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Ecco come si può (e si deve) abbattere il debito pubblico

Urgono interventi urgenti in campo economico e finanziario. Serve uno choc positivo ed immediato di entità pari ad almeno il 20% del pil.

Ecco le misure:

a)   pagamento immediato con titoli di Stato di serie speciale dei crediti delle imprese verso le P.A., dei crediti di imposta (100 Mld),

b)  OPS da 1 trilione di euro sul debito pubblico detenuto da soggetti italiani per:
b1) ridurre il debito pubblico (200 Mld)
b1) abbattere strutturalmente il peso degli interessi sul debito pubblico (35 Mld annui) da destinare alla riduzione del cuneo fiscale
b2) costituire il “Fondo per la valorizzazione del patrimonio degli Italiani” (complessivi 700 Mld) con la partecipazione paritaria dei privati (350  Mld)
b2) costituire tre Fondi (complessivi 150 Mld), per:
– riavvio mercato immobiliare (50 Mld),
– copertura sofferenze e perdite bancarie (50 Mld),
– ricapitalizzazione piccole e medie imprese (50 Mld)    

Serve predisporre una operazione finanziaria straordinaria da 1.000 miliardi di euro, con il lancio di una sorta di Offerta Pubblica di Scambio (OPS) da parte del Governo, per ristrutturare il debito pubblico in essere, ormai detenuto per il 60% da cittadini, banche, assicurazioni, fondi di investimento italiani o da istituzioni finanziarie estere riconducibili ad investitori italiani.

Lo Scambio serve a sostituire 1.000 miliardi di titoli del debito pubblico italiano sul mercato con la attribuzione pro-quota di 650 miliardi di nuovi titoli a lungo termine, indicizzati all’inflazione ed al 20% della crescita del pil reale (cfr. Savona-Rinaldi), e di 350 miliardi di titoli di partecipazione nel Fondo patrimoniale degli Italiani (cfr. Monorchio-Salerno). Contestualmente, vengono emessi nuovi titoli di debito infruttiferi per 150 miliardi, a dotazione di tre Fondi per lo Sviluppo.

L’operazione, che verrebbe avviata solo al raggiungimento della soglia di disponibilità di 1.000 miliardi da parte del mercato, consentirebbe di:

a) abbattere immediatamente il debito pubblico di 200 miliardi (circa il 13% del pil), riportandolo ai 1.800 miliardi del 2009;

b) ridurre stabilmente l’onere per gli interessi di almeno 35 miliardi di euro annui (oltre il 2% del pil) con una pari riduzione della pressione fiscale;

c) far partecipare paritariamente i privati alla gestione del Fondo patrimoniale degli Italiani, cui lo Stato e le Amministrazioni locali conferiscono asset mobiliari ed immobiliari, ivi compresi i cespiti delle concessioni, per complessivi 700 miliardi di euro. Ai diritti di partecipazione per 350 miliardi attribuiti ai privati corrisponde un ritorno minimo garantito pari a quello dei titoli di Stato attribuiti con lo Scambio e l’esonero venticinquennale da tassazione delle plusvalenze;

d) creare tre Fondi, con la dotazione di 50 miliardi di euro ciascuno, per complessivi 150 miliardi (circa il 10% del pil) volti a:

1) finanziare la ripresa del mercato immobiliare garantendo i nuovi mutui ed accollando 5 anni di preammortamento della quota di pagamento degli interessi;

2) coprire le perdite bancarie derivanti dalle sofferenze in essere per i crediti erogati alle imprese (rimanendo in ogni caso esclusa la possibilità di recuparare minusvalenze su operazioni di trading, proprietario o meno, e su partecipazioni azionarie);

3) creare un credito di imposta pari al 100% della ricapitalizzazione effettuata dalle piccole e medie imprese mediante l’apporto diretto dei soci, il conferimento degli utili (che vengono comunque detassati), ovvero il finanziamento di start-up.

Questo è lo scambio politico che va proposto: meno rendite sul debito in cambio della partecipazione alla gestione del patrimonio pubblico e di un forte incentivo alla ripresa economica.

Questa è la grande riforma strutturale che occorre avviare in Italia, per cambiare il rapporto tra Stato e Mercato, per modificare un modello di crescita fondato sul debito e sulla sottocapitalizzazione delle imprese.

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