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Il futuro demografico del mondo islamico

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Il fenomeno della contrazione della natalità nel mondo islamico, con tutte le sue conseguenze sul piano economico, della stabilità e dei flussi migratori futuri risulta tutt’oggi oscurato dalle analisi socioeconomiche sull’altro grande fenomeno della demografia moderna che è l’invecchiamento dell’Europa.

Nel mondo islamico e nel mondo arabo la transizione demografica è però un fatto. Secondo dati delle Nazioni Unite relativi ai due lustri campione 1975-80 e 2005-10, la fertilità complessiva del pianeta è calata del 35% circa. Quella dei paesi dove l’Islam è la religione maggioritaria, del 40% circa. Nel lustro 2005-2010, l’Iran presenta una natalità di 1,8 figli per donna, la Turchia di 2,1 e l’Egitto di 2,8, livelli ben diversi dai rispettivi più di 6, più di 4,5 e più di 5,5 del lustro ’75-’80.

Il caso della tendenzialmente laica Tunisia è particolarmente interessante: nei due quinquenni di riferimento è passata da più di 5,5 a circa 2,5 figli per donna. Nel meno laico Oman si è passati da poco più di 8 a meno di 3 figli per donna. Siamo davanti a un calo della fertilità approssimativamente del 60%, un dato che colpisce, in quanto più incisivo di quello vissuto in Europa nello stesso periodo.

Un’analisi basata sui soli dati relativi alla natalità assoluta e all’aumento demografico netto complessivo sarebbero fuorvianti. Nei paesi dove l’Islam è religione maggioritaria nascono tendenzialmente più figli che in Occidente. Non solo: sono società dove i comportamenti riproduttivi dei decenni passati comportavano una natalità ancora più alta.

Il risultato complessivo ci presenta società molto più giovani di quelle europee, dove quindi vi sono più donne in età riproduttiva e quindi anche il potenziale demografico è maggiore. La reclusione della donna ai ruoli domestici nonché la minor diffusione del benessere che comporta minori investimenti sull’istruzione dei figli hanno influito e influiscono sugli aspetti demografici.

Tale immagine è però incompleta se non vista in prospettiva. Nelle società islamiche la fertilità sta calando e a ritmi rapidi. Il gran numero di giovani è spesso corrispondente ad un gran numero di disoccupati, non in condizione di creare un nucleo famigliare ed anzi propensi a immigrare ritardando l’età matrimoniale.

Il benessere economico complessivo e gli investimenti nell’istruzione, specie in quella femminile, sono cresciuti andando a costituire un quadro sociale in mutamento che spiega il forte cambiamento dei comportamenti riproduttivi delle società islamiche.

Attualmente le società del mondo islamico sono quindi società giovani, caratterizzate da una tendenza a un aumento demografico complessivo nel medio-breve termine, da una certa tendenza alla mobilità dei flussi migratori e all’instabilità politica: molti giovani desiderosi di benessere, ma costretti a competere per pochi posti di lavoro.

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Amedeo Maddaluno è analista geopolitico.


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