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Tutti gli appunti della Bce alla ricapitalizzazione di Bankitalia

Poco prima di Natale nel nostro consueto editorialino commentando la frase del presidente Letta che “Non era Babbo Natale “ affermammo convinte che “noi non eravamo i Re Magi” facendo riferimento ai rischi che correvamo secondo le intenzioni dell’assemblea di Banca Italia programmata per il 23 Dicembre che avrebbe dovuto portare a termine una “operazione particolarmente delicata” cioè la rivalutazione delle quote di proprietà della Banca di Italia.

Ma è successo che, come avevamo dubitato, la questione non è stata approvata dalla BCE – Banca centrale europea – la quale ha demolito il decreto legge relativo alla rivalutazione di Banca d’Italia. Allora perché questo silenzio stampa sull’intera vicenda? Per onore di informazione troviamo corretto rendere pubblici i rilievi posti al decreto che in pratica lo annullano. Ma partiamo dai fatti. Una norma contenuta nella legge Finanziaria dà il via libera alla rivalutazione delle quote della nostra cassaforte nazionale giustificando l’operazione in quanto la Banca d’Italia ha un capitale sociale di appena 156 mila euro.

Ma la prima domanda è: perché un capitale così basso quando le banche italiane hanno oro e immobili di loro proprietà? Ma Banca Italia non dovrebbe essere pubblica? E dunque il capitale è divenuto dei proprietari privati delle banche ?Certo quando si dette inizio alle privatizzazioni diverse banche pubbliche passarono in mano ai privati e questi si presero le quote di Banca d’Italia, a dispregio dello statuto che ne prevedeva invece la NON cessione.

Da qui nasce la storia arrivata ora ad un punto veramente imbarazzante per noi rispetto soprattutto alla BCE che ci solleva questioni importanti mettendoci in buca. Intanto ci dice a chiare lettere che Banca Italia ha chiesto un parere, che era obbligatorio chiedere, il 22 novembre e l’Italia ha fatto il decreto, quindi un atto legislativo immediatamente esecutivo, il 27, cinque giorni dopo. Non si è aspettata la risposta tanto che la risposta è arrivata un mese dopo, il 27 dicembre. Quattro giorni dopo l’assemblea degli azionisti Bankitalia (che è stata il 23 dicembre) e inserendo in un decreto la decisione. Altro rilievo: nel decreto la rivalutazione porta il valore di Banca d’Italia a 7.5 miliardi, ma la Bce dice che il valore debba oscillare fra 5 e 7.5. Dunque non sono corrette le modalità di calcolo e non solo la Banca Centrale Europea afferma che “Banca di Italia dovrebbe essere sempre sufficientemente capitalizzata, e trovarsi sempre in condizione di creare, consolidare e ricostituire riserve appropriate e commisurate al livello di rischio emergente dalla natura delle sue attività, incluse le riserve costituite da utili non distribuiti”.

E ancora “Il maggiore patrimonio portato dalla rivalutazione, destinato ad arricchire i bilanci di poche banche, non potrà farsi valere per il 2013, ma neanche per il 2014”. E perché mai? Questo giudizio prima della vigilanza europea ci mette in una difficoltà gravissima. Ci viene il legittimo sospetto che non sia parso credibile che le quote eccedenti il 3% (nel decreto era previsto che nessuno potesse possedere più del 5% delle quote, e che a comprare potevano essere anche banche non italiane, in sede di conversione, non ancora definitiva, è stata cancellata la possibilità degli stranieri che comprano la nostra banca centrale e fissato il limite al 3) potranno essere negoziate, e se non sono negoziabili, se sono solo in conto vendita, non possono essere iscritte a patrimonio per la vigilanza. “Le quote – scrive la Bce – vanno registrate nelle attività detenute per la negoziazione al valore precedente l’operazione” di rivalutazione. Questo perché il decreto “non definisce le modalità di acquisto temporaneo, da parte della stessa banca centrale. .

Ora, però, si spera che il Parlamento abbia il buon senso di salvare la rivalutazione, necessaria e corretta. Questa operazione deve essere fatta presentando conti solidi e portando a valori più alti; predisponendo un assetto proprietario che non cada nell’incredibile “public company” ( come aveva detto invece Saccomanni); tutelando l’autonomia di Banca d’Italia, nonché un lavoro divigilanza assai più efficace e severo di quello svolto dalla Bundesbank; e usando la rivalutazione per portare solidità all’intero settore bancario, e non solo a pochi soggetti. Si può fare si deve fare, ma non sbagliando clamorosamente facendoci prendere per la coppa dalla BCE.

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