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L’incognita Turchia nel Mediterraneo

I problemi della Turchia toccano da vicino l’Italia e gli spazi che entrambe hanno in comune nella convivenza strategica nel Mediterraneo. La crisi interna che sta affrontando Erdogan ha delle radici lontane cosi come il piano Davotoglu ha i propri limiti per la lontananza dalla visione concentrica che ha investito direttamente la politica neo ottomana nel suo prevedibile gioco di riposizionamento strategico.

Partendo dalle radici interne, seleziono due particolari eventi che rappresentano il vulnus della democrazia alla turca. L’attacco lento e sottile contro i generali e il peso storico che essi portavano alla Repubblica è coinciso con altrettanti fattori condizionanti la dimensione della propria storia politico affaristica.

LA FEUDALE STABILITA’

Da una parte un’alta cultura militare e un obbligo verso la stabilità della patria che logora una economia e un sistema sociale fondato sulla perpetuazione di un sistema feudale di gestione delle risorse interne e del mercato, concentrato com’era nel mantenimento dello status quo e nella lotta all’autodeterminazione curda, che crollava insieme ai partiti storici all’affacciarsi della globalizzazione che con la diminuzione del proprio peso militare regionale negli affari internazionali perdeva l’appeal con il popolo.

IL CERCHIO MAGICO

Dall’altra un Erdogan che iniziava la sua ascesa creando un cerchio magico di amministratori locali, funzionari di polizia e imprenditori tenuti ai margini dalle elite dell’industria turca, nonché rincorrendo quei colonnelli dimenticati sui fronti curdi.

I DUE FATTORI ELETTORALI

A spingerlo elettoralmente due fattori: l’abbandono delle economie rurali e il recupero delle popopazioni dei centri remoti stanchi delle sofferenze economiche e della lontananza continua delle istituzioni centrali. Ma l’incognita che nessuno si aspettava era dovuta alla presenza nel suo elettorato di alcune figure popolari in Turchia: i capi delle confraternite sunnite e alcuni mufti legati da tempo ai Fratelli Mussulmani, che muovono milioni di voti nelle province meridionali e centro occidentali.

FOCUS SUI MILITARI

I militari turchi invece, da sempre hanno abbracciato il sufismo e il misticismo sciita legandolo alla laicità dello Stato. Il filo conduttore è la storia dei giannizzeri. Dalla grande congiura dell’Ottocento e dal loro scioglimento e stillicidio si arriva sino alla grande rivincita dei Giovani Turchi, cresciuti dalle ceneri dei Giannizzeri sopravvissuti e dalle scuole dei Gran Visir che governavano le regioni medio orientali e balcaniche tra il ferro e il piombo dei cannoni e i calami e le piume della diplomazia del Grande Gioco geopolitico a cavallo dei due secoli. Non si puo’ comprendere la Turchia senza aver compreso i simboli della storia che fecero grande l’impero e il proprio dominio.

LA MISSIONE STORICA

Il piano di profondità strategica di Davotoglu presentava una novità però, quella dovuta al ritorno onirico alle origini selgiuche, al viaggio mistico della grandezza turcofona dalla Mongolia di Gengis Khan fino al dominio del Mediterraneo e dei Balcani, la miccia pseudo religiosa dell’Occidente. Questa missione storica viene tuttora accompagnata da un rilancio dell’economia turca sia sul piano industriale che sul piano dello sviluppo economico rurale di forte connotazione religiosa, ormai cresciuto di pari passo con il rafforzamento del blocco di Erdogan sul piano politico interno e internazionale.

FINANZIAMENTI TURCHI

La Turchia è subentrata all’Arabia Saudita e all’Egitto quali primi Paesi finanziatori dei Paesi balcanici a presenza musulmana, portando un piano di rivisitazione storica del dominio ottomano e un piano di interventi economici e industriali diffusi. Fino alla dichiarazione di due settimane fa rilasciata da Erdogan a Prishtina in Kosovo, dichiarandolo parte della Turchia e Prishtina una costola di Istanbul, riproponendo quindi, l’idea ottomana dei Sangiacati.

I RAPPORTI GEOPOLITICI DELLA TURCHIA DI ERDOGAN

Chi non si ricorda dell’accoglienza in piazza Tahrir al Cairo di Erdogan e il tono storico del discorso dopo la Primavera farebbe bene a dargli un’occhiata su youtube. Guarda caso sia in Siria, in Libia che in Egitto le prime scosse sono venute da ambienti legati ai Fratelli Mussulmani, con l’affermarsi di questi al Cairo e il fallimento del piano in Siria, ma della discreta tenuta sul fronte di Misurata e Tripoli in Libia, ove sono presenti da tempo con industrie e servizi portuali, universita’ e istituzioni culturali, ospedali e media.

Ma dalle parti di Ankara si saranno dimenticati della storia di Mehmet Ali Pasha, fondatore dell’Egitto e alleato di Napoleone Bonaparte, i cui eredi vivono ancora il Cairo.

LA SFIDA A ISRAELE

La stessa sfida lanciata a Israele, dal punto di vista geopolitico ma non militare, a Cipro sul piano energetico e premendo sull’Iran per non impegnarsi militarmente in Siria e in Iraq, ha dimostrato una ingenuita’ storica e diplomatica: la sottovalutazione del ruolo della Russia e degli Stati Uniti con i paesi propri alleati regionali. La Russia ha sempre sconfitto la Turchia con grandi escamotage diplomatici sfiancandola sulle proprie cerniere ideali. Gli alleati Nato altrettanto non le perdoneranno- credo- l’aver introdotto i sistemi militari cinesi nei confini dell’Alleanza e l’aver tuonato contro il proprio mancato coinvolgimento con l’Iran, a cui subito comunque ha proposto un’area di libero scambio economico insieme all’Iraq. Ora sul piano geoeconomico non si possono sbagliare, pare.

Gli stessi turchi si stanno ribellando all’idea di una Turchia antistorica, irreale e sovradimensionata geopoliticamente dal volto rassicurante del velo di Stato.

L’ERRORE DI ERDOGAN

Il grande errore di Erdogan è stato quello di voler introdurre un modello politico islamico su un modello economico turco, dimenticando che il benessere economico e la mancanza di guida militare non vanno alla pari con la propaganda e le visioni oniriche della storia su un popolo coraggioso edificato su tre grandi Idee: Nazione, Educazione e Identità pluriculturale. Queste erano e saranno il segreto dei punti cardinali di Costantinopoli e Istanbul, tra S.Sofia e Moschea Azzurra di Sinan Elbasani, seduti all’ombra di una quercia e sorseggiando un arnaut kafe’ pluricentenario a Ghezi Park. Il resto è una storia di Asia minore, quasi ieri e non già più, un sogno infranto sul Fanar.

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