Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Quando Sergio Marchionne inizierà a investire in Italia? Vogliamo vedere i fatti dopo tanti annunci. La Fiat si prepara a lasciare Torino. E così avanti con le critiche e i dubbi da parte di quell’Italia che sognerebbe di potersi arroccare nei confini nazionali per evitare le sollecitazioni della globalizzazione. Per loro il numero uno della Fiat è il pericolo pubblico numero uno. L’esponente più attaccato alle cene della gauche caviar romana. Mai nessuno che ricorda il fatto che Marchionne ha salvato la presenza del Belpaese nell’automobile e lo ha fatto senza chiedere salvataggi o finanziamenti pubblici. Senza aggravare il debito pubblico già superiore al 130% del pil. Nessuno che rimarca la differenza con la Francia, ad esempio, visto che i cugini transalpini si ritrovano con lo Stato diretto azionista di tutte le imprese automobilistiche di Francia. L’ultima in ordine di tempo a essere stata ricapitalizzata con soldi pubblici (stranamente a Bruxelles nessuno solleva il problema che potrebbe trattarsi di un aiuto di Stato distorsivo della concorrenza, ndr) è stata la Peugeot nella quale adesso il governo francese detiene ben il 14% delle azioni con diritto di voto.
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LA PARTITA GLOBALE DI MARCHIONNE
Marchionne, invece, ha affrontato la duplice crisi, del comparto motoristico europeo e della Fiat come gruppo autonomo, sfuggendo al provincialismo dei corridoi romani. Non è andato con un cappello in mano a chiedere i soliti finanziamenti statali, né ha brigato per avere la Cdp o la Repubblica italiana come azionista, calando sul tavolo il solito ricatto occupazionale. Il numero uno di Fiat ha preferito giocarsi una partita globale; si è preso dei rischi elevati (del resto quando non hai tanta cassa o tanta carta da utilizzare per fare acquisizioni tante altre opzioni non ne hai) ed è andato a cercare il futuro della Fiat nel mercato automobilistico più competitivo al mondo, quello Usa.
LA SUA STRATEGIA
È vero, non ha investito nel rinnovare il portafoglio prodotti in maniera decisa, ma è altrettanto vero che se lo avesse fatto, vista la debolezza della domanda italiana e la dipendenza delle vendite di Fiat dal mercato nazionale, il ciclo economico non avrebbe di certo ripagato i suoi investimenti. La Fiat di Marchionne, pronta a riportare in borsa anche la controllata Chrysler, oggi è una public company sicuramente internazionale, già forse globale nella cultura del suo management e nel modo con il quale declina la sua strategia e interagisce con la domanda del mercato. Si tratta di un fatto importante per un’Italia troppo incline a piangersi addosso e a dribblare i costi delle ristrutturazioni che la globalizzazione impone.
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IL MARE APERTO DEL BUSINESS
Tra poco Marchionne inizierà anche a creare nuova occupazione in Italia, ma difficilmente le critiche verso di lui diminuiranno, perché ha avuto la sfrontatezza di far capire agli italiani che possono giocare e vincere nel mare aperto del business.