Secondo un recente studio di Rashmi Kazi, dell’Institute for Defence Studies and Analyses di Nuova Delhi, esisterebbe da tempo una “connessione” saudita-pakistana per fornire a Ryiad, in caso di necessità, il know-how per realizzare in breve tempo un deterrente nucleare.
L’ipotesi del deterrente saudita emerge, non a caso, nelle settimane successive alla riapertura del dialogo sull’Iran da parte degli Stati Uniti. La dinastia, che si accinge a celebrare il centenario della Rivolta Araba del 1915 che portò alla fondazione del Regno, potrebbe percepire – secondo Kazi – un certo isolamento. L’abbandono dell’Irak nel 2011 e quest’anno dell’Afghanistan fanno venire meno una tenaglia attorno all’Iran, principale rivale per l’influenza regionale in Siria, Iraq, Palestina, Bahrein e Yemen. Islamabad potrebbe fornire le contro-assicurazioni necessarie in caso di aumento della tensione oltre una soglia, sotto forma di missili dispiegati sul territorio, riempendo un vuoto.
E’ da dubitare che la dinastia saudita (non certo una dilettante allo sbaraglio della diplomazia mediorientale!) si faccia impressionare troppo dai mutamenti di breve periodo. Ed è anche assai improbabile che gli Usa rinuncino alla loro funzione di garante di ultima istanza degli equilibri energetici globali, che passano tutti per il Golfo (e che Israele non può assolutamente sostituire). E tuttavia l’attivismo iraniano, non più contenuto direttamente dalla presenza regionale Usa in Irak ed Afghanistan, mette in movimento controspinte che potrebbero coalizzare un asse “sunnita” con il Pakistan e forse anche con l’Egitto (il cui governo militare ha ricevuto la benedizione saudita) con lo scopo, secondo quanto recentemente detto dal Principe Turk-Al Faisal (ex capo dell’intelligence e ambasciatore in Usa) di dare una dimensione militare, e forse anche nucleare, al Consiglio di cooperazione del Golfo.
Solo un’ipotesi di scuola? Non proprio, sia perché Islamabad non ha mai negato abboccamenti nucleari con i sauditi, sia perché la base economica reale spinge verso una qualche forma di integrazione regionale del Golfo, di cui il deterrente nucleare rappresenta la naturale garanzia strategica in tutte le direzioni, e non necessariamente contro gli interessi americani (nonostante una certa tensione bilaterale emersa ultimamente tra i due Paesi). Molto dipenderà dall’Iran, certo. Da sempre la Persia è la chiave di volta del Medio Oriente, e lo è ancora oggi che si chiama Iran ed è guidata da un moderno partito rivoluzionario-religioso sciita. Se sarà attore responsabile, potrà disinnescare molte bombe, nucleari e non.