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Ora Letta non ha più alibi

Pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito su l’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

In apparenza la sfida di Matteo Renzi, il segretario del Pd che sta mettendo il Pd con le spalle al muro, può sembrare tutta casalinga. E le piccate dimissioni di Gianni Cuperlo dalla presidenza del partito confermerebbero quest’impressione. Mai, del resto, un leader della sinistra italiana, sia pure nella versione più riformista finora sperimentata, aveva mostrato tanto decisionismo sia nel merito che nel metodo delle proposte. Uno stile inedito non solo tra i progressisti, e che molto presto potrà essere da tutti giudicato: nel giro di un paio di mesi, al massimo, vedremo se la nuova legge elettorale, l’abolizione del Senato e la più avveduta distribuzione di competenze fra Stato e Regioni, ossia le tre nuove carte di Renzi sul vecchio tavolo della politica, saranno state quel cambiamento sognato da troppo tempo o l’ultima e fiorentina acrobazia del solito bluff di Palazzo.

Ma in attesa di capire se il giovane Matteo riuscirà a far realizzare quel che intanto ha promosso (e non soltanto promesso: è già qualcosa), il vero “sfidato” da questa mossa e da questa scossa si chiama Enrico Letta. Ora il presidente del Consiglio non ha più alibi. Adesso che la maggioranza ha un orizzonte ben più largo delle larghe intese nel frattempo ristrette, adesso che il governo è indirettamente blindato proprio dalle iniziative legislative e costituzionale richieste da Renzi e concordate con Silvio Berlusconi, cioè col nemico di sempre, iniziative che richiedono tempo, non ci sono più scuse per far valere il rovescio della medaglia: che cosa Letta sa fare per scuotere la ripresa, volano delle riforme che cammineranno in parallelo.

“Ripresa” significa cogliere ogni occasione e varare ogni misura per consentire alla locomotiva Italia di rimettersi in viaggio. Ma ripresa vuole soprattutto dire ridare fiducia agli italiani. Per esempio la certezza al contribuente d’essere un cittadino “servito” dallo Stato, e non un suddito sottoposto a ogni genere di coda e di angheria burocratica persino quando deve pagare le imposte. Si chiamino Tares, mini-Imu o Giuseppe. Eppure nessuno sa quanto e quando, dove e come, se non nell’immediata scadenza delle rispettive e ripetitive incombenze. E’ una piccola, grande indecenza che deve finire. Sospinto dal ciclone-Renzi, da oggi alle prossime scadenze fiscali Letta ha tutto il tempo per fare, anche lui, una svolta necessaria: archiviare il modo feudale con cui lo Stato ancora si rivolge agli italiani in era moderna. Dove l’efficienza, la velocità e la coerenza delle decisioni prese, contribuiscono a formare il giudizio dei cittadini -oggi pessimo- sulle loro istituzioni. Letta batta un colpo, per non perdere la sua sfida non solo con Renzi, ma soprattutto con l’Italia.

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