Premesso che non ritengo quello delle preferenze un sistema migliore o peggiore in assoluto, trovo stupefacente che questo sistema non costituisca il punto di partenza del dibattito, nell’istante in cui si va a modificare una legge elettorale, in un contesto dove, per anni, si è spregiativamente parlato dei parlamentari come squallidi nominati invece che come nobili eletti.
Un atteggiamento sprezzante e certamente non privo di fondamento che ha accomunato la quasi totalità dei cittadini e che è anche stato strumentalmente utilizzato dai capi partito per chiudere la bocca a quei pochi parlamentari che, nonostante tutto, hanno cercato di interpretare il proprio ruolo con la coscienza critica dell’uomo leale, ma libero.
Cosa vuoi tu?
Chi ti credi di essere?
Sei solo un nominato, mica un eletto.
Vota che Ruby è nipote di Mubarak e non rompere.
Adesso basta.
Lo ripeto: le preferenze non sono affatto il sistema migliore, sono solo un sistema possibile.
Se però in questo Paese è rimasto un briciolo di coerenza, dopo anni di screditamento populistico dal basso e di screditamento cinico e interessato dall’alto della figura del parlamentare, si opterà allora per il sistema delle preferenze, con quanto di buono e di cattivo esso comporta.
In alternativa, si troverà una mediazione accettabile e condivisibile sui collegi uninominali; ma di certo, mi auguro, non si avrà la sfrontatezza di far passare come riforma, o, come piace dire oggi, come “cambiamento di verso”, il comico passaggio da un sistema in cui vieni eletto perché sei primo in lista invece che ventesimo ad un sistema in cui vieni eletto perché sei il primo in lista invece che il sesto.
Ma per favore!
Detto questo, veniamo poi a due “dettagli” ulteriori non da poco.
Primo: la soglia che fa scattare il premio di maggioranza al primo turno va alzata dal 35% perlomeno fino al 40%, facendolo così passare da un massimo del 18% a un massimo del 13%.
Perché è ridicolo ritenere pacificamente costituzionale una legge che, così, come è adesso, assegnerebbe un premio di maggioranza pari a più del 50% dei voti validi conseguiti dal primo classificato.
Un premio massimo pari al 33% dei voti validi conseguiti è già assai significativo.
Ricordiamoci poi che alzare questa soglia non significa rendere meno facile la governabilità, ma solo rendere meno facile prendere il premio di maggioranza senza vincerlo, come in verità sarebbe giusto che fosse sempre, in un ballottaggio al secondo turno.
Per cui mi pare chiaro che non stiamo parlando di ostacoli frapposti dalla nobile esigenza di garantire governabilità al Paese, ma dalla gretta necessità per qualcuno di costruirsi una legge elettorale a suo uso e consumo.
Secondo: vanno rese più ragionevoli le soglie di sbarramento per le liste in coalizione e le liste singole.
Soprattutto la soglia dell’8%, per le liste non in coalizione, è semplicemente vergognosa.
Per le liste che vanno in coalizione, invece, prima ancora di entrare nel merito della adeguatezza della soglia, ritengo debba valere il principio che il risultato di coalizione si calcoli computando esclusivamente i voti presi dalle liste che superano lo sbarramento.
Perché è escludendo le liste che non superano lo sbarramento dal computo del risultato di coalizione che si elimina realmente il problema della proliferazione delle micro-liste.
Altrimenti si arriva all’assurdo che i voti dei cittadini ai partiti minori sono resi inutili quando si tratta di consentire ai cittadini di avere una rappresentanza che hanno liberamente scelto di votare, mentre sono magicamente mantenuti utili quando si tratta di consentire al capo coalizione di vincere e portarsi a casa il premio di maggioranza.
Ma ri-per favore!
L’insieme di questi fattori – liste bloccate, premio di maggioranza pret à porter e soglie di sbarramento per la rappresentanza dei cittadini, ma non per l’utilità dei leader – disegna un testo a mio avviso buono solo per cominciare finalmente a fare sul serio, ma da modificare e in profondità.
Concludo con tre considerazioni rivolte, rispettivamente, a ciascuno dei due promotori dell’accordo da cui è scaturita questa meraviglia di testo base ed alla mia area politica di naturale appartenenza.
A Silvio Berlusconi dico che questo Parlamento non è quello del 2005 e se lo può scordare che voti con bovina placidità un testo palesemente concepito per continuare ad avere parlamentari deboli e per rendere quasi impossibile rappresentare ideali, diversi da quelli che già trovano rappresentanza nelle forze di centro-sinistra, se non al prezzo di essere suoi vassalli e tanto meglio se servi sciocchi che contribuiscono al risultato di coalizione e poi nemmeno entrano in Parlamento.
A Matteo Renzi dico che, se in astratto riuscire a chiudere un accordo, laddove nessun altro prima è riuscito, costituisce giustamente un motivo di orgoglio e di meritato consenso, quando però in concreto l’accordo lo si chiude perché il 95% del suo contenuto è tarato su misura delle esigenze della propria controparte, allora ci si candida autorevolmente quale prossimo testimonial degli spot pubblicitari con il divertente slogan “ti piace vincere facile”. Della serie: così sono capaci tutti.
Alla mia area politica di naturale appartenenza – quella dei cittadini più attenti alla sostanza delle proposte che non ai decibel dei toni; quella dei cittadini che vogliono provare a dare un contributo al rinnovamento della politica del Paese in spazi liberi, dove non sia per forza necessario mettersi in fila dietro ad altri che pretendono precedenza solo perché c’erano prima; quella delle persone genuinamente liberali senza essere assurdamente liberiste – dico che la nostra agibilità politica non è comunque appesa a soglie di sbarramento che, alte o basse, è giusto e doveroso prevedere, ma alla capacità di riunire e mettere insieme i mille rivoli in cui è oggi dispersa la nostra straordinaria forza e passione civica.
E a questo, da oggi, anzi da ieri, bisogna lavorare.
Enrico Zanetti
deputato di Scelta Civica