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Celibato e crisi delle vocazioni: un falso problema

Il fenomeno è noto da tempo: in ambito cattolico le vocazioni al sacerdozio sono in forte calo.  Ma è sulle cause che bisognerebbe fare chiarezza. L’ostacolo numero uno, secondo certa vulgata che va per la maggiore, sarebbe il celibato, che quindi viene periodicamente rimesso in discussione. La materia, va da sé, è assai delicata. E non merita né giudizi affrettati, né che venga trattata, come spesso capita, con soperchia superficialità o in modo del tutto strumentale, come accade ad esempio quando si affronta il tema della pedofilia (che non vi sia alcun rapporto tra celibato e pedofilia è dimostrato, oltretutto, dal fatto che la stragrande maggioranza dei casi di pedofilia riguarda persone sposate. Un dettaglio, questo, curiosamente spesso trascurato). Resta il fatto che desta un certo stupore che anche tra gli addetti ai lavori continui ad esserci molta confusione circa le cause profonde della crisi del celibato. Cause che non sono né di ordine storico, né tanto meno di carattere psicologico o sociologico. Se si vuole andare al fondo del problema, il punto di partenza non può che essere questo: il celibato attiene alle cose della fede, e non ha senso alcuno al di fuori della fede. Se manca quella, cade tutto il resto, e tutto si riduce a livello terreno, puramente umano. Il celibato, al contrario, chiama in causa la trascendenza, ed è anzi un segno tra i più luminosi della trascendenza. E’ una scelta difficile, d’accordo, che richiede sacrificio, abnegazione, totale adesione ad un disegno di vita che esula dai nostri schemi consueti. Ma proprio perché così poco “umano”, il fatto che oggi sia contestato da ampi settori non è altro che la riprova di quella che è la vera crisi in atto nella chiesa. Che non riguarda, se non indirettamente, le vocazioni, la morale sessuale e via dicendo. Ma, per l’appunto, la fede. Oggi, infatti, va di moda un umanesimo di basso profilo, figlio del pensiero debole, che veicola una concezione della carità – intesa come pietas –  radicalmente anti-cristiana, avendola svuotata di ogni riferimento alla Verità. Le conseguenze, poi, sono sotto gli occhi di tutti. Ciò detto, è anche vero che in passato sono state fatte alcune scelte, a livello pastorale, che hanno contribuito, o possono aver contribuito, ad alimentare dubbi e perplessità. Prendiamo il caso del diaconato permanente, non per nulla una realtà in crescita, stando alle statistiche più aggiornate. Diciamola tutta: la figura del diacono permanente è forse la smentita più decisiva alla presunta inconciliabilità tra sacerdozio e matrimonio. Per il semplice motivo che il diacono permanente è una persona sposata che, da sposato, ha ricevuto il sacramento dell’ordine, lo stesso che ricevono i sacerdoti. Ovvia dunque la domanda: perché è consentito prima sposarsi e poi ricevere quel sacramento, e non viceversa? Per come è stato pensato, il diaconato permanente è a tutti gli effetti una via di mezzo tra il sacerdozio cattolico e quello ortodosso, e come tutte le mediazioni rappresenta una soluzione solo parziale del vero problema, e per di più assai problematica.



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