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L’ambiziosa Ipo statunitense di JD.com, il numero due dell’e-commerce cinese

JD.com, numero due del settore e-commerce cinese, secondo soltanto alla corazzata Alibaba, ha presentato la richiesta per una offerta pubblica iniziale alla Securities and Exchange Commission, la Consob statunitense.

L’obiettivo è raccogliere 1,5 miliardi di dollari in quella che diventerebbe la più grande IPO negli Stati Uniti di una società cinese legata a internet. Nel 2005 lo sbarco di Baidu, il più grande motore di ricerca cinese, raccolse 122 milioni di dollari.

PRIMA DI ALIBABA

I 1,5 miliardi dell’Ipo di JD.com saranno destinati ad acquisire diritti sui terreni, alla costruzione di nuovi depositi e all’ampliamento della propria rete di distribuzione. Perché la società fondata 10 anni fa da Richard Liu Qindong, conosciuta fino a pochi mesi fa come 360buy.com, fa dei suoi 82 magazzini, delle oltre 1.400 stazioni di distribuzione e del proprio servizio di consegna, una delle leve per fare concorrenza ad Alibaba, il colosso fondato da Jack Ma, numero uno del settore.

Quello dell’e-commerce è un settore in espansione in Cina, il cui mercato potrebbe superare a breve quello degli Usa Nella sua fetta di mercato JD.com, specializzata nel business-to-consumer, conta 35,8 milioni di account di clienti attivi e, nei primi nove mesi del 2013, secondo i dati presentati, ha smaltito oltre 211 milioni di ordini.

IL PRINCIPE SAUDITA

A febbraio dello scorso anno ha attirato l’attenzione del principe saudita Alwaleed bin Talal, che ha investito 400 milioni di dollari e la cui Kingdom Holding, riporta il South China Morning Post, si è premurata di detenere il 5 per cento della società prima della quotazione.

Una delle preoccupazioni della dirigenza di JD.com, dicono fonti citate da Bloomberg, è che l’offerta pubblica iniziale si sovrapponga a quella dei rivali di Alibaba. Un’eventualità da evitare perché, scrive il New York Times, con un valore di 130 miliardi di dollari potrebbe superare quella di Facabook.

IL NODO DELLE AGENZIE DI REVISIONE

Come sottolinea il Wall Street Journal, uno dei rischi dell’operazione è legato alla società di revisione che ha in mano i conti di JD.com: la PricewaterhouseCoopers Zhong Tian LLP, con sede a Shanghai. Si tratta di una delle filiali cinesi delle quattro maggiori agenzie di revisione contabile sospese negli Usa per la poca chiarezza sui bilanci delle società d’oltre Muraglia quotate a Wall Street.

La SEC ha decretato la sospensione per sei mesi di Kpmg, Deloitte & Touche, PricewaterhouseCoopers e Ernst and Young per non aver fornito informazioni accurate, come stabilito lo scorso 22 giugno dal giudice Cameron Elliot. Le quattro hanno trasgredito al Sarbanes-Oxley Act, non consegnando documenti utili per indagare su eventuali frodi delle società quotate.

Da una parte c’è il rispetto delle regole statunitensi, dall’altra le agenzia di revisione devono fare i conti con Pechino che considera quelle informazioni segreto di Stato. Le quattro hanno fatto ricorso e la sospensione non è ancora esecutiva, ma le ambizioni di JD.com potrebbero risentire di tutta la vicenda.



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