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I numeri di Santacroce sulla giustizia

Pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito su l’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

Anche nella giustizia vale la regola del buon giornalismo: i dati separati dalle opinioni. Ma c’è poco da commentare sui numeri elencati dal primo presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, nella tradizionale inaugurazione dell’anno giudiziario. La durata media di un processo è di cinque anni. I furti e i fallimenti sono aumentati notevolmente, frutto avvelenato della crisi economica. La corruzione resta pressoché impunita, troppe volte dichiarata estinta perché prescritta. E, in compenso, le carceri straripano di detenuti che vivono male la loro pena, e che spesso potrebbero scontare altrove, comunque in maniera umana, le colpe per le quali sono stati condannati. Fa perciò un certo effetto, e diventa quasi una metafora di questa giustizia impotente, che sia proprio il presidente Santacroce a sollecitare l’indulto come soluzione all’emergenza nei penitenziari.

Del resto, mentre si segnalano anche il confortante calo degli omicidi e una diminuzione (peraltro impercettibile: il 4 per cento) delle cause civili arretrate, che restano un’enormità, non si contano le inchieste della magistratura sulle “spese allegre” nelle Regioni. L’ultima? In Abruzzo. Tutte inchieste che sono ormai diventate un triste giro d’Italia a caccia di chi l’ha combinata più grossa coi rimborsi elettorali.

La relazione del presidente con tutte le sconfitte di una giustizia che fra tempi lunghi e cavilli-boomerang finisce per non essere percepita come “uguale per tutti”, accendendo un mare di polemiche in nome delle parti e dei partiti, aiuta anche a far vedere dove sia la radice del male: nella comprovata e perdurante incapacità del legislatore di pensare e approvare una riforma “dalla parte dei cittadini”.

E perciò l’incapacità di capire il danno anche economico che discende dall’ingiustizia civile, se i tempi sono da lumaca. L’incapacità di cogliere lo smarrimento della società a fronte dell’incertezza della pena, di pene leggere o prescritte, di delitti e reati poco perseguiti anche quando vengono individuati. Per troppi anni, il tema della giustizia s’è invece ridotto a una contesa da alta sfera: come risolvere il problema dei rapporti sempre più tesi fra parti delle toghe e parti della politica (“una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati”, secondo lo stesso Santacroce). Ma una grande riforma dovrebbe essere ispirata a un approccio ben diverso: che fare in Parlamento per rendere la giustizia sempre più un servizio di legalità per tutti i cittadini. Sono le prime parole di ogni sentenza: “In nome del popolo italiano”.

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