Ho letto un articolo di Ivan Scalfarotto su Huffington Post dal titolo “Fassina? si abitui ad essere minoranza”. Ecco, questo è l’approccio che proprio disapprovo e che non mi piace. Se l’inizio della dialettica politica con la nuova segreteria è questa, si salvi chi può.
Le minoranza, Scalfarotto, si rispettano non gli si intima di adeguarsi e di farci l’abitudine. Questo è l’approccio del partito padronale che non vogliamo, per lo meno, che io non voglio. Non ho nessuna particolare simpatia per Fassina, non mi rappresenta e non credo rappresenti la “sinistra italiana” come qualche giornale e commentatore hanno scritto frettolosamente. No, la mia posizione è diversa.
La battuta di Renzi, che a me sembrava semplicemente un “chi?” perché non aveva capito il nome pronunciato dal giornalista, è stata un pretesto preso per compiere un atto che non si aveva il coraggio di fare in condizioni normali. Fassina era a disagio da tempo, lo si sapeva, era evidente e ha semplicemente creato un pretesto, complice il polverone mediatico e giornalistico usuale.
Fassina sì o Fassina no, andremo comunque avanti. Bene o male è tutto da vedere. Detto ciò, Fassina è una voce del PD come tante altre, e che abbia sostenuto altri e non Renzi non è un motivo per intimarlo e suggerirgli di abituarsi ad essere una minoranza. Cosa si vorrebbe dire? Che la minoranza in quanto tale deve tacere? No, Scalfarotto, questo poteva andar bene con il PDL ma non nel PD. Questo va bene per un partito padronale che applica la dittatura della maggioranza, non per un partito plurale, aperto e dinamico come dovrebbe essere il PD, specialmente dopo il grande consenso delle primarie.
Il potere non è una clava, e il potere non è eterno. Oggi sei maggioranza, domani sei minoranza e, forse, dopodomani sei pure fuori dai giochi.
Credo che questo intervento non sia stato ben ponderato. Sono stupito e volevo che fosse chiaro che non la pensiamo tutti così.
Le minoranze si rispettano, e le decisioni si prendono cercando una maggioranza condivisa e ampia, che possa includere o per lo meno non deludere in toto anche la minoranza: maggioranza e minoranza fanno un intero, in questo caso il PD.