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Caro Renzi, chapeau ma…

Beneficiando del vizio italico di correre in soccorso dei vincitori, Matteo Renzi ha coronato il suo sogno d’amore: verso se stesso. Certo ha mobilitato folle di elettori impensabili sino alla vigilia; il che implica un indubbio bisogno di partecipazione di una sinistra sempre più alla ricerca del proprio autore. Ma il dubbio che, lanciatosi all’assalto per rottamare il Pd, ne sia invece stato inghiottito, è forte. Dalle parole in libertà si ha il dovere di passare alla concretezza politica. E il terreno della politica, specie dopo gli avvenimenti straordinari emersi nelle ultime settimane – dalla estromissione di Berlusconi dal senato alla abrogazione del porcellum da parte della corte costituzionale – s’è fatto molto più insidioso: per l’esecutivo, per le istituzioni nel loro complesso, per l’ordinamento dello Stato.

Renzi non ha vinto, ha stravinto. Più che doppiando i due concorrenti messi assieme, ha lasciato alle spalle il Pd e lo ha caricato di speranza. Però l’ottimismo della volontà non è un progetto politico; non possiede una chiara visione del domani anche immediato; rimane una scommessa sul vuoto. Il fatto poi – emerso in non poche dichiarazioni televisive di gente comune come di navigati e vetusti uomini della politica – che per il Principe fiorentino abbiano votato anche elementi di destra, provenienti cioè dallo schieramento contrapposto, solleva ulteriori dubbi sulla volubilità di alcuni settori dell’elettorato e sulla capacità dell’eletto di rappresentarli adesso nella maniera dovuta.

Ha stravinto Renzi, ma chi ha perso? La folla nottura che s’è accalcata nelle piazze e nelle strade che vanno dal Duomo a Palazzo Vecchio, esprimeva una gioia comprensibile ed anche un tantino provinciale, neppure volesse rivivere gli onori di Firenze capitale dopo la cacciata di Leopoldo II, il monarca illuminato che fece davvero grande la Toscana. Ha perso Roma? Per certi versi sì, il risorgimento nazionale sembrava essere rivissuto nel lontano passato più che attraverso i palazzi romani della politica coi quali da subito Renzi deve misurarsi.

La sorte ha voluto che il vincitore ha dovuto fare i conti con uno sciopero del trasporto nazionale che non può considerarsi sovversivo solo perché non piace al ministro Lupi o al sindacato più forte che pretende la rappresentanza esclusiva di quella corporazione. Il popolo di Renzi, solo a tratti giovanile – un fatto scontato -, per quel che le tv hanno abbondantemente dimostrato, è composto di classe media, più alto che medio-borghese, dando l’impressione che il tradizionale blocco sociale dei postcomunisti e della sinistra in genere sia radicalmente mutato. Sicché delle centinaia di impegni che il gransindaco ha elargito nei suoi innumeri comizi pre-primarie, non si comprende bene in quale ordine di priorità le renziate compariranno nell’agenda politica; e tanto meno se esse recheranno stabilità o nuove e più gravi generali inquietudini.

Dinanzi ad un indiscutibile vincitore di una prova democratica (questa volta, si spera, priva di quei brogli tradizionali e denunciati nei congressi locali del Pd), non si può che dire: chapeau. Ciò detto, però, le riserve sulle reali proposte di Renzi, più che diminuire, sono aumentate.

 



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