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La fame salverà i giovani italiani dai loro coetanei cinesi. Post da Abu Dhabi airport

Un incontro di lavoro al quale ho partecipato per definire un accordo di collaborazione per un progetto che si realizzerà quest’anno in Gran Bretagna, vedeva seduti al tavolo il presidente di una azienda cinese con i suoi quattro giovani collaboratori e dall’altra parte alcuni esponenti di un importante gruppo emiratino. L’atteggiamento assunto dai giovani dirigenti cinesi mi ha offerto lo spunto per un paio di semplici riflessioni ed una considerazione finale.

La prima: il denaro degli altri – o la ricchezza altrui chiamatela come volete – è un utile punto di riferimento e può diventare un valido strumento al fine di realizzarlo per chi ne ha meno, poco o al limite nulla, ma al contempo è mosso dal desiderio, dall’ambizione e dalla determinazione di poterne fare. Quei giovani cinesi si sono dimostrati preparati, conoscevano a fondo tutti gli aspetti del progetto e le modalità della sua realizzazione, erano consapevoli di essere ospiti in casa d’altri, delle aspettative, delle dimensioni e dello status dell’interlocutore arabo, rispettosi quindi della cultura, tradizioni ed abitudini, compresa quella di concedersi innumerevoli pause che è una caratteristica del loro modo di gestire gli incontri d’affari. Siglato l’accordo, due di loro dal prossimo mese di marzo si trasferiranno in Inghilterra per almeno quattro anni, gli altri due faranno base ad Abu Dhabi.

Chiacchierando poi con loro a cena – erano più rilassati una volta scemata la tensione ed in parte il rispettoso formalismo – ti raccontano di quanto si sentano privilegiati perché hanno avuto l’opportunità di frequentare l’università (si badi, privilegio nella loro concezione, non diritto…), scopri quanta eccitazione ci sia in loro per aver conseguito l’obiettivo e per la nuova vita che li attende in Europa, pongono con crescente curiosità mille domande su Londra e Milano – ovviamente identificando quest’ultima come il paradiso delle firme della moda – e traspare evidente la soddisfazione per quello che sarà un adeguamento al rialzo del loro compenso che oggi si aggira attorno al corrispettivo di circa 1.100 euro al mese. Si, millecento euro al mese ed il contratto di lavoro a tempo indeterminato è un qualcosa di intraducibile non concependone loro nemmeno l’idea.

Da questo, conseguenza naturale è la seconda riflessione che è poi uno spontaneo confronto con i nostri giovani. Di quei quattro cinesi mi hanno colpito il desiderio, l’ambizione e la determinazione. I primi due sono stati d’animo che nonostante tutto e direi fortunatamente ancora riscontro nei giovani italiani, laureati e non, quando mi capita di confrontarmi con loro. Per la verità, mi succede meno di cogliere la stessa determinazione da parte loro a volersi mettere in gioco, di essere disponibili a rischiare e scommettere su se stessi, magari di voler adottare il paradigma che data la giovane età sia preferibile accumulare dapprima esperienza e relazioni da unire alla preparazione ed al talento – che sulla carta assicurano di possedere – per poi patrimonializzare il tutto in reddito (leggi denaro) grazie al merito che quando c’è, statene certi, prima o poi viene fuori ed è volutamente ben pagato, in Italia come all’estero.

La considerazione finale non può risolversi quindi che in una domanda: dove sta la principale differenza tra i nostri e quei giovani cinesi incontrati ieri ed i moltissimi altri in rampa di lancio in Cina? E’ nella fame, fame che manca alla maggior parte dei nostri, quella fame che deriva dalla loro forma mentis di aver vissuto lo studio come un privilegio e non un come un diritto acquisito, quindi dall’umiltà nell’approccio iniziale con il lavoro e la voglia caparbia di anderselo a cercare ovunque nel Mondo. Una visione di se stessi proiettati nel futuro che li conduce a voler realizzare il sogno di arrivare a cenare in un ristorante stellato da 300 dollari a Dubai o di poter comprare un abito firmato a Milano.

E’ con quella fame di realizzazione personale, ricchezza e benessere che rende agili, scattanti, determinati e ricettivi agli stimoli che i nostri ragazzi devono e dovranno confrontarsi, competere e convivere in un piccolo mondo. Molti, purtroppo e senza false ipocrisie, ne sono sprovvisti ed in gran parte dobbiamo assumerci la responsabilità noi genitori spesso troppo apprensivi e propensi a far passare tutto e di più: c’è davvero da augurarsi che siano migliori di noi e le loro giovani e ricettive menti reagiscano in fretta perché alla fine, è pur vero che il denaro non basta per essere felici, tuttavia se c’è male non fa e d’altro canto, la miseria non è mai stata e mai sarà sinonimo di felicità.



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