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Perché sono esterrefatto del governo Letta

“Abbiamo perso un milione di posti di lavoro, ma nemmeno un assessore”, ha detto Luigi Angeletti, segretario della Uil, presentando il rapporto-analisi del suo sindacato sui costi della politica in Italia. In una quindicina di pagine fitte di dati, lo studio della terza organizzazione dei lavoratori, spiega che il cosiddetto Palazzo succhia risorse per 23,2 miliardi di euro l’anno; 757 euro a testa per ogni cittadino. Gli stipendiati a vario titolo da istituzioni, enti e altre amenità pubbliche sono circa un milione. E costano, spendono, sprecano. Basta una cifra: per le sole consulenze (ma di che consigli hanno bisogna tutti costoro?) se ne vanno ogni anno 2,2 miliardi di euro.

Memorizzati questi dati, ora tornate con la mente a poche sere fa, quando il presidente del consiglio, Enrico Letta, ha dichiarato trionfante in Tv: “Il governo ha deciso di tagliare i costi della politica. È di farlo subito, con un decreto legge immediatamente esecutivo”. Straordinario. Grande sorpresa del pubblico. Il commento più diffuso e stato: “Ha voluto rubare la scena a Matteo Renzi, bruciargli la sorpresina che aveva in serbo per il suo discorso di incoronazione a segretario del partito democratico di domenica 15 dicembre” .

È bastato qualche minuto, un breve approfondimento, per passare dallo stupore alla costernazione. Il decreto di Letta prevede che il finanziamento pubblico ai partiti (peraltro bocciato con oltre il 90 per cento da un referendum ignorato dai signori del Palazzo) sarà ridotto con tutta calma nel corso dei prossimi tre anni e sostituito da un prelievo volontario del 2 per mille da indicare nella dichiarazione dei redditi. In più le donazioni a vario titolo ai partiti godranno di detrazioni monstre, negate a qualsiasi altro destinatario. Ancora: si potranno finanziare, con detrazione del 75 (leggasi settantacinque) per cento i corsi di formazione di politici. È qui bisogna far bene attenzione: se passa davvero una simile norma, occorrerà rinfoltire i ranghi della magistratura, perché la storia patria degli ultimi decenni racconta che alcune della più vergognose truffe sono passate proprio attraverso fantomatici corsi di formazione.

Comunque, per riassumere, le cose stanno così: le tasse vanno pagate adesso, le aziende chiudono i battenti adesso, i lavoratori e relative famiglie finiscono per strada adesso, ma i signori politici si prendono il tempo che occorre per sistemare i loro conti in tutta tranquillità. E come useranno i tre anni di respiro che si concedono? Facile prevederlo. Vareranno alcune leggine speciali salva-funzionari, metteranno su poltrone di enti e società pubbliche i loro protetti (ricordate Giovanna Melandri a capo del Maxi?), e via nepoteggiando. Insomma confermeranno che la cosa pubblica è cosa loro.

Non vi piace? Volete protestare? Fate pure. Vi risponderanno come il marchese del Grillo: “Noi siamo noi, e voi non siete un c….”.

 



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