le statistiche dicono che non è così”
“Quali statistiche?”
“Le conosce meglio di me. Comunque gliene cito una uscita proprio ieri. Guardi, mi sono messo portato il lancio d’agenzia perché ero sicuro che oggi mi sarebbe servito. Eccola qui: “La crescita dei redditi più elevati supera di molte volte quella di tutti gli altri e questa tendenza storica si è accentuata a livelli stridenti con la recessione globale e la ripresa che l’ha seguita in questi ultimi anni. Guardando al caso americano, sull’1% di redditi più elevati la crescita è stata del 31,4% nel periodo 2009-2012, a fronte del quasi piatto più 0,4% del rimanente 99% di redditi. Di fatto, quell’1% di redditi più alti si è accaparrato il 95% della crescita totale deiredditi nel periodo in esame, secondo uno studio pubblicato da un professore di economia dell’Università californiana di Berkeley, Emmanueal Saez, direttore del Center for Equitable Growth. Negli ultimi trent’anni il mercato del lavoro ha creato molta più iniquità, con i redditi più alti che si accaparrano una larga quota dei frutti dei progressi sulla produttività”. In parte questo stridente divario si può spiegare con il fatto che i più ricchi hanno vasti possedimenti di titoli azionari e finanziari, che durante la crisi e la successiva ripresa hanno conosciuto ampie fluttuazioni. Tuttavia secondo l’economista “sono vari i fattori alla base di questo peggioramento della disuguaglianza, non solo i cambiamenti tecnologici, ma anche l’arretramento di istituzioni sviluppate tra il New Deal e la Seconda Guerra Mondiale, si va dalle politiche fiscali progressive, ai sindacati forti, ai mutamenti normativi riguardo alle disuguaglianze di reddito. Ora come società dobbiamo decidere se questo aumento della disuguaglianza è accettabile ed efficiente, oppure quale combinazione di riforme istituzionali e fiscali servirebbe per contrastarlo”.
“Questo Saez è un relitto del ’68. Le diseguaglianze sono aumentate perché ci sono ancora troppi ostacoli alla libera concorrenza, troppe sacche di inefficienza e categorie privilegiate, anche negli Stati Uniti”
“Devo dire che io mi sono stufato di sentir parlare di riforme. Si tratta di una delle truffe linguistiche che ci propinate da trent’anni. Poiché le cose vanno male, la parola riforme dovrebbe suonare positiva alle orecchie della gente perché indica un cambiamento. Ma il cambiamento può anche essere in peggio. E anzi, le riforme che dovremmo mettere in atto una volta finiti nelle grinfie della Troika porterebbero tutte a un peggioramento della situazione”
“Lei è un tipo proprio curioso. Ma forse ha sbagliato mestiere: lei non è un giornalista, bensì un propagandista”
“E anche un agente provocatore. Mi perdoni se approfitto dell’occasione per poter dire quello che penso veramente, non mi capita mai di farlo”
“Sentiamo fino dove è capace di arrivare”
“Beh, le racconto un aneddoto. Nel bel mezzo della polemica sugli esodati mi capita di fare una vacanza nelle Filippine. Alla partenza da Manila il tassista che mi portava all’aeroporto si è lasciato andare e mi ha parlato della sua drammatica situazione: impiegato in un’azienda a un certo punto della vita gli viene offerto un posto di lavoro con uno stipendio un po’ giù alto. Accetta, ma dopo un paio d’anni la nuova azienda lo licenzia. Solo che ormai ha passato i cinquant’anni e non lo vuole più nessuno. Visto che non ha maturato contributi sufficienti per andare in pensione, alla fine decide di fare il tassista, un lavoro molto stressante nell’allucinante traffico di Manila. A quel punto ho capito perché il governo Monti voleva liberalizzare le licenze dei taxi, perché in questo modo gli esodati avrebbero potuto facilmente fare questo lavoro, così come era successo al tassista filippino”
“Sono sicuro che molti esodati maledicono il fatto che Monti non abbia avuto la forza sufficiente per abbattere i privilegi corporativi dei tassisti”
“Per tornare ad Atene, secondo me la crisi greca è usata come esperimento di laboratorio, per vedere fino a che punto la finanza può spingere verso il basso i salari e privatizzare il settore pubblico. È come nutrire sempre meno un cavallo per vedere se sarà più efficiente, fino a quando le gambe gli si piegano e muore. Però la Grecia è un Paese troppo piccolo. Sarebbe più significativo fare questo esperimento anche in un Paese di medie dimensioni come l’Italia. Ecco perché si vuole che la Troika arrivi anche da noi”
“Ho il sospetto che i suoi discorsi abbiano l’obiettivo di additarmi come un dottor Mengele, ma devo dire che invece mi lusingano perché provano la scientificità dei miei ragionamenti”
“A proposito di scienza. L’economia non lo è affatto ed è ora di finirla con la pretesa che i vostri modelli matematici siano la verità rivelata. Una delle caratteristiche fondamentali della scienza è la predittività: se tengo in mano una mela e poi mollo la presa è sicuro che in qualsiasi circostanza essa cadrà per terra. Mi sembra invece che le vostre previsioni non si avverino mai. Gli economisti che avevano previsto la crisi finanziaria globale si contano sulle dita di una mano, tutti gli altri sono andati avanti a negare l’evidenza fino al fallimento di Lehman Brothers e anche oltre”
“Lei si è laureato in economia?”
“Grazie a Dio no, mi sono risparmiato di dover studiare un sacco di stupidaggini. Tutte formulette che servono a giustificare in maniera pseudo scientifica le più grandi ingiustizie sociali, dove gli esseri umani vengono sostituiti dai consumatori, dei decerebrati il cui unico obiettivo nella vita è quello di venire irretiti dallo shopping compulsivo in un grande magazzino, mi scusi, volevo dire in un mall. Come dice David Graeber, “l’insistenza degli economisti che la vita economica cominci con il baratto, con lo scambio di frecce con pali per tende, senza che nessuno si trovi nella posizione di poter stuprare, umiliare o torturare qualcun altro e che le cose continuino a funzionare in questa maniera, è utopicamente ingenua in maniera quasi commovente”.
“Ah, David Graeber, uno dei teorici di OccupyWallStreet, un movimento miseramente fallito. Se lei andasse a New York non troverebbe più nessun occupante. Inoltre Graeber non è nemmeno un economista, bensì un antropologo, una disciplina costruita sul nulla. O meglio, sul pregiudizio che i selvaggi siano superiori all’uomo bianco”
“Siamo ancora qui a parlare di superiorità dell’uomo bianco. Ma la cosa non mi stupisce. D’altronde è chiaro quale sia l’obiettivo finale delle riforme: la distruzione del welfare state. Questa insistenza sull’insostenibilità del sistema pensionistico e del sistema sanitario pubblico in nome dell’efficienza e della libertà di scelta…se la gente non fosse rincoglionita dal rumore di fondo che arriva dai media mainstream capirebbe facilmente dove voi esponenti dell’1% volete arrivare. Privatizziamo la sanità, così molte cure mediche sarà inaccessibile ai più. La maggioranza della gente tornerà quindi a morire prima dei sessant’anni e il problema delle pensioni verrà risolto in modo naturale…”
“Per quale giornale ha detto che lavora? E’ assurdo che lascino scrivere un ciarlatano estremista della sua specie”
“Ciarlatano sarà lei. Voi economisti mi avete stufato. Pretendete che la vostra sia la verità rivelata. Le conseguenze delle leggi dell’economia che vi siete inventati dovrebbero essere accolte dalla gente con rassegnazione, come capita ai contadini con la grandine, una disgrazia che non può essere evitata. Sei licenziato? E’ il mercato bellezza. Peccato che certe leggi pseudo-scientifiche valgano per molti, ma non per tutti. Voi sacerdoti della religione del mercato volete che la vita degli uomini venga sottoposta alle leggi del mercato perché avete bisogno di schiavi senza cervello, che guadagnano salari da fame e per soddisfare i bisogni indotti dalla pubblicità sono costretti a indebitarsi. Così diventano ancora più schiavi. E la vostra funzione è quella di persuadere gli schiavi che non devono ribellarsi, ma devono anzi essere felici della loro condizione perché Dio lo vuole, o meglio lo vuole il mercato che è il nuovo Dio”
“Basta, i suoi deliri mi hanno stufato”
“Non ho ancora detto tutto”
“O se ne va o chiamo gli addetti alla sicurezza”
Giacomo si alza in piedi, parla con veemenza. Poi mi sembra di entrare in un film. Tutto succede rapidamente. In un lampo il professore afferra il mio amico e lo scaraventa in acqua. Gli ospiti del forum assistono alla scena divertiti, qualcuno scatta foto con l’iPhone. Ignorano, come me del resto, che Giacomo non è capace di nuotare.
Articolo pubblicato sugli “Annali di Eumeswil”