Può un sondaggio condotto su un campione di 12.000 (diconsi dodicimila) cattolici sparsi in 12 paesi, essere rappresentativo di ciò che pensano oltre 1 miliardo di fedeli? Numeri alla mano – e volendo arrotondare per difetto a 1 miliardo i cattolici nel mondo – stiamo parlando di un campione pari allo 0,0012% del totale, praticamente un’inezia. Eppure, i risultati del sondaggio condotto dalla società di consulenza internazionale Bendixen&Amandi per conto della principale Tv americana in lingua spagnola, la Univision, sulla posizione dei cattolici nei confronti della morale cattolica, sono stati strombazzati come se, appunto, riguardassero l’intero cattolicesimo e non una sparuta minoranza. Non solo. Ma sono stati anche accompagnati dall’immancabile commento dell’esperto di turno, nella fattispecie il teologo cattolico Hans Küng, noto per le sue posizioni critiche nei confronti del magistero e della dottrina. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto, il sondaggio ha rivelato una certa insofferenza degli intervistati – fatta eccezione per il matrimonio tra omosessuali che continua a non essere ben visto dalla maggioranza ( circa 2 persone su 3) – nei confronti della morale cattolica, in particolare per ciò che concerne famiglia, morale sessuale, matrimonio dei preti e sacerdozio delle donne. Sul tema del divorzio, il 79% non è d’accordo con la piszione della chiesa sui divorziati risposati, mentre il 57% è favorevole al matrimonio dei preti. E ancora, il 59% vorrebbe che fosse consentito il sacerdozio alle donne, mentre sul tema dell’aborto il 68% lo ammette in casi particolari, il 15% sempre, il 13% mai. Contraccettivi: qui la stragrande maggioranza (84%) è favorevole, e sul matrimonio tra omosessuali il 66% è contrario a fronte di un 30% a favore.
Prima considerazione: dov’è la notizia? Che uno dei fenomeni più importanti della vita della chiesa sia la separazione tra vita vissuta e fede in molti credenti, i quali avvertono come distante, retrograda e troppo pesante la morale cattolica, non lo scopriamo certo ora. Così come non è certo una novità che esista un movimento di dissenso e contrasto nei confronti della dottrina cattolica a livello teologico e tra le fila del clero. Basterebbe ricordare, tanto per fare un esempio in tema, la vicenda della gestazione dell’Humanae Vitae di Paolo VI, pubblicata nel 1968.
Seconda considerazione, questa volta sul commento dei dati del sondaggio da parte del teologo Küng, intervistato da Repubblica. Non è certo cambiando la chiesa che i fedeli si avvicineranno di nuovo ad essa. Il ragionamento di quanti invocano un cambio di rotta, in estrema sintesi, è presto detto: i tempi sono cambiati, gli uomini pure: ergo, se i fedeli non seguono più la morale, bisogna cambiare la morale per adeguarla al nuovo corso storico, sociale, antropologico ed esistenziale. Un ragionamento che sottende l’assunzione di una prospettiva storicista, che se è legittima da parte del mondo cosiddetto laico, lo è molto meno, anzi è del tutto inconciliabile con una visione cattolica della storia. Se oggi la fede non va più moda, se la morale viene vista come un inutile e pesante fardello, se insomma l’uomo percepisce la chiesa distante anni luce dalla sua sensibilità, posto che la chiesa ha il diritto e il dovere di esercitare un giudizio, cioè un discernimento sui segni dei tempi per capire se il cambiamento è buono oppure no (il fatto che i tempi cambino, di per sé, è aria fritta. Il punto è come cambiano, se in meglio o in peggio), la soluzione non sta nell’abbassare la dottrina e in generale il cattolicesimo a ciò che pensa l’uomo (con lo stesso ragionamento tra cent’anni qualcuno potrebbe invocare una riscrittura del Vangelo, non scherziamo); sta piuttosto nel riportare di nuovo l’uomo a Cristo riproponendo la stessa dottrina con linguaggi e forme tali da renderla affascinante e credibile per l’uomo contemporaneo. Il che vuol dire ri-evangelizzare, nello spirito del Vaticano II (quello vero, s’intende).