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Il caso Tivelli e l’ipocrisia del lobbying all’italiana

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Franco Spicciariello della società Open Gate Italia

Una premessa. Al consigliere parlamentare della Camera dei Deputati Luigi Tivelli, personaggio di grande spessore e “lobbista reo confesso a sua insaputa”, va tutta la solidarietà degli altri lobbisti di professione. Ciò perché, senza entrare nel merito degli interessi rappresentati dal consigliere Tivelli (per un 40enne vedere difendere certe pensioni d’oro è un delitto), l’unica imputazione che gli si può rivolgere è quella di un eccesso di leggerezza e disattenzione nel parlare al telefono davanti a testimoni. Perché per il resto Tivelli non ha fatto nulla al di fuori della legge. Forse il punto però, è proprio l’assenza di una legge che regoli la professione lobbistica.

Chi è Luigi Tivelli

Alle spalle oltre 30 anni di carriera, Tivelli è un personaggio conosciuto e rispettato dall’élite politica, amministrativa e mediatica del paese. Famiglia piccolo borghese, figlio di un dirigente di un piccolo ufficio postale, cresciuto sotto l’influenza culturale diMazzini, Cattaneo e della Destra Storica, Tivelli diventa un giovane leader del PRI (Partito Repubblicano Italiano) insieme ad Enzo Bianco, lavorando anche in un’associazione di imprese. A 26 anni, nel 1981, vince il concorso per consigliere parlamentare della Camera dei Deputati, avviandosi ad una carriera che lo vedrà ricoprire molti ruoli: nel 1995 è consigliere giuridico del sottosegretario alla Presidenza Guglielmo Negri nel Governo Dini; consigliere parlamentare della presidenza del Consiglio con Romano Prodi nel 1996, e poi Capo di Gabinetto del Ministero per i Rapporti con il Parlamento, Coordinatore della Conferenza dei Capi di Gabinetto, Portavoce di Ministri e membro di varie commissioni governative. Docente di diritto in varie università, vasta è anche la sua attività pubblicistica fatta di collaborazioni con giornali quali Il Messaggero, Il Gazzettino e Il Mattino (tutti editi da Francesco Gaetano Caltagirone) e 22 libri su temi riguardanti la politica e l’amministrazione.

Tivelli e “Il peso delle lobbies”

Curioso rileggere in questi giorni di polemiche (ipocrite e probabilmente sterili) come proprio in uno dei suoi ultimi libri, “Stati Uniti? Italia e USA a confronto” (Rubbettino, 2009) – scritto insieme al politologo italo-americano Joseph La Palombara – Tivelli affronti il problema de “Il peso delle lobbies”.

Racconta Tivelli, partendo da “L’ipocrisia del lobbying all’italiana“, come ”Chiunque si rechi ad esempio, alla Camera dei Deputati, al quarto piano, sia nelle ore antimeridiane, che soprattutto nelle ore del tramonto, ferve tutta un’attività di tipo ‘crepuscolare’. Il corridoio principale, corredato da busti austeri, nel piano in cui sono allocate le Commissioni parlamentari, specie quando queste sono chiamate ad affrontare questioni rilevanti, ma non solo in queste occasioni, brulica di una serie di signori che con autorevolezza, compostezza e maggiore o minore riservatezza seguono i lavori delle Commissioni”.

“E lì a volte è un via vai tra i parlamentari che escono dalle Aule delle Commissioni e questi signori, dotati di fascicoli dei testi normativi e degli emendamenti, che tentano e in non pochi casi riescono, di tutelare gli interessi delle aziende che rappresentano, vuoi in quanto dirigenti, vuoi in quanto consulente delle aziende stesse. Nulla di male, ma perché non rendere trasparente questo processo? “.

“In fondo – aggiunge Tivelli – per i parlamentari sapere chi si ha di fronte, avere la certezza di chi rappresenta cosa, in una logica di trasparenza, sarebbe molto più funzionale corretto ed efficace”.

Una domanda alla quale sarebbe curioso leggere oggi proprio una risposta di Tivelli, che spiega come “regolarmente, in ogni legislatura, vengono presentati dai parlamentari dei più diversi colori i progetti di legge di disciplina del lobbying […]” destinati “a essiccarsi nelle sabbie mobili parlamentari”. E qui il consigliere Tivelli, in riferimento alla mancata approvazione di una legge, accusa “il mondo delle imprese, anche nelle loro rappresentanze più accreditate”, salvando i parlamentari, che invece hanno da sempre fatto di tutto perché una regolamentazione complessiva non superasse nemmeno l’ostacolo della discussione in Commissione.

Tivelli chiude il capitolo sull’Italia ribadendo l’auspicio di una regolamentazione che consentirebbe finalmente a “gli addetti alle relazioni istituzionali [di poter] finalmente muovere i loro passi nel Corridoio dei passi perduti, o nei corridoi antistanti le Commissioni, con l’autorevolezza e la dignità legata al loro ruolo ufficiale”.

Quale ipocrisia?

Come scritto, nelle attività condotte da Luigi Tivelli alla Camera dei Deputati non c’è nulla di male. L’unico appunto – ma non a lui, semmai alla mancanza di regole relative agli accessi presso i palazzi delle istituzioni – è che visto il suo ruolo di ex consigliere parlamentare, Tivelli ha un libero accesso ad aree invece interdette ad altri (ma non a tutti, dato che i tesserini sono rilasciati su base discrezionale da parte dei Questori, non è noto conoscere sulla base di quali criteri). Lo stesso peraltro accade – non si capisce su quali basi, essendo cessata la loro funzione – a molti ex parlamentari. Va detto che l’ex consigliere, attraverso il suo “Studio Tivelli”, con base a Roma in Via Uffici del Vicario (di fronte agli uffici dei Gruppi parlamentari) proponeservizi di consulenza in maniera molto trasparente, ma – secondo quanto risulta a Formiche.net – lo studio Tivelli è praticamente rimasto inattivo da quando è stato aperto.

L’occasione perduta

Ma ecco che un grandissimo tecnico del diritto e della politica, forse tramortito dal clamore mediatico della sua telefonata registrata e pubblicata su YouTube da un deputato del Movimento 5 Stelle, rilascia una deludente dichiarazione all’ADN Kronos:
Sono solo un ex funzionario della Camera desolato e rattristato. […] Tutto nasce da una telefonata, tra il serio e il faceto, fatta a un amico. […] Lungi da me svolgere alcuna attività lobbistica, per la quale non avrei titoli né incarichi. Credo che scambiare opinioni o impressioni con i deputati sia legittimo per chiunque. […] Non mi è mai passato per la testa di condizionare il comportamento di deputati e tanto meno dei gruppi, in qualsivoglia occasione. Questo è lo stile proprio, non solo mio, ma di tutti quelli che sono o sono stati funzionari parlamentari”.

Frasi ribadite in un’intervista al Secolo XIX, in cui però mette in risalto la legittimità dell’attività di lobbying:

Loro cercavano il ‘lobbista’. Io ero lì perché sto facendo un libro sulla Commissione Bilancio degli anni ’80, sui grandi sfondamenti della spesa pubblica. […] Per questi neofiti dare del ‘lobbista’ è un’offesa tremenda. Io non c’entro perché faccio tutt’altro. Ma chi fa legittimamente quel mestiere va preservato e tutelato.Il direttore delle relazioni esterne dell’ABI, o di una media impresa, o il titolare di uno studio di lobbying sono legittimi rappresentanti di interessi […] Il problema è che la rappresentanza di interessi va disciplinata, come avviene in tutti gli altri paesi occidentali“.

Impeccabile Tivelli, come sempre nei suoi 40 anni di carriera, anche se si dissocia “personalmente” dall’attività di lobbying. Attività che se pure avesse condotto in Parlamento non avrebbe nulla di sbagliato. Quale che sia il ruolo presente o passato di un soggetto infatti, il punto principale è la trasparenza. Ma l’assenza di ogni normativa, come l’eccesso di privilegi per alcuni (ex parlamentari, ex funzionari parlamentari, ecc.), – ed è responsabilità anche di Camera e Senato che potrebbero intervenire anche solo con una Delibera dell’Ufficio di Presidenza – la rende impossibile.

Una chiosa finale su quei deputati che hanno deciso di esporre al pubblico ludibrio un uomo come Tivelli. Se prima di criticarlo (e insultarlo o minacciarlo, in alcuni casi) avessero letto i suoi libri, certamente avrebbero imparato qualcosa. Anche perché gli stessi, pur diffondendo un hashtag quale #fuorilelobby, non risulta abbiano mai (per ora?) presentato un progetto di legge per regolamentare il lobbying, e si dimenticano di avere anche loro a che fare giornalmente con i lobbisti, che sono i primi spesso ad aiutarli a scovare alcune delle nefandezze che poi vengono denunciate su blog e giornali grazie al loro know how tecnico.

Ipocrisia del lobbying all’italiana, appunto.

@fsopengate


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