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Sambuca Molinari: quante cose ci dice uno spot

C’è una parte di identità mediterranea che si può rinchiudere in un bicchierino di liquore. I greci, l’ouzo. I Francesi, il Pernod. In Italia, non vi è dubbio: la sambuca Molinari.
L’azienda di Civitavecchia è riuscita, nel tempo, a creare una corrispondenza biunivoca tra la sambuca e il nome della famiglia proprietaria. Grazie a una comunicazione sofisticata e attenta, la sambuca Molinari è diventato un brand affermato in Italia e all’estero. La si può associare a diversi momenti della giornata: a quello in cui darsi una carica, concedersi uno sfizio, condividere un aperitivo con gli amici, fermarsi in pausa, ma soprattutto oggi, al momento in cui si indugia nel vizio come il più navigato dei perditempo.

Per lo spot TV di quest’anno, la Molinari ha scelto come suo testimonial Sua Trasparenza. “Zero immagine, zero corpo, zero look”. Così dice, nello spot, la voce di Mourinho, lo special one, che non comparendo fisicamente evoca la trasparenza del liquore: forte e unico. I tempi sono quelli che sono e la pubblicità si adegua. I testimonial danno la voce ma non compaiono. Del resto, più la loro personalità è mediaticamente ingombrante, tanto più evocarli attraverso la voce stimola l’immaginazione del telespettatore. L’idea della trasparenza non è nuova. La Molinari aveva già utilizzato questa idea con il Signor Franco, personaggio immaginario che animava alcuni spot: uno mentre gioca a biliardo e uno ambientato in aeroporto. Con Muorinho, Mr. Trasparenza acquisisce i connotati identitari del prodotto. Forza e unicità.

Il problema è che mentre la sambuca continua essere il liquore forte e deciso di un tempo perché la sua ricetta resiste al tempo che passa, l’Italia fa sempre più fatica a resistere a sé stessa. Prova ne è il fatto che il testimonial è scomparso. Forse per fuggire dal fisco, forse perché non arriva alla quarta settimana. Fatto è che si è fatto etereo e trasparente come il liquore.
Mentre la Molinari non è cambiata, il paese è cambiato. Al Nord, da tempo non capita più di vedere allungare i caffè degli operai al bar, al mattino, alle 5.45 prima di entrare alla catena di montaggio. E al Sud, in quei bar all’uscita dei paesi, da cui le strade si inoltrano nelle campagne, è sempre più difficile trovare i contadini, in quali, dopo un caffè corretto, inforcano la loro vespa special con tanto di zappa legata nel porta oggetti posteriori e vanno nei campi.

Com’è lontano il vissuto della Dolce Vita, quando la Molinari stregava i divi di Hollywood nei bar di Via Veneto. La sambuca con la mosca, quando veniva servita con due chicchi di caffè che galleggiavano sul pelo libero. Perché, prima di entrare nella quotidianità, la Molinari seppe entrare nei gusti e nei vizi dei vip soprattutto stranieri. Seppe collegarsi ai fenomeni di avanguardia dell’epoca. Giuntarsi al fervore, di idee, in un’Italia che rappresentava un modello apprezzato e imitato da tutto il Mondo.
Poi, come sempre, dall’avanguardia irriverente, sbarazzina e radicale, tutti i prodotti, come vuole il capitalismo, hanno bisogno del gross market. E così ecco arrivare gli spot di Carlo Giuffrè che era la rappresentazione dell’inurbato, del bru bru se vogliamo, colui che si era arricchito e che si poteva permettere l’auto con cui andare a cena fuori con la propria compagna. Negli anni 70 gli spot contribuirono a rendere sempre più popolare la Molinari. Da quelli con Paolo Stoppa e Walter Chiari fino ad Adriano Panatta e Trapattoni, gli spot della Molinari hanno contribuito a far sì che in tutte le case degli italiani, anche nel ceto medio, vi fosse un angolo del salone dedicato ai liquori. E che la Molinari fosse una delle bottiglie che non poteva mancare. Con tanto di ceralacca che faceva tanto vintage.

Gli spot della fine degli anni 80, con il vissuto rassicurante tipico della Milano da bere, segnano l’inizio della fine. Non per la Molinari, ovvio, per il paese. Lo spot mostrava le immagini di una festa, in un salone che era tutto un concentrato di design. La voce fuori campo diceva: “Se giri il mondo, Molinari è lì”.
Quando tutto diventa troppo normale e troppo rassicurante, ahinoi, non vuol dire che le cose non cambieranno mai. Senza un’avanguardia, senza il prorompere continuo di nuove idee, la realtà rimane tale a sé stessa solo nello spot mentre inizia a prendere un’altra direzione nella vita di tutti i giorni.
La scala mobile non basta a garantire certi standard di vita. E mentre oggi si fa sempre più fatica a trovare una scala mobile che funzioni nelle metropolitane e negli aeroporti di un paese in affanno, il claim “Se giri il mondo, Molinari è lì” anziché evocare un movimentato mondo degli affari gravido di opportunità, evoca l’emigrazione.

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