Riceviamo e volentieri pubblichiamo
E con il via libera arrivato ieri da parte della Camera dei Lords alla “Lobbying Bill” proposta dal Primo Ministro britannico David Cameron, sono ora 23 i paesi al mondo (di cui 11 europei), oltre all’Unione Europea, ad avere norme che regolano l’attività di lobbying.
L’ORIGINE DELLE NORMATIVE
Quello delle normative sul lobbying è un processo che parte da lontano, e che vede la sua prima vera affermazione negli USA col “Federal Regulation of Lobbying Act” del 1946 (sostituito nel 1995 dal “Lobbying Disclosure Act” e dalle successive modifiche volute anche dal presidente Obama con l’Honest Leadership Act). Ma, in particolare a partire dagli anni 2000, anche l’Europa ha iniziato a marciare verso lo stesso obiettivo, sotto la spinta di una richiesta da parte di cittadini, imprese e organizzazioni internazionali (con OCSE e ONU in prima fila) di una sempre maggior trasparenza della politica. E gli stessi lobbisti, contrariamente ad un’errata opinione comune, sono assolutamente favorevoli (come dimostrato da un sondaggio dell’OCSE del 2009) ad una regolamentazione del settore, che garantirebbe loro certezza del diritto per la loro attività e una legittimità che certamente aiuterebbe anche l’aspetto business.
LA SITUAZIONE ITALIANA
La situazione italiana sul tema è purtroppo nota. Circa 50 progetti di legge e un ddl del Governo Prodi tra il 1976 ed oggi hanno portato al nulla di fatto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta più volte si speso in favore di una legislazione adeguata, ma uno scontro tra i Ministri Quagliarello e D’Alia – interventi con due progetti contrastanti – e la forte opposizione dell’ex Ministro De Girolamo (che paventò addirittura un “ritorno all’Unione Sovietica”) in Consiglio dei Ministri lo scorso luglio, ha fatto finire tutto in un mandato al Ministro delle Politiche UE, Moavero Milanesi “di fare un esame comparato con i principali paesi europei“.
Essendo ormai passati sei mesi, e dopo un ulteriore intervento televisivo del presidente Letta poche sere fa, come aiuto al Governo abbiamo pensato potesse essere utile rendere noto l’esame comparato che il Governo (ufficialmente, è chiaro) non ha ancora realizzato. Ecco quindi di seguito un quadro delle norme esistenti sul lobbying nei vari stati dell’Unione Europea ed europei in generale.
LE NORMATIVE SUL LOBBYING IN EUROPA
GERMANIA
Il primo paese a normare l’attività di lobbying è stata la Germania, il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato poi nel settembre 1972. Il registro è volontario, e non è designato come un registro dei lobbisti di per se. Infatti, è primariamente un sistema che regola l’accesso agli edifici parlamentari. Inoltre, include solo organizzazioni e non individui, non include informazioni finanziarie sulle risorse impegnate, mentre invece impone di comunicare soggetti rappresentati e le questioni su cui l’organizzazione lavora. La norma riflette la tradizionale cultura tedesca del coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza (principalmente dell’industria e i sindacati) e delle fondazioni nel sistema decisionale pubblico. Sono di conseguenza assenti dal registro le società di lobbying. Al 24 gennaio 2014 erano 2148 le organizzazioni registrate.
La Germania inoltre presenta dei registri anche a livello di lander. Brandenburgo e Renania-Palatinato ne hanno istituito uno nel 2012, mentre Berlino e l’Assia dovrebbero averne uno a breve.
AUSTRIA
L’Austria è il paese con la regolamentazione più recente. Nel 2012 ha adottato un stringente regolamentazione dell’attività di lobbying con una norma denominata “Lobbying- und Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz” (Legge sulla trasparenza di lobbying e rappresentanza di interessi”. Il Bundestag austriaco ha approvato una norm che impone un registro obbligatorio per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate ad influenzare la legislazione o le politiche pubbliche. L’obbligo riguarda anche le organizzazioni di rappresentanza . Tra i dati da includere nel Lobbying- und Interessenvertretungs-Register, gestito dal Ministero della Giustizia, sono inclusi: l’identità del lobbista, i clienti, le questioni su cui il lobbista lavora e i contatti con i funzionari pubblici (Ministri, parlamentari, dirigenti della PA). La gran parte di questi dati è disponibile al pubblico via web. Inoltre, i lobbisti debbono impegnarsi a rispettare un Codice di Condotta incluso nella norma generale, la cui violazione può portare alla sospensione dal registro e quindi dalla possibilità di esercitare l’attività. La norma è in vigore dall’1 gennaio 2013. Al 29 gennaio 2014 risultano essere 231 i lobbisti o le organizzazioni iscritte al Registro austriaco.
OLANDA
Sempre nel 2012, nel mese di luglio, la Tweede Kamer der Staten-Generaal, la Camera Alta del Parlamento d’Olanda ha introdotto con un proprio atto un Lobbyistenregister che prevede un sistema di accessi (uno per organizzazione) alla Camera. Il Registro distingue tre categorie di lobbisti: rappresentanti di società di consulenza di PR o public affairs; i lobbisti delle associazioni di rappresentanza, e quelli delle municipalità e delle province. Al 13 gennaio 2014 erano 78 i lobbisti rappresentanti di società o organizzazioni iscritti nel Registro olandese, che prevede una disclosure limitata di informazioni, ma aiuta a regolamentare l’accesso, tema assai sentito da parte di istituzioni e lobbisti.
FRANCIA
Anche la Francia presenta una regolamentazione assai leggera a seguito dell’istituzione di un Registro dei lobbisti presso l’Assemblee national e il Senat. Come in Olanda, la registrazione consente ai lobbisti un accesso diretto alle sedi delle due camere, Palais Bourbon e a Palais du Luxembourg. A seguito di recenti aggiustamenti (il rapporto Sirigue del marzo 2013), le informazioni contenute nel registro sono molto più abbondanti: oltre ai nomi dei lobbisti debbono infatti essere rese note le risorse assegnate da una particolare società o ONG; le società di consulenza sono invitate a fornire i nomi dei loro clienti e le ONG le fonti delle donazioni e sovvenzioni. Inoltre, ci sono più filtri prima dell’iscrizione (che può essere respinta), è stato limitato l’accesso ad alcune aree mentre è stata data la possibilità ai lobbisti registrati di ricevere degli alert o inviare contributi sulle norme. Le relazioni individuali tra parlamentari e lobbisti non sono condizionate dall’inclusione di quest’ultimi nel registro (sarebbe incidere sulla libertà dei parlamentari). E’ previsto un Codice di Condotta. Al 28 gennaio 2014 risultano essere 237 i lobbisti registrati. Più limitato è invece il registro del Senato. Rimane infine il buco nero dei rapporti tra lobbisti e Governo. E’ possibile che però presto venga istituito un registro unico presso l’Haute Autorité pour la transparence de la vie publique che ha come mission anche quella di dare indicazioni sui rapporti tra lobbisti e amministrazione pubblica.
L’EUROPA DELL’EST AVANZA
Diversa è la situazione dei paesi dell’ex blocco sovietico, dove più si è sviluppata una regolamentazione dell’attività grazie alle spinte delle OCSE a supporto del processo di democratizzazione, anche se principalmente in un’ottica di politiche anticorruzione.
LITUANIA
La Lituania è stato il primo paese dell’Est ad adottare una legge sull’attività di lobbying il 27 giugno 2000 (entrata in vigore l’1 gennaio 2001). La legge determina cos’è l’attività di lobbying, un lobbista (inteso solo come il consulente) e il suo cliente; prevede il controllo sulle informazioni fornite e una serie di sanzioni per la violazione della norma. La legge definisce attività di lobbying quella condotta dietro compenso mirata ad influenzare l’adozione, la modifica, l’integrazione o l’abrogazione di atti normativi. La legge è stata però scarsamente applicata, e ciò perché le ONG e altri soggetti hanno rifiutato di essere integrati, anche per un processo culturale che deriva dal ricordo del regime sovietico che tendeva ad inquadrare nel sistema e schiacciare ogni rappresentanza della società civile.
POLONIA
La Polonia ha approvato una norma che regola l’attività di lobbying e impone un registro obbligatorio nel 2005. Tra i principali elementi della norma la definizione di “attività di lobbying” e il tipo di lobbisti (come la Lituania, la norma si applica ai soli consulenti), le procedure di registrazione e la tarsparenza, e le sanzioni in caso di violazione della norma. Una particolarità della norma polacca è che impone ai funzionari governativo di mantenere un registro dei contatti coi lobbisti da rendere pubblico annualmente. La norma, nata in un’ottica restrittiva ha però nel tempo subito delle modifiche ispirate alla promozione del buon governo e della trasparenza dell’iter legislativo. Un punto importante infatti è che il Governo ogni sei mesi deve pubblicare il programma del lavoro legislativo e i termini per chiudere la discussione sulle bozze normative, inoltre vengono date indicazioni agli uffici su come cooperare al meglio coi lobbisti, cui deve essere garantito accesso e spazi riservati. Al riguardo il parlamento polacco è intervenuto modificando i suoi regolamenti dando anche delle specifiche sulla gestione delle audizioni.
UNGHERIA
Nel 2006 è stata la volta dell’Ungheria ad emanare una legge sul modello UE che istituiva un registro dei lobbisti volontario, abrogata poi nel 2011 dal governo Orban, in quanto la norma “non coincideva con i costumi e le procedure ungheresi” e non veniva percepita come necessaria (col risultato di scarse iscrizioni). Nel febbraio 2013 però il governo ha inserito una serie di regole sui rapporti tra funzionari pubblici e lobbisti all’interno di un sistema generale di norme anticorruzione e trasprenza.
SLOVENIA
Dopo Israele nel 2008, che dovrebbe rivedere la norma nel suo complesso nei prossimi mesi, nel 2010 è arrivata la legge sul lobbying della Slovenia. Questa è stata inserita all’interno delle misure anticorruzione nel quadro di un programma finalizzato al rafforzamento della trasparenza del sistema. La norma prevede un Registro obbligatorio che richiede di fornire: nome e indirizzo dei lobbisti; i loro clienti; i compensi ricevuti; i finanziamenti dati ai partiti politici; le questioni su cui fanno lobbying; gli uffici contattati. Tutte le informazioni sono rese pubbliche via web e sono sottoposte al controllo della Commissione per la prevenzione della corruzione. Come in Polonia, c’è un obbligo per i funzionari governativi di rendicontare i contatti coi lobbisti, anche se nel primo anno di applicazione della norma quest’ultimo aspetto non ha ricevuto adeguato rispetto (anche per mancanza di sanzioni specifiche).
IL RESTO DEL MONDO
Gli altri paesi che vedono in vigore normative sul lobbying sono Macedonia, Montenegro e Georgia (inclusa come Israele, essendo la lista dei paesi che fanno parte dell’UEFA l’unico concetto alternativo reale di Europa alternativo a quello dell’UE!). E non va dimenticato che nel resto del mondo, accanto a paesi come Canada e Australia (che vedono un registro anche per gran parte delle rispettive province e stati), c’è una lunga serie di nazioni che hanno deciso di regolare in maniera più o meno adeguata l’attività di lobbying. L’ultimo della lista è il Cile, che ha approvato la norma la scorsa settimana dopo un dibattito decennale, ma prima di esso ci sono stati Messico, Colombia, Argentina e Perù. In Asia addirittura le Filippine dagli anni ’50 e Taiwan dal 2008 hanno una norma, mentre in India la discussione è stata avviata, come anche in Nigeria.
LE NORME A VENIRE NEL 2014
Ma non è finita qui. Molto probabilmente Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania e forse persino Ucraina potrebbero avere una normativa ad hoc entro il 2014, mentre l’Italia rimane con le sue tre, inutili ed inapplicate, norme a livello regionale (Toscana, la sua copia Molise e Abruzzo) e forse con il Registro dei rappresentanti di interessi presso il MIPAAF, che forse si salverà, dopo essere stato abbandonato, a seguito delle dimissioni del Ministro De Girolamo, acerrima nemica di ogni regolamentazione delle lobbies (anche se nella scorsa legislatura fu prima firmataria di un ddl di “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale“)
A questo punto il Ministro Moavero ha a disposizione un quadro delle norme esistente (anche se ci piacerebbe leggere quello preparatogli dai suoi uffici), di conseguenza si attende il prossimo passo al riguardo da parte del presidente Letta. Un passo che auspichiamo possa dare seguito alla recente dichiarazione a Lilli Gruber nella sua trasmissione 8 e 1/2 e, ancor di più, agli anni di lavoro portati avanti da VeDrò, il “suo” think net” ormai purtroppo abbandonato.