Nella notte di Capodanno, Napolitano è apparso alla maggioranza dei telespettatori come un vecchio esponente della Casta, inadeguato a fornire le soluzioni adeguate ai problemi complessi del Paese, in gran parte creati, con l’ex dirigente del Pci di Togliatti silente, dai capataz della partitocrazia. La scuola delle Frattocchie ha formato buoni “quadri” del “partitone rosso” ma le sue lezioni, i suoi artifizi retorici, come la lettura delle suppliche dei cittadini, appartengono ormai alle polverose, e non sempre gloriose, pagine della storia italiana.
Quanto alla definizione (“calunniosi”) degli attacchi di Marco Travaglio al Quirinale, è apparsa abissale la distanza tra la concezione del silente e felpato parlamentare campano di lungo corso del Pci, dal lontano 1953, e quella delle moderne democrazie, laddove la funzione della stampa non nell’ossequiare i potenti, o intervistarli in ginocchio, ma nel “morderne” le caviglie, viene considerata essenziale.
Il Capo dello Stato- è avvenuto in tempi recenti in America con Clinton e in Francia con Chirac e Sarkozy- non “condanna” le critiche nè le inquadra in presunti complotti. Ma, al contrario, le affronta, nel merito, e, se è in grado di farlo, le confuta. Al fine di diradare le ombre e restituire trasparenza all’istituzione che, pro-tempore, è chiamato a presiedere.
In generale, nella notte del 31, è apparso chiaro il declino di Napolitano che, soprattutto a causa della mediocrità degli altri attori del teatrino politico, in questi 8 anni, soprattutto nell’ultimo, ha servito il Paese, in una fase molto delicata. E ha evitato che a Palazzo Chigi ascendesse il modesto post-comunista Pigi Bersani. Ma si è attribuito supplenze, ha assunto decisioni e ha accentrato sul Colle troppi poteri, che la Costituzione non affida al Presidente.