Alla fine è arrivato il via libera del governatore di Okinawa alla costruzione di una nuova base statunitense per rimpiazzare quella di Futenma, simbolo della presenza militare Usa in Giappone.
Una mossa controversa, che autorizza il trasferimento della base, ma sempre nel territorio della prefettura, mentre gruppi locali avrebbero preferito vedere i marine statunitensi finire di stanza in altre parti del Giappone, come suggerito nel 2009 dall’allora primo ministro Yukio Hatoyama.
Una soluzione, quella di sciogliere definitivamente Okinawa dalla servitù militare Usa, che, citato dall’Associated Press, resta l’obiettivo ultimo dello stesso governatore, Hirokazu Nakaima, rieletto nel 2010 su una piattaforma di opposizione alla costruzione della nuova base.
Anche lui, come già Hatoyama, sembra aver fatto marcia indietro, anche se con alcune precisazioni. “Ritengo sarebbe più veloce trasferire tutto fuori dalla prefettura, dove esiste già un aeroporto”, ha detto nel sottolineare di aver dato la propria autorizzazione perché il progetto teneva conto dei requisiti richiesti per la tutela dell’ambiente.
L’accordo, che prevede il riposizionamento della base a Nago, nel nord dell’isola, in un’area scarsamente popolata, apre a una nuovo riposizionamento delle truppe statunitensi nell’area del Pacifico, e si inserisce nel pivot asiatico del presidente Obama e nel rinnovato interesse strategico per la regione.
Il piano prevede tra le altre misure il trasferimento di almeno 9.000 marine e delle proprie famiglie da Okinawa ad altre basi, tra cui Guam. Allo stesso tempo, sottolinea il New York Times, favorisce l’aspirazione del primo ministro nipponico, Shinzo Abe, a dare nuovo slancio strategico al Paese, con l’obiettivo di contrastare l’influenza cinese.
L’intesa, favorita dalla stesso premier con l’impegno a varare un pacchetto di stimolo per rilanciare l’economia dell’isola, arriva all’indomani della contestata visita di Abe al santuario shintoista Yasukuni, nel quale sono ricordati i caduti per la patria, tra cui anche 14 criminali di guerra di classe A.
La visita ha scatenato la dura reazione di Corea del Sud e Cina, che ha convocato l’ambasciatore nipponico, Paesi in cui è ancora forte il ricordo delle atrocità compite dalle truppe d’occupazione di Tokyo durante la Seconda Guerra Mondiale e la prima metà del secolo scorso. Un nota in cui esprime la propria delusione per la decisione del premier è arrivata anche dall’ambasciata statunitense a Tokyo, con la convinzione che il gesto non faccia che aggravare rapporti già tesi con i paesi vicini.
Quando fu costruita, ricorda il sito Stars and Stripes, vicino ad ambienti militari statunitensi, la base di Futenma si trovava in un area rurale, oggi diventata la densamente popolata città di Ginowan. La presenza dei soldati Usa è contestata dalla popolazione locale. Nel 2004 lo schianto, senza conseguenze, di un elicottero accrebbe i timori per eventuali disastri. Sulla percezione dei militari pesano inoltre il comportamento, gli abusi e le violenze di cui si macchiano. L’ultimo caso risale in ordine di tempo risale al 2012. Nel 1996 il caso più grave: lo stupro di una dodicenne.
Dello stesso anno, anche in conseguenza della violenza, è il primo accordo per il trasferimento. L’opposizione all’accordo resta. Un sondaggio realizzato ai primi di dicembre da un’emittente regionale, ripreso da Bloomberg, mette in evidenza come tre quarti dei 1.076 intervistati ritiene che la base di Futenma debba essere trasferita in un’altra parte della prefettura o addirittura fuori dal Paese. Per il 72 per cento degli intervistati il governatore non doveva firmare l’autorizzazione per la costruzione della nuova base.
“I cittadini che si oppongono alla base ricorreranno a prove di forza come il blocco delle strade”, ha detto il presidente dell’assemblea cittadina di Nago, Yuichi Higa, citato dall’AP. Gruppi di opposizione al progetto, che prevede di trasportare 21 milioni di metri cubi di tera e sabbia da sette prefetture fino alla zona sulla costa e cinque anni per arrivare a finire i lavori, hanno invece già annunciato cause per tentare di cancellare il sì governativo.