Dopo anni di imbarazzi, di pudore, di estrema ritrosia, ho deciso di fare coming out: vorrei votare per le primarie. Lo so, è una perversione paragonabile ad aggirarsi con fare circospetto nei pressi dei bagni pubblici: ma l’invidia che provo verso i miei coetanei del Pd e persino della Lega è molto vicina ad un non voluto voyeurismo politico.
Lo so, i ludi cartacei e tutta quella storia, e l’inganno mediatico di gazebo dove molto in realtà è stato deciso prima ed altrove, e il fatto che il voto delle primarie (e anche quello delle secondarie, in realtà) finisce spesso nel grande calderone delle cambiali in bianco, delle speranze tradite e delle illusioni perdute.
Però non so che farci: le vorrei. Perché sono stanco di plebisciti, elezioni per acclamazione, folle plaudenti e ipnotizzate dal carisma dell’Unico o dell’Unto.
Tanto più perché il carisma è spesso di princisbecco, l’unico è tale perché ha fatto fuori tutti gli altri e l’unzione più evidente è quella degli oliatissimi ingranaggi della corruzione.
Tanto più perché quelli che il carisma ce l’avevano davvero non ci pensavano neanche, a sottrarsi alle forche caudine della verifica del consenso: non con la moda anglosassone e statunitense delle primarie, ma con quello delle elezioni vere e dei congressi.
Se esponenti politici di valore assoluto si sono contesi l’approvazione tessera per tessera, iscritto per iscritto, sezione per sezione, in assise di partito per le quali era prudente scegliere sale con sedie imbullonate, a quale titolo i loro tardi epigoni rivendicano investiture per diritto divino?
Insomma, diciamolo fino in fondo: io voglio votare. Contribuire a decidere, o almeno illudermi di farlo. Decidete voi, incliti dirigenti e fini strateghi, le forme: primarie in grande stile o un congresso in saldo, un caucus o uno straccio di consultazione online. Ma prendete nota che voglio essere attore, non spettatore. Contribuente, non pubblico plaudente.
Fatelo e fatelo in fretta; altrimenti sarete travolti dalla richiesta di partecipazione che viene dalla base del centrodestra e dall’Italia intera. Richiesta alla quale le giovani generazioni, questa volta, non potranno evitare di rispondere. Per questo abbiamo visto e vedremo ancora tanti dei nostri giovani appassionati in fila ai gazebo del Partito Democratico. Per questo dobbiamo intervenire subito prima che l’emorragia diventi fatale per tutto il centrodestra. La cura esiste, dobbiamo solo avere il coraggio di somministrarla al malato.