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Shale gas, rischi e potenzialità per l’Europa

A livello mondiale la produzione di gas naturale nel 2012 è risultata pari 3.390 miliardi di metri cubi. Lo sviluppo di nuove tecniche di estrazione, tra cui lo shale gas, ha portato negli ultimi anni, specie negli Stati Uniti, a notevoli cambiamenti nello scenario energetico, attraverso lo sfruttamento di risorse prima inesplorate.

UNA CRESCITA IMPORTANTE
Lo shale gas in pochi anni ha registrato negli Stati Uniti una crescita considerevole in termini di produzione, passando dall’1% della produzione statunitense del 2000 a quasi il 30% nel 2012. La IEA ha stimato che nel 2040
oltre il 50% della produzione statunitense di gas naturale deriverà dall’utilizzo estensivo di questo metodo di estrazione.
Si stima che lo shale gas tecnicamente estraibile dal sottosuolo ammonti a livello mondiale a circa 204.000 miliardi di metri cubi, un valore di poco superiore a quello delle riserve accertate di gas naturale (193.000 mmc). I due terzi delle risorse sono concentrate in soli sei paesi: Stati Uniti, Cina, Argentina, Algeria,
Canada e Messico.

NUOVO POTENZIALE
Lo shale gas ridisegna in parte il potenziale estrattivo delle varie aree del mondo. Il Medio Oriente e il Nord Africa che detengono una quota pari al 46% delle riserve accertate di gas naturale, hanno solo il 14% dello shale gas estraibile, una situazione analoga a quella dei Paesi dell’ex Unione Sovietica che hanno il 32% delle riserve accertate e solo il 6% dello shale gas estraibile. Viceversa il Nord America, che presenta un ammontare di riserve accertate pari al 6% del totale, ha nel sottosuolo un potenziale estrattivo di shale gas pari al 24%.
In Europa la presenza di shale gas, pur limitata rispetto ad altre aree del mondo (7% del totale), risulta pari a circa tre volte le riserve accertate. Le stime sulle risorse di shale gas tecnicamente disponibili in Europa segnalano valori superiori rispetto a quelli delle riserve estraibili di gas convenzionale. La
maggior parte delle risorse risultano concentrate in Polonia, Francia e Romania.

DIBATTITO APERTO
L’utilizzo delle tecniche per l’estrazione dello shale gas ha dato luogo ad ampi dibattiti in merito ai potenziali rischi ambientali e all’opportunità di indirizzare ingenti risorse verso lo sfruttamento di una fonte fossile in un contesto, specie europeo, volto a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili.

LO SCENARIO EUROPEO
In Europa nel 2012 sono stati estratti complessivamente 295 mmc di gas naturale. I principali produttori sono la Norvegia (117 mmc), i Paesi Bassi (68 mmc) e il Regno Unito (42 mmc). L’Italia tra i paesi europei si posiziona al settimo posto con 8,4 mmc.
Le stime sulle risorse di shale gas tecnicamente disponibili in Europa segnalano valori superiori rispetto a quelli delle riserve di gas convenzionale. La maggior parte delle risorse appaiono concentrate in Polonia, Francia e Romania. Rimangono tuttavia ampi margini di incertezza in merito alle stime. La IEA ha recentemente rivisto al ribasso le stime per l’Europa facendo rientrare nel perimetro delle risorse tecnicamente estraibili
solo quelle che rispondevano a una serie di requisiti più stringenti rispetto alle precedenti valutazioni. In particolare non possono essere presi in considerazione giacimenti che presentino caratteristiche degli scisti sconosciute, profondità verticali inferiori a 1.000 metri o superiori a 5.000, risorse di gas naturale e petrolio
convenzionali ampie e non sfruttate.

SFRUTTAMENTO DIFFICILE
In uno studio precedente tra i Paesi europei veniva indicata la Norvegia come uno di quelli più ricchi per fonti di idrocarburi non convenzionali potenzialmente sfruttabili.
Alcune esperienze di ricerca effettuate con scarso successo lungo il territorio svedese hanno tuttavia portato ad un ridimensionamento anche del potenziale di estrazione norvegese dal momento che quest’ultimo presenta una geomorfologia ancora più complessa di quella svedese che rende tecnicamente più difficile lo sfruttamento dei
giacimenti.
Nei Paesi europei l’esplorazione dei territori è avvenuta prevalentemente mediante la costituzione di joint venture tra le compagnie in modo da arrivare a un frazionamento del rischio e a una condivisione del know-how. Nonostante una limitata produzione di shale gas in Europa, i timori legati ai possibili effetti ambientali della fratturazione idraulica hanno alimentato un dibattito anche in Europa. Tra i vari paesi la Francia, che vanta un ammontare considerevole di shale gas tecnicamente estraibile, nel 2011 ha proibito l’utilizzo della fratturazione idraulica anche solo per scopi di ricerca.
Nel Regno Unito esiste un impianto di produzione di shale gas nel Lancashire e altri depositi sono stati identificati nelle colline del Mendips. La produzione nel Lancashire è stata tuttavia sospesa nel 2011, per il verificarsi di alcuni movimenti sismici e il timore che possano essere stati originati dalle operazioni di fratturazione idraulica, anche se non è stato mai provato un legame diretto tra i due eventi.

LE DIFFERENZE CON GLI USA
Nel valutare la possibilità di sviluppo dello shale gas in Europa, occorre anche tenere in considerazione la diversa densità abitativa rispetto agli Stati Uniti. Negli Usa la densità risulta in media pari a 32 persone per kmq, a fronte delle 101 per kmq in Francia, 122 in Polonia, 227 in Germania e 258 nel Regno Unito. In situazioni a maggior densità abitativa, a parità di altre condizioni, l’estrazione di risorse dal sottosuolo risulta più
complessa oltre che più costosa.
Tra l’altro la tecnica di fratturazione idraulica richiede una considerevole quantità di acqua che deve essere trasportata nei siti di esplorazione e usata per l’estrazione del gas causando sprechi e comportando anche costi ambientali non trascurabili. La disponibilità di risorse idriche rinnovabili costituisce un altro elemento di differenziazione rispetto agli Stati Uniti. A fronte di quasi 10.000 metri cubi di acqua l’anno pro-capite negli Usa, in Europa, con l’eccezione della zona scandinava, la disponibilità di risorse idriche è molto inferiore. In Francia e Polonia, i due Paesi con il maggior potenziale estrattivo di shale gas, la disponibilità di risorse idriche rinnovabili risulta pari rispettivamente a 3.300 e 1.600 metri cubi l’anno pro-capite, 1.400 metri
cubi l’anno per il Regno Unito.

IL PERICOLO CHIMICO
Un ulteriore elemento di preoccupazione nell’utilizzo estensivo delle tecniche per l’estrazione dello shale gas è legato all’utilizzo di sostanze chimiche potenzialmente dannose per la salute umana che potrebbero contaminare le falde acquifere presenti intorno all’area di estrazione. Si calcola, infatti, che solo l’80 per cento del liquido iniettato nel foro torni in superficie come acqua di riflusso, mentre il resto rimanga nel sottosuolo.
La regolamentazione europea, ancora disomogenea e poco sviluppata, pone un elevato livello di incertezza alle compagnie, limitando gli incentivi ad effettuare investimenti. Oltre alle implicazioni di carattere ambientale un punto controverso attiene alle diverse posizioni assunte dai paesi a livello internazionale in termini di politiche energetiche.

GLI OBIETTIVI DA CENTRARE
In Europa tra gli obiettivi da centrare entro il 2020 c’è quello di operare una progressiva riduzione del grado di dipendenza dal carbone per la generazione dell’energia elettrica. L’utilizzo dello shale gas potrebbe concorrere a questo risultato, tuttavia si tratta di una tecnica di estrazione legata comunque allo sfruttamento di fonti fossili, che potrebbe apparire in conflitto con l’impegno a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Nel complesso, date le incertezze di carattere regolamentare, economico ed ambientale, le prospettive di una produzione di shale gas su vasta scala appaiono poco probabili. A livello globale, il ruolo che lo shale gas potrà ritagliarsi nell’energy-mix dipenderà da un lato dallo sviluppo tecnologico e dalla dinamica dei prezzi di mercato, che potrebbero rendere più o meno conveniente da un punto di vista economico il ricorso a questa tecnica di estrazione; dall’altro dagli ulteriori sviluppi degli studi sull’impatto ambientale e dalle scelte che opereranno i singoli paesi in relazione alla possibilità di ampliare la propria offerta energetica per sostenere la crescita economica.

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