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Giancarlo Leone celebra il matrimonio tra Pupi Avati e la Rai

“Un matrimonio”, atto finale. E per una volta il riferimento non è a una separazione o a un divorzio, bensì a uno strepitoso (e meritato) successo. Stiamo parlando del film per la televisione firmato dal maestro Pupi Avati, che è andato in onda su Raiuno. Ieri sera l’ultimo episodio ha tenuto incollati al piccolo schermo 5,5 milioni di spettatori. In generale, le sei puntate hanno fatto registrare ottimi ascolti, in media circa il 20 per cento di share. Tutti, dal regista agli attori fino alla rete, si dicono molto soddisfatti. Formiche.net ha fatto una piacevole chiacchierata con il direttore di Raiuno.

Giancarlo Leone, entusiasta dell’ottimo riscontro avuto dalla serie tv, racconta i segreti della fiction mandata in onda sulla rete ammiraglia della tv di Stato e anticipa alcuni dei progetti messi in cantiere, per i prossimi mesi, in Viale Mazzini.

Direttore, perché “Un matrimonio” è piaciuta così tanto al pubblico?
“È una storia pulita e autobiografica, in cui il nostro pubblico facilmente si immedesima. Parlare di matrimonio in televisione oggi non è usuale, anzi. È stata una scelta coraggiosa, sia da parte di chi ha lavorato con e per la fiction, sia per chi ha deciso di darle credito e di trasmetterla”.

Perché Raiuno ha deciso di mandare in onda la serie tv?
“Il tentativo era quello di avvicinare la televisione al cinema, cosa che, per la verità, non succede tanto spesso. Infatti, Pupi Avati non faceva fiction sulla Rai da decenni. Credo che l’ultima sia stata trasmessa negli anni Settanta e per un paio di puntate, non di più”.

La tv deve quindi assimilare un po’ della qualità cinematografica?
“La fiction deve innovarsi nelle tecniche e nei linguaggi, avvicinarsi sempre più alle pellicole del grande schermo. Di questo sono convinto. E se guardiamo “Un Matrimonio” vediamo che è scritta, girata e recitata come se fosse un film per il cinema”.

È previsto un seguito o magari un prequel?
“Essendo una storia autobiografica al momento non si è parlato di alcunché. Certo, se Pupi, che ha una grande fantasia, riuscisse a orchestrare con la sua bravura qualcosa d’altro, sarà premura di Raiuno e di RaiFiction vagliare la proposta”.

Le fiction di Raiuno stanno facendo molto bene. Da “Il Commissario Montalbano” a “Don Matteo”, fino appunto a “Un matrimonio”. Come spiega questo successo?
“Nel sistema televisivo odierno, la forza della fiction risiede nel racconto. Infatti, con la moltiplicazione dell’offerta televisiva e l’avvio di un numero imprecisato di canali, il pubblico è quasi spaesato. Mi spiego meglio: esistono molti programmi, centinaia di format fatti di canovacci e contenitori, la cui durata non va oltre i 40-50 minuti. Si racconta quindi sempre meno. Lo spettatore invece ha bisogno di appassionarsi alle vicende e di seguire lo sviluppo logico e ben articolato di una storia”.

Quindi il vostro merito è solo quello di mandare in onda un racconto?
“Penso che un merito, o meglio una fortuna della Rai – insita nella nostra tradizione – è il rapporto ampio e diretto che abbiamo con i produttori. Possiamo scegliere tra numerose proposte di qualità, questo è uno dei nostri valori aggiunti. La forza della Rai risiede quindi nell’apertura al mercato e nella pluralità dei soggetti con i quali interagisce”.

Sappiamo che “Un Matrimonio” era stata proposta già 6 anni fa in Rai, ma l’abbiamo vista in onda solo quest’anno. All’epoca c’era stato forse un problema di costi?
“Sinceramente non so. Non mi occupavo di Raiuno allora, sono direttore da poco più di un anno. Personalmente posso dire che, appena ho saputo che c’era la possibilità di mandare in onda “Un Matrimonio”, l’ho colta al volo e abbiamo anche cercato di scegliere anche il momento migliore per trasmetterla”.

In che senso?
“Nel senso che sarebbe stato controproducente mandarla in onda contro una fiction della concorrenza già ben avviata o, per esempio, contro dei programmi forti di Raidue. Abbiamo cercato quindi di darle la collocazione che ci è sembrata più appropriata”.

Sempre in tema serie tv, è vero che tornerà “Un medico in Famiglia”?
“Sì, nella primavera di quest’anno. Sempre tra marzo e aprile, tornerà anche “Fuoriclasse” con Luciana Littizzetto”.

Invece, come prodotti inediti, cosa vedremo?
“Tra i progetti più belli ed emozionanti c’è, secondo me, “Braccialetti Rossi” il cui filo conduttore è il rapporto che i giovani hanno con la malattia”.

Non crede possa essere un po’ troppo drammatica?
“No, perché oltre alle difficoltà della malattia viene fuori l’entusiasmo e la voglia di riscatto che questi giovanissimi hanno e che, senza paura, mettono in campo”.

Qualche altra anticipazione?
“Avremo qualche altra miniserie. “Non è mai troppo tardi” che racconta la storia del maestro Alberto Manzi e del suo famoso “non è mai troppo tardi” da cui nasce il titolo”. Il protagonista sarà Claudio Santamaria. Poi ci sarà “Il Giudice Meschino” con Luca Zingaretti, che racconta il ruolo delicato ed essenziale dei magistrati impegnati nella lotta alla mafia e poi “L’Oro di Scampia” con Beppe Fiorello”.

Tutto questo sarà in onda dopo Sanremo?
“Sì, e ritenteremo la collezione “Un caso d’amore” composta da una serie di tv movie incentrati tutti sulla commedia e sul sentimento”.

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