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Ecco come Draghi ha alleviato le pene dell’euro e dei bond statali

Negli ultimi mesi i contributi in letteratura relativi all’effetto delle misure non convenzionali della Banca Centrale Europea sui mercati finanziari e del credito nell’area dell’Euro si sono moltiplicati. Le evidenze disponibili confermano l’efficacia di tali misure nel mitigare le tensioni verificatesi negli ultimi anni anche se rimane ancora aperto il dibattito sull’entità degli impatti.

Quando il processo di intermediazione finanziaria funziona correttamente, le decisioni di politica monetaria vengono trasmesse attraverso i tassi di interesse ufficiali ai tassi del mercato monetario e quindi a quelli a più lungo termine. Questi cambiamenti nei tassi nominali, in assenza di variazioni sostanziali dell’inflazione, si riflettono sui tassi reali, influenzando le decisioni di consumo, risparmio e investimento. Tuttavia la crisi finanziaria globale ha seriamente compromesso questo meccanismo di trasmissione. La BCE, al pari di altre banche centrali, ha fatto pertanto ricorso a una serie di misure non convenzionali tra cui, la più importante, l’offerta di fondi a lungo termine e in quantità illimitata al settore bancario.

L’impatto di tali misure è stato positivo, come dimostra la riduzione del grado di frammentazione sui mercati finanziari dall’estate 2012 che tuttavia è ancora elevato rispetto al periodo pre-crisi. Il settore bancario è ancora fragile nei Paesi periferici a causa dell’elevata rischiosità dell’attivo derivata dal forte deterioramento della qualità del credito. Sono così ancora elevati sia il premio per il rischio sia il premio di liquidità associati alle banche europee, che si riflettono nel loro costo di finanziamento e quindi anche su quello dei prestiti a famiglie e imprese.

La letteratura empirica sugli effetti delle misure di politica non convenzionale sta crescendo rapidamente e una larga parte dei contributi si concentra sul loro impatto macroeconomico. Esistono molti articoli che trattano dell’efficacia di tali misure e il nostro contributo si concentrerà unicamente sugli effetti sui mercati finanziari e del credito degli interventi messi in atto dal 2010.

Il Security Market Program (SMP) è stato avviato nel maggio del 2010 e riattivato in agosto 2011 in risposta alle difficoltà del mercato dei titoli sovrani italiani e spagnoli e si è rivelato efficace nel contrastare l’incremento dei rendimenti dei titoli governativi, contribuendo ad abbassare, anche se solo temporaneamente, il premio al rischio sui titoli di stato e riducendo la volatilità del mercato (Manganelli 2012). Un’analisi sul mercato italiano (Casiraghi, 2013) ha trovato evidenza che 1 miliardo di euro di titoli acquistati ha portato a una riduzione giornaliera dei rendimenti dei titoli di stato a 2 e 10 anni pari a 2-5 punti base e a un impatto complessivo di circa 200 pb sui titoli di Stato italiani per l’intera durata del programma. Sugli effetti del SMP in letteratura esistono tuttavia conclusioni discordanti: il FMI (2012), ad esempio, in una analisi volta a valutare l’impatto delle misure non convenzionali della BCE stima che il SMP abbia avuto un impatto limitato sui rendimenti dei titoli di stato a lungo termine, in particolare nei paesi in cui si sono verificate le maggiori tensioni.

Il programma SMP è stato sostituito a settembre 2012 dall’Outright Monetary Transaction (OMT), che non è stato finora mai attivato. L’introduzione della possibilità di acquistare quantità illimitate di titoli di Stato è stata più efficace nel mitigare le tensioni nei mercati sovrani, probabilmente anche grazie alla maggiore efficacia comunicativa dell’annuncio, all’introduzione del principio di condizionalità alla partecipazione a un programma EFSF/ESM oltre che alla mancanza di vincoli quantitativi sugli acquisti. Dubecq et al (2013) stimano che l’annuncio dell’OMT abbia contribuito in modo sostanziale alla riduzione dello spread euribor-OIS e Casiraghi et al (2013) stima che fra il 25 luglio e il 7 settembre 2012 i rendimenti sui titoli di stato italiani a 2 anni si siano ridotti di 270 bp e di 139 bp sui titoli di stato a 10 anni.

Sono numerosi i contributi sull’impatto delle due operazioni di Long Term Refinancing Operations (LTRO) a 3 anni di dicembre 2011 e febbraio 2012. Vi è un consenso generale sul fatto che le LTRO abbiano evitato un deleveraging del sistema bancario dell’Area Euro ancora più forte di quanto non sia comunque accaduto, contenendo l’intensità della restrizione dell’offerta di credito (Ciccarelli et al, 2013,Darraq et al, 2013). Casiraghi et al (2013) si concentrano sull’effetto del LTRO sul mercato italiano e stimano che l’annuncio e l’esecuzione delle LTRO abbiano determinato una sostanziale riduzione del premio al rischio sul tasso interbancario effettivo pari a circa 100 bp dal 7 dicembre 2011 al 2 marzo 2012. Per gli effetti dell’intervento sull’offerta di credito stimano una riduzione dell’indice di restrizione del credito (come misurato nell’Indagine sul credito della Banca d’Italia) di 0.4 permanente per tutto il 2012, come effetto di una riduzione del tasso interbancario in Italia.
Pattipeilohy et al (2013) sostengono inoltre che le LTRO abbiano contribuito a ridurre, anche se per breve tempo, i rendimenti dei titoli di Stato.

Il ventaglio di misure straordinarie messe in campo dalla BCE dall’inizio della crisi è stato ampio ma potrebbe ulteriormente arricchirsi nei prossimi mesi, come dichiarato recentemente da Draghi, se si dovessero manifestare rischi significativi di deflazione. Anche la politica della Fed continua a essere espansiva, sebbene sia iniziato un rientro graduale dal programma di acquisto di titoli di Stato e titoli garantiti da mutui (il cosiddetto tapering). È importante tuttavia segnalare come accanto ai benefici derivanti da una politica monetaria accomodante vi siano dei rischi nel caso in cui l’intonazione espansiva venga mantenuta per un periodo prolungato.

Infine, come si è visto la scorsa estate, non vi è garanzia che la riduzione, seppur attuata in maniera graduale, del grado di allentamento monetario non abbia degli effetti negativi sui mercati finanziari internazionali. Le analisi in letteratura relative alle possibili conseguenze di un rientro da tali misure sono ancora poche e sarà sicuramente un tema di approfondimento nei prossimi mesi.

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