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Avanti con un nuovo centrodestra stile Pinuccio Tatarella

Il mio augurio è che l’odierno dibattito, che si svolge a vent’anni dalla fondazione di Alleanza Nazionale e a quindici dalla scomparsa del suo più forte e convinto propugnatore, non si trasformi in un’operazione nostalgia. Non servirebbe ad alcuno e lui per primo si incavolerebbe. Penso che oggi siate tutti qui per avviare, con realismo e lucidità, come Pinuccio avrebbe fatto, una pacata riflessione su come servire il nostro Paese e su come far trionfare le nostre idee. Per farlo nel miglior modo possibile, dobbiamo innanzitutto rimuovere le divisioni, che sino ad oggi ci hanno tenuto lontani e separati. Vedo persone, che conosco o ricordo da sempre, che hanno percorso insieme una lunga strada, a tratti difficile, per poi prendere vie diverse; e tuttora diverse sono le collocazioni e le posizioni di molti di noi su un buon numero di argomenti.

ALFANO CASINI E MARONI RICORDANO TATARELLA. TUTTE LE FOTO DI UMBERTO PIZZI

LEGGI IL REPORT DI EDOARDO PETTI SUL RICORDO DI TATARELLA

Ciò non di meno, credo che un buon punto di partenza sia proclamare oggi che qui nessuno distribuisce patenti di legittimazione, biglietti di ingresso e passaporti per il centrodestra. Perché quello che ho capito della lezione umana e politica di zio Pinuccio è che, per quanto forti e a volte laceranti possano essere le nostre differenze e diverse le nostre valutazioni, c’è in tutti noi, più forte di ogni contrasto, qualcosa di profondo che ci accomuna, ci unisce e ci appartiene.
Montale direbbe “codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Non siamo di sinistra e non vogliamo che la sinistra resti al governo nel nostro Paese. Perché non ci piacciono il suo massimalismo, le sue tentazioni egemoniche e prevaricatrici, la sua ingiustificata auto proclamazione di superiorità morale. Questo, ovviamente, non significa che deve venir meno il rispetto che dobbiamo ai nostri avversari, alla giustezza di alcune loro occasionali posizioni, persino all’applauso che è giusto tributare ad alcune scelte – penso per esempio alle primarie – per le quali si sono mostrati più capaci di noi.

(TUTTI I DESTRI VISTI DA UMBERTO PIZZI. LE FOTO)

C’è una linea, però, rispetto alla quale la sinistra è da una parte, e noi dall’altra. La storia d’Italia dice che, da questa parte della linea, c’è sempre stata e c’è ancora la maggioranza degli Italiani, e che i legittimi successi, colti dal centrosinistra nel 1996, nel 2006 e nel 2013, sono sempre stati, non solo estremamente risicati, ma anche agevolati da nostri errori, nostre manchevolezze e nostre posizioni poco chiare e poco convincenti. Non lo dico per avviare una discussione, che giudicherei irrilevante e poco costruttiva, sulle responsabilità, le colpe, e i fatti; ma per affermare che, invece di continuare a fare regali ai nostri avversari, dobbiamo impegnarci da oggi a farli solo alla nostra gente. Come fare? Non ve lo so dire. Ma qualche idea me la sono fatta. La prima di queste è che vinciamo quando siamo plurali e inclusivi e perdiamo quando siamo chiusi e settari. Perdiamo quando puntiamo prevalentemente sull’identità e sulla rendita di posizione, vinciamo quando siamo in grado di formulare proposte chiare, comprensibili, e possibilmente innovative. Vinciamo quando siamo responsabili e tranquillizzanti, e perdiamo quando non lo siamo. Perdiamo quando parliamo il linguaggio della rabbia, vinciamo quando parliamo quello del dialogo. Perdiamo quando siamo ripiegati su noi stessi, vinciamo quando apriamo alla società. Sono valutazioni che, nella loro semplicità, possono essere condivise da ciascuno di voi. Vorrei evitare, però, di passare come “il nipote dell’armonia”. Per questo pongo subito l’accento su un punto, sul quale va detta una parola chiara ed inequivoca.

(CHE COSA UNISCE (E DIVIDE) STORACE, MELONI E…)

Esiste nel centrodestra, ed è stato ignorato oltre ogni limite, un serio problema di ricambio generazionale. I nostri dirimpettai e competitor hanno scelto un leader di trentotto anni. È un fatto del quale dobbiamo tener conto. Un evidente punto di svolta della politica italiana. Il mondo della destra nazionale non ha niente da imparare sull’argomento, visto che, per quello che ci riguarda, Gianfranco Fini arrivò alla segreteria del Msi, auspice fra gli altri proprio Tatarella, quando di anni ne aveva solo trentacinque. Pinuccio capì allora, prima degli altri, che bisognava rinnovare la classe dirigente della destra, compiendo un forte salto generazionale. Non fu quella una rottamazione, ma una scelta politica consapevole e lungimirante, per tirare la destra fuori dal ghetto. Quella scelta, insieme ad altri importanti e successivi passaggi, consentì alla destra e alla sua giovane classe dirigente di entrare a pieno titolo e con pari dignità fra le forze costituzionali e, successivamente, fra i costruttori di una, seppur incompiuta, seconda Repubblica. Quella destra, insieme ad altre forze politiche, dette vita ad una grande e vincente coalizione di centrodestra, che era ed è la nostra casa. Una casa oggi in disordine, per certi versi lacerata, per altri abbandonata. È una casa, comunque da ristrutturare radicalmente e urgentemente. Non più solo dall’alto, ma anche dal basso.

ALFANO CASINI E MARONI RICORDANO TATARELLA. TUTTE LE FOTO DI PIZZI

A questo nobile lavoro devono partecipare tutti, e tutti debbono sentirsi protagonisti. Ma, intendiamoci anche su questo, quello che dobbiamo fare è qualcosa di nuovo. La storia non si ripete mai, con gli stessi schemi e con gli stessi protagonisti. C’è un momento assai bello. È quando un libro si apre e ci propone una storia nuova, avvincente, che seguiamo con passione, attenzione e trasporto. E c’è un altro momento in cui un libro si chiude. Quando è finito e bisogna riporlo nella libreria, con gratitudine e rispetto, per le emozioni che ci ha donato. É il momento di leggerne un altro. O meglio ancora, di scriverlo.

(TUTTI I DESTRI VISTI DA UMBERTO PIZZI. LE FOTO)



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