Se il 2013 se ne va sull’onda dell’euforica incoronazione del nuovo ‘capitano’ del Pd, Matteo Renzi e del suo equipaggio: Oscar Farinetti, Flavio Briatore, Diego Della Valle, Carlo De Benedetti, fino ad arrruolare Silvio Berlusconi e Mario Monti, passando per Pope Francy, il 2014 sara’ l’anno di due ricorrenze ‘pesanti’: il 90esimo della fondazione dell’Unita’ di Antonio Gramsci ed il 30esimo della cremazione senza riti religiosi di Riccardo Lombardi. Cosa accomuna questi due grandi pensatori della sinistra italiana? L’acomunismo. L’eresia. Il rifiuto del dogma e della Verita’ rivelata. La ricerca continua di una via d’uscita dallo status quo, dall’ordine costituito. La prassi sostenuta dall’elaborazione di una teoria estrapolata dal marxismo: l’umanesimo, ‘l’uomo e’ per sua natura un essere sociale’. E se Gramsci escogito’ ‘l’egemonia culturale e del consenso’ quale prassi di lotta culturale e politica di conquista del potere, Lombardi costrui’ l’ossimoro ‘riformismo rivoluzionario’, quando il riformista era l’opposto del rivoluzionario. Entrambi rifiutarono il marxismo-leninismo, la rivoluzione armata e la sua degenerazione nello stalinismo, di cui invece fu sempre fedele custode, Palmiro Togliatti che, abilmente cinicamente, maschero’ con ‘la via italiana al socialismo’ di cui fece antesignano, ritornato nel ’44 da Mosca per imporre su ordine di Stalin il ‘governissimo’ del Maresciallo fascista Pietro Badoglio, proprio Gramsci. E segui’ nel ’47 il voto favorevole, insieme alla Dc di Alcide De Gasperi e alle destre, sull’art.7 con cui porto’ il Pci a elevare a norma costituzionale i Patti Lateranensi del ’29 tra Chiesa e Regime fascista: Patti che Gramsci bollo’ come ‘capitolazione’ dello Stato e che Lombardi respinse senza esitazione alcuna, allo stesso modo del ‘governissimo’ con Badoglio. Due grandi ‘acomunisti’ dunque che ancora vivono nella mente di moltissime persone, a parte gli smemorati di Collegno in odio alla loro profonda cultura umanistica, alla loro cristallina onesta’ intellettuale, alla loro ferrea coerenza, e alla loro progettualita’ politica. ‘Egemonia culturale e del consenso’ da una parte e ‘riformismo rivoluzionario’ furono la sfida culturale di Gramsci e Lombardi allo stalinismo, di cui compresero, anzitempo, la ‘violenza’ intrinseca, come del resto del fascismo stesso, senza per questo buttare col bambino l’acqua sporca, ossia salvando il meglio delle geniali intuizioni di Marx: l’umanesimo, ‘l’uomo per sua natura e’ essere sociale’; la lotta per l’emancipazione delle donne che libere dalla “servitu’ domestica” potevano “coltivare le loro capacita’ come membri creativi e produttivi della societa’ e non solamente come riproduttrici [della specie]”; la dialettica: ‘lo sviluppo di ciascuno e’ la premessa per lo sviluppo di tutti’; il contrasto alla ‘alienzazione religiosa’ e allo ‘sfruttamento’. Ebbero amicizie comuni: l’avv Giovanni Ariis, Angelo Tasca, Camilla Ravera, Pia Carena, Giuseppina, Enrico e Tullo Tulli, Piero Gobetti a i fratelli Carlo e Nello Rosselli. Se la storiografia comunista, di marca togliattiana, ha tramandato che a tenere i collegamenti esterni con il prestigioso detenuto, Gramsci, a Ustica, San Vittore e Turci furono la cognata Tatiana e l’economista Pietro Sraffa, oggi sappiamo che tra il 1926, l’anno dell’arresto di Gramsci ed il 1930, l’anno della grande ‘epurazione’ dei comunisti eretici (Tasca, Silone ed i tre, Tresso, Ravazzoli, Leonetti) da parte di Togliatti e Grieco, ci fu anche l’Inge, l’Ingegnere Lombardi: fu proprio l’Inge a progettare l’unico serio tentativo di fuga di Gramsci. Confeziono’ una chiavetta con cui Gramsci, ad un segnale convenuto durante il trasferimento da San Vittore al Tribunale Speciale fascista per il processo, avrebbe dovuto liberarsi delle manette: la chiavetta nascosta in uno gnocchetto di ‘pasta frolla’ gli sarabbe stata recapitata in carcere dalla cognata, Tatiana. Dira’ nel ’78 Lombardi: “[…] Dei dissensi di Gramsci con il Pci avevo notizia attraverso compagni che uscivano dal carcere di Turi […] e’ probabile che Gramsci non si sentisse cosi’ sicuro nei suoi giudizi da tentar di promuovere da lontano un cambiamento di linea del suo partito […] Comunque gli sarebbe stato ben difficile farlo dopo la svolta del ’30 quando il Pci e’ guidato da uno strettissimo gruppo dirigente, centrato su Togliatti e Grieco, con una completa chiusura ideologica, di ferro, verso l’esterno […] Ma questi rapporti vengono troncati una volta espulso Tasca e il gruppo dei tre con i quali avevo un rapporto anche personale piuttosto stretto: la svolta si fece sentire anche in questo,nel volontario taglio di contatti con alcuni compagni di strada”. Insomma, due uomini di profonda cultura umanistica, Gramsci e Lombardi, hanno pagato, e duramente, l’opposizione al fascismo e allo stalinismo: il primo con i due carceri, quello reale di Turi, Ustica, San Vittore e l’altro, piu’ duro, dell’isolamento e dell’indifferenza da parte del partito, il Pci, da lui fondato e dai suoi stessi compagni; il secondo ebbe salva la vita al caro prezzo di un polmone fracassatogli a colpi di sacchi di sabbia ed il suo ‘isolamento’ nel Psi e nella sinistra lo visse negli anni della militanza attiva con il sorriso e l’ironia: isolamento divenuto, dopo il 18 settembre 1984, dimenticanza assoluta. Gramsci e Lombardi, distanti dal ‘consociativismo’, il modo d’intendere e di praticare la politica da Palmiro Togliatti, furono sempre alla ricerca di un socialismo possibile, liberale e libertario, con al centro l’interesse per la persona con i suoi bisogni materiali ed immateriali, che oggi possiamo chiamare ‘bisogni’ ed ‘esigenze’. Due ‘acomunisti’ che non vinsero, ma che non furono sconfitti dalla storia: Gramsci e il suo pensiero, manipolato da Togliatti per farne l’antesignano della ‘via italiana al socialismo’, non prevedeva il consociativismo ne’ il compromesso storico; il pensiero di Lombardi sempre proteso alla progettazione del superamento del capitalismo e dell’alternativa alla Dc, perche’ la Dc, per quanto ripulita, non cessera’ mai – diceva – per gli interessi di cui e’ portatrice di essere il nostro avversario. Il 2014 sara’ anche il 30esimo della morte di Enrico Berlinguer, il teorico, sulla scia di Togliatti, del compromesso storico: politico onesto e rigoroso non si ritrovo’ mai sulla lunghezza d’onda di Lombardi. Il crocevia della sinistra italiana e’ lo stesso degli anni ’70 e ’80, prima della deriva, che dura tuttora, neoliberista: o sceglie l’opzione consociativa o quella dell’alternativa. Tertium non datur! E come replicava all’Oscar della frivolezza l’editore della nuova Unita’, Matteo Fago: “Noi, la ricerca di quella sinistra nuova la vogliamo fare proprio su questo giornale. E finche’ saro’ io l’editore, il giornale sara’ indipendente e sara’ quatodiano’. Come volle il suo fondatore novant’anni fa.