Figlio degli anni Ottanta, del berlusconismo, di una società post-moderna e post-ideologica. È questo Matteo Renzi sociologicamente parlando, secondo Massimiliano Panarari, docente di Comunicazione politica all’Università di Modena e Reggio Emilia e autore del libro “L’egemonia sottoculturale”, che ha disegnato per Formiche.net l’immaginario renziano. Un mondo destinato a rivoluzionare l’immagine di sinistra che ci ha accompagnato fino ad oggi.
Professore, quanto vale l’abilità del comunicare di Renzi in questa imminente vittoria congressuale?
Vale moltissimo. Il personaggio Renzi è la figura del politico comunicatore per antonomasia, fin dal suo affacciarsi nell’agone politico. “Matteo” rappresenta nel Pd l’espressione più marcata della post-politica e della post-ideologia. Non si può pensarlo se non nell’Italia dopo gli anni Ottanta nella quale la crisi della credibilità della politica è accompagnata per un verso alla “performing society”, per l’altro alla personalizzazione e mediatizzazione di chi faceva e fa politica.
Nulla a che vedere con i vecchi segretari di Pci e Ds…
Renzi rappresenta una rottura molto significativa rispetto alle consuetudine e ai leader sia di tradizione comunista che democristiana. Il suo modello è rappresentato dai leader della “terza via” anglosassone come Bill Clinton e Tony Blair. Il modello di partito di Renzi che tutti attendiamo di vedere è irrimediabilmente diverso dalla sinistra fino ad oggi.
Molti in lui vedono tratti di destra infatti, berlusconiani. E’ così?
Penso che Renzi, come Grillo, non possa essere pensato senza la trasformazione della società prodotta dal berlusconismo, il suo lato più socio-culturale che politico. All’interno del programma di Renzi si ritrovano anche elementi di populismo e disintermediazione per la regola sempre più valida secondo cui nella politica post-moderna l’elettore vota qualcuno che vede come lui.
Gli elettori del Pd si rispecchiano in Renzi?
Renzi rispetto all’abito politico per cui diventerà segretario è diverso. Fino a Massimo D’Alema, per semplificare, l’elettore della sinistra italiana non si sentiva come il suo leader, in questo c’è un passaggio agevolato da Berlusconi: è stata esaudita la richiesta di un leader in cui l’elettore può rispecchiarsi. Ciò non è sempre vero ma è la dimensione cognitiva che conta. La caduta della mediazione rimanda alla crisi della mediazione di tutte le formazioni politiche, viene messa in discussione l’idea stessa di rappresentanza che ha il potere.
Renzi è anche molto pop. Nel format di questa campagna congressuale ha inserito i Simpson, Cetto Laqualunque, la musica di Bruno Mars. Qual è il suo immaginario?
E’ un immaginario generazionale, si iscrive nella sua età e in un’Italia successiva agli anni Ottanta. È un mondo molto in comune con Enrico Letta che non a caso si definisce “figlio degli anni ‘80”. Certo, in Renzi c’è stato un cambiamento del tipo di proposta politica che è andato verso la tradizione della sinistra per una questione di posizionamento per le primarie ma il riferimento è senza dubbio quello anglosassone degli ultimi due decenni.
La comunicazione è il punto forte di Renzi ma paradossalmente sembra anche il suo punto debole. Spesso viene accusato di essere “facilista” o “nientista”, direbbe Crozza…
La semplicità è la condizione necessaria per mettersi in sintonia con l’elettorato. L’arte della politica è quella di trovare risposte semplici a problemi complessi. Il punto è che in questo momento in Italia le risposte semplici non esistono, le ricette semplicistiche rischiano di essere scorciatoie cognitive. Anche in questo atteggiamento anti-intellettualistico si evince un tratto in comune, e discutibile per altro, con Berlusconi e Grillo.
Per i problemi complessi meglio un intellettuale come Gianni Cuperlo?
Cuperlo è sicuramente un intellettuale ma rifiuta la post-modernità. In questo è “nobilmente resistente” ma dovrebbe trovare il modo di stare nella post-modernità, magari in maniera critica. Si tratta di un processo di rielaborazione che richiede molto tempo. Sicuramente i due modelli messi in campo da Renzi e da Cuperlo sono fortemente diversi.
E quello di Pippo Civati a che punto sta?
L’orizzonte di sinistra di Civati è più movimentista e ha più tratti di post-modernità rispetto a quello di Cuperlo. E’ sicuramente più conciliabile con il centrosinistra di Renzi, ne rappresenta una perfetta ala sinistra.