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Così Renzi può far cadere Letta

“Renzi premier ora, perché no?”. È il tema lanciato da Formiche.net con il commento del prof. Benedetto Ippolito. Solo un’idea, per ora, giustificata dalla totale predominanza su tempi e agenda della politica del nuovo segretario Pd rispetto al suo compagno di partito nonché presidente del Consiglio Enrico Letta. 

Renzi ha sempre ripetuto di non volere fare le scarpe al suo amico Enrico, ma una frase lanciata ieri in riferimento a ipotetici franchi tiratori sulla riforma elettorale è eloquente: “Se faranno fallire la riforma elettorale senza metterci la faccia, allora si affosserà la legislatura”, ha detto il segretario del Pd.
Già, ma Renzi ha il potere per farlo? Sembra di sì, a giudicare dai numeri in Parlamento analizzati dall’agenzia Public policy.
Gli equilibri nel partito come al Senato e alla Camera sono notevolmente cambiati grazie all’effetto “carro del vincitore” che le ultime primarie hanno prodotto. Allo sparuto gruppetto di renziani duri e puri arrivati a Roma lo scorso anno si è aggiunta una notevole quantità di parlamentari di varie correnti democrat.

SENATO
Così, a Palazzo Madama, i 12 appartenenti al nucleo originario hanno visto in pochi mesi accodarsi un’altra quarantina di senatori folgorati sulla via di Firenze. Ora sono 50 su 108 nel Pd: rappresentanti di Areadem guidata da Dario Franceschini, popolari vicini a Beppe Fioroni, molti veltroniani e qualche bersaniano.
Facendo due conti, se questi 50 senatori democrat si unissero ai 60 di Forza Italia, ai 50 del M5S (più 3 dissidenti), ai 15 della Lega, agli 11 di Gal e ai 7 di Sel, si arriverebbe a una quota che varia tra 193 e 196 persone. Ovvero molte più di quella che servirebbe per far cadere Letta, 161 è infatti il quorum dell’Assemblea.

CAMERA
Quaranta i deputati renziani della prima ora a Montecitorio. Qui oltre un centinaio ha scelto di sostenere il nuovo segretario tra cui veltroniani, prodiani, ex Margherita. Dei 300 democratici quindi circa metà ora si professa a favore del nuovo leader Pd. Anche a Montecitorio, se aggiunti alle file dell’opposizione (106 M5S, 67 Fi, 37 Sel, 20 Lega, 9 Fdi), potrebbero decretare con facilità la fine dell’esecutivo: 316 i voti necessari, 389 quelli ottenuti sommando queste cifre che Renzi sicuramente conosce molto bene.


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