Potrei fare un copia e incolla del bellissimo articolo di Corrado Augias pubblicato su Repubblica, perché non potrei rendere meglio le mie idee. Condivido ogni cosa scritta da Augias e sopratutto amo il suo stile: lucido, schietto, educato e molto curato.
Potrei aggiungere anche le osservazioni di Odifreddi a queste poche righe, perché completano un’interpretazione generale del caos a 5 stelle. Ma non solo, potrei anche aggiungere le osservazioni del critico d’arte Daverio.
Insomma, che cosa sta accadendo? Cosa ci dicono le immagini che abbiamo visto ai telegiornali e sulla stampa? Cosa possiamo dire di questo movimento?
Chi ha avuto la fortuna di nascere in un epoca di pace e serenità come me (1986) o come il bell’Alessandro Di Battista (1978) si trova collocato al di là delle ideologie del passato. Che senso ha dirsi comunista o dirsi fascista oggi? Il senso lo ha eccome, cambiano solo le modalità con cui si concretizza l’essere comunista o l’essere fascista. Ad onor del vero essere “comunista” è ormai un modo di dire che non esiste più: l’ideologia è fallita e per tante ragioni anche chi comunista lo era, oggi non vuole più dirsi tale. Ma per l’etichetta “fascista” tutto cambia: il fascismo non è scomparso, anzi è vivo e vegeto. Si alimenta dell’odio, delle paure e dell’ignoranza. Come la brace di un camino, basta un po’ di ossigeno per rinvigorirlo. E così in tutta Europa assistiamo al rinascere di movimenti nazionalisti, xenofobi ed estremisti.
Essere fascisti oggi non significa (solo) né lodare Mussolini né Hitler, non significa dare l’olio di ricino o fare campi di concentramento. Essere fascista oggi è un modo di pensare, di parlare, di agire e di presentarsi che si concretizza con il disprezzo dell’avversario, con il disprezzo della donna, con il disprezzo delle regole tacite e non tacite che esistono in una Democrazia, con la volontà di distruggere e di urlare, fingendo interesse per i problemi della gente che muore di fame in vista di un’affermazione di potere, con l’oscurantismo (il tappare la bocca a chi dissente, cacciandolo o mettendolo alla gogna come accaduto agli on. Zaccagnini, De Pin e Gambaro in Parlamento oppure ai giornalisti Augias, Daverio e Maria Novella Oppo, per citarne alcuni).
Il fascismo di oggi si caratterizza dalla presenza di un gruppo cospicuo di persone che disprezzano le regole, che si nascondono dietro belle idee e belle proposte (la gente muore di fame, fate qualche cosa; via la corruzione dal Parlamento, tagliamoci lo stipendio) perseguite con metodi squadristi e violenti: le provocazioni in Parlamento (e qualcuno ci è cascato commettendo un grave atto di violenza fisica, dovrà essere punito), gli insulti alle cariche dello Stato, dal Presidente Giorgio Napolitano definito “boia”, alla Presidente della Camera Laura Boldrini, minacciata di violenze, ricoperta di insulti e di epiteti di una volgarità incredibile.
Il “giornalista” Scanzi dice: ma è peggio un insulto (boia chi molla) o regalare 7 miliardi alle banche? Cadono le braccia! Sono cose che non hanno niente a che vedere le une con le altre, non è il gioco del “chi ha fatto la cosa peggiore” ma è una questione di rispetto delle regole sempre e comunque in una democrazia.
Questo M5S è pericoloso, oggi, e lo vediamo: sono un mix pericoloso di “detentori della verità” (dogmatici, come la Chiesa medievale), “lupi alfa” (sono ragazzotti vittime del loro testosterone) e “solleticatori di violenza” (amano il caos, crearlo e supportarlo, diffonderlo e poi dire: ci pensiamo noi a rimettere tutto a posto…). Non è un movimento democratico. Loro dicono agli italiani “aprite gli occhi”, si lo voglio dire anche io ai milioni di elettori pacifici e seri del M5S, aprite gli occhi perché dietro alcune belle idee si nasconde un metodo squadrista e filo-fascista. Non è questo che vogliamo, non è questo che dobbiamo volere.
Usando il grande Foucault che potere è quello che ha solo la forza del “no” che vuole distruggere e non crea niente? Dietro la logica del “no” il M5S si è esasperato e perso, ora sono andati all scontro frontale: tagliati fuori dai giochi da loro stessi, ora reclamano visibilità e lo fanno meschinamente. Di Battista va all’attacco, affronta altri deputati davanti alle telecamere come quei ragazzi un po’ alticci che si danno spinte in un bar dicendosi “mi tocchi? mi tocchi?” cercando platealmente lo scontro. E c’è nella pancia del Paese, nella mente degli italiani, questa logica machista per cui “alcuni” si eccitano e surriscaldano davanti a scene di scontro e violenza. Come accade negli stadi.
Sempre pronti alla guerra, quella tra di noi, totalmente incapaci di fare squadra e restare razionali per trovare delle soluzioni, dei compromessi.
Nessuna motivazione giustifica la violenza in una democrazia. Nessuna giustificazione può essere data a chi offende, calunnia e brucia libri (cfr. caso Augias), e dispiace che l’On. Roberto Fico scriva su Facebook e su Twitter che “bruciare un libro è un atto stupido e senza senso, giustificabile solo, in parte, perché dettato da una rabbia incontenibile“.
Un libro non si brucia MAI, è un salto indietro di secoli, nelle epoche del terrore, dell’intimidazione. Bruciare un libro in risposta alle critiche che l’autore di quel libro ha avanzato pubblicamente sa di minaccia, di violenza ideale e non solo.
Il voto di milioni di italiani è stato dato, credo, come forma di protesta e disperazione ad un partito di gente giovane e piena di energia, con la speranza concreta e sincera che potessero cambiare davvero le cose. Cosa è rimasto di questa premessa e di questa speranza? Niente!
E non è sufficiente un bel faccino come quello di Di Battista per rassicurare, dice bene Augias: “c’è chi la proclama urlando, chi l’accompagna con gesti osceni, chi come Di Battista la dichiara soavemente. Immagino che con uguale soavità mi farebbe accompagnare al rogo, se potesse”.
E dire questo significa difendere il PD? No, signori, significa difendere le istituzioni democratiche e un metodo, come diceva Norberto Bobbio.
E dire questo significa difendere Berlusconi e ignorare la sua responsabilità nell’aver reso questo Paese meno stabile, sicuro, meno degno? No, assolutamente, è difendere questo Paese e le sue regole, affermare con forza che non è con “chi ha fatto peggio?” che si procede razionalmente nel trovare soluzioni ai problemi.
In una democrazia nessuno ha la verità in mano, solo una verità parziale. In Democrazia le scelte non si impongono con gli insulti e le violenze, si rispettano procedure e tempi. In Democrazia non c’è spazio per chi brucia libri, per chi irride l’avversario o chi la pensa in modo diverso, per chi chiama la violenza delle piazze né per chi incita allo scontro e alla volgarità.