Ha suscitato scalpore l’affermazione di Fabrizio Barca, proferita durante lo scambio telefonico con un finto Nichi Vendola prezzolato dalla Zanzara, sulla “patrimoniale da 400 miliardi“, così come nei giorni scorsi era accaduto con l’emersione del “programma” 2011 di Corrado Passera per un improbabile “piano di crescita sostenibile per l’Italia”, con un prelievo patrimoniale straordinario di 85 miliardi. Stupore piuttosto naïf, invero.
Eppure, è tutto così terribilmente banale. Quando un paese smette di crescere, il suo rapporto di indebitamento, soprattutto se già elevato, finisce col diventare rapidamente insostenibile (ricordate la regoletta?). Motivo per cui occorre pensare a manovre di finanza pubblica straordinaria per abbatterlo. Tutto qui. La battuta di Barca sui 400 miliardi si riferisce a circa il 20% dello stock del nostro debito pubblico.
Persino Grillo va nella stessa direzione, col suo piano per un default accelerato che salvi gli italiani “dalle banche tedesche e spagnole” tagliando loro le gonadi. A Roma e dintorni questa cosa la sanno tutti, dai grandi strateghi ai leaderini sino ai peones. Il fatto che ora il povero Passera tenti pateticamente di rifarsi una verginità, a pochi giorni dalla presentazione del suo “movimento”, parlando di una sorta di opportunità che oggi non è più tale, non cambia di una virgola i termini della questione. In caso la situazione precipiti, per gli italiani è pronto un bel corralito sui risparmi.
Il problema è la distribuzione del possesso di titoli di Stato. Quelli in mano a non residenti non possono subire un haircut, per evidenti motivi. Lo stesso dicasi per quelli in mano al sistema bancario nazionale perché, se ciò accadesse, molti istituti dovrebbero essere nazionalizzati un minuto dopo. Allo stesso modo, il possesso diretto di titoli di stato da parte delle famiglie è piuttosto esiguo. Resterebbero, quindi, le posizioni contenute nei fondi comuni d’investimento e nei fondi pensione. Non sarebbe comunque una passeggiata di salute.
Per questo motivo, in assenza di stabilizzazione ed inversione di tendenza del rapporto debito-Pil, restano da percorrere un paio di strade: finte privatizzazioni (ma effettive cessioni di potere monopolistico, come nel caso di Poste Italiane), ed aumento dell’imposizione sui risparmi. Per il momento questa è la strada prescelta, che è anche quella meno traumatica, in senso relativo. Ma se la situazione precipitasse, non resterebbero alternative ad amputazioni patrimoniali dirette.